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Nel suo libro d'esordio Al fianco dove appoggiare un figlio leggiamo:" Non avere paura/ le nebbie dondolano sul capo/ il tremolio dell'acqua veglia sul lamento/ dal tuo letto cadono misteri." / .
Fin da subito intuiamo che ci troviamo di fronte ad una poesia che è opera di una lenta scavatrice. Francesca Serragnoli scava con pazienza nei labirinti della memoria in cerca della vena aurifera da cui riportare alla luce non solo le macerie ma anche il metallo prezioso della poesia.
I versi sono intensi e profondi. E' una voce straordinaria, capace di mettersi in ascolto. Parlare dei suoi versi, per me che sono di parte, provo un certo disagio.
Dirò che nel corso degli ultimi anni le sue raccolte mi hanno accompagnato per lunghi periodi, ed a cui ho fatto ricorso ogniqualvolta ho avuto la necessità di comprendere il presente.
Dal silenzio e dal profondo dell'esistenza le esperienze vissute e raccolte diventano attesa, quasi preghiera.
Lo sguardo attento ed indagatore di ciò che si muove nella realtà quotidiana viene trasformato in linguaggio poetico. Il dolore delle persone viene assorbito come per osmosi, sia la dipartita di una persona cara sia la permanenza in una struttura ospedaliera. Inevitabilmente ci troviamo in un terreno poco transitato, appartato.Troviamo testi caratterizzati da una non facile comunicabilità, poi bisogna dire che la poesia non debba essere comunicativa, bisogna tuffarsi nel flusso delle emozioni che suscita la lettura.
Basta leggere i suoi versi per trovarsi subito al largo e da lì possiamo leggere meglio il nostro tempo.
Intervista
Com'è nata la tua passione per la scrittura poetica?
In realtà non ho mai avuto una passione vera e propria. Tutto è partito da un ingenuo contraccolpo verso la mia sensibilità, come un segreto sentire. All'inizio è stata una forma di compagnia, di attrazione verso lo sguardo. Mi era stata concessa una possibilità, un punto di fuga nel paesaggio.
Fin dalla prima lettura dei tuoi testi ho provato un senso di vertigine misto ad ebbrezza. E' una poesia che riesce sempre a sorprendere, a spiazzare chi la legge. Come nasce la tua ricerca?
Credo che sia nata da una associazione fra immagini lontanissime che parlavano la stessa lingua, che dicevano la stessa cosa. Ho provato negli anni a capire a quale stile potessi avvicinarmi per trovare un maestro e soprattutto a escludere, nel formarsi del testo, una sorta di surrealismo. Ho trovato in Jacques Maritain un buon interlocutore per capire cosa mi distinguesse dal surrealismo e cosa potesse andare oltre la ragione logica nella scrittura.
A volte traspare che vi è urgenza di tracciare il tormento delle persone incrociate, provi ansia nello scriverne?
Provo incapacità, impossibilità. Quando si tratta di se stessi o di qualcosa che si prova, in un certo senso importa meno non riuscire a scrivere. Quando si tratta di altri, di chi si incontra, ci si sente smarriti nell'impossibilità perché, paradossalmente, la poesia deve restringere tutto in poche parole e quello che si prova è immenso.
La solitudine aiuta il poeta?
La solitudine è una brutta bestia e la poesia è una compagnia solo in una prima fase che possiamo definire ingenua, adolescenziale. Con il tempo la solitudine può diventare un abisso e la scrittura un sasso che fa affondare. Occorre fare la pace con la solitudine, collaborare con la solitudine.
Hai lavorato al Centro di Poesia contemporanea a Bologna per tantissimi anni, hai conosciuto sicuramente dei poeti che ti hanno colpito?
I poeti che ho conosciuto sono stati tantissimi, sia italiani che stranieri. Potrei citarne molti, ma i primi che mi vengono in mente sono Derek Walcott, il premio Nobel caraibico e Titos Patrikios, poeta greco ancora vivente. Non potrò mai dimenticare Elena Schwarz, poetessa russa. Avendoli conosciuti di persona, la prima cosa di cui sono grata è di aver conosciuto delle persone. Conoscere i poeti non è diverso dal conoscere altri individui. Forse ha solo una speciale virtù, quella di diventare relazione. Vale a dire che il più delle volte i poeti sono persone aperte. I grandi poeti sono poi paradossalmente quelli umanamente più liberi, cioè hanno posto per chiunque.
Quali poeti hanno avuto un ruolo importante nella tua formazione?
Non ho ancora finito di formarmi. Credo di dover ringraziare Ungaretti, Cristina Campo, sicuramente Luzi, ma sono tanti i poeti con cui ancora dialogo e così spero sarà per sempre. Non ho seguito un filone, ho letto un po' di tutto e quando devo creare una piccola libreria dei miei "preferiti" faccio molta fatica perché ogni poeta in verità lascia un piccolo segno.
Puoi indicarci qualche libro, qualche poeta da leggere?
Non è facile. Ultimamente è uscito un libro di Ferruccio Benzoni e una nuova traduzione di Thierry Metz. Questi libri sono garantiti. Altrimenti, per chi ama la filosofia, suggerisco Nikolaj Berdjaev. In questo momento sto leggendo alcuni mistici e padri ortodossi (un mondo meraviglioso).
Riportiamo alcune poesie tratte dai libri pubblicati
Guardo i tronchi spogli contro il cielo
di un albero secolare in piazza Malpighi
e rivedo le braccia della nonna
mi solleva a 80 anni
ridiamo entrambe senza denti
una risata dove vivere
accamparsi ai lati in funivia,
salire quel poco da terra
e accarezzare le colline come cani
lasciare leccare
un attimo il mondo.
Non ho paura di essere quello che sono
nel viaggio breve contro il cielo
quelle braccia mi sollevano adesso.
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Non riuscivo a dire nulla d'immortale
accarezzavo moltissimi dei tuoi nomi
ero quella sulla scala mobile
che incrociavi senza morire.
Non te lo so spiegare, dicevi
ma la rosa è meglio di te
è rossa, e quel rosso tu non ce l'hai.
Hai la fuga e il piede nella pietra
non hai nemmeno l'azzurro
fra la punta.
E' come se avessi gettato
gli anelli in mare,
rovesciato il fiato come cenere.
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C'è un filo spinato fra noi
una rotonda di guardie
scelgono di restare
di pulire la canna
accendono i fuochi
in questo strisciare
ci veniamo incontro
spareranno in aria
cercheranno con il piede di porco
la gioia, apriranno cassetti
ridere insieme li travolge
dividono meticolosamente
non muoiono mai loro
che vorrebbero morire.
Notizia
Francesca Serragnoli (Bologna, 1972) è laureata in Lettere Moderne e in Scienze Religiose. Ha lavorato presso il Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna fino al 2007.
Ha pubblicato le raccolte Il fianco dove appoggiare un figlio (Bologna, 2003), nuova edizione Raffaelli, 2012, Il rubino del martedì (Raffaelli,2010), APRILE DI LA' (2016), nella collana gialla pordenonelegge Lieto Colle.
E' in corso di pubblicazione per un editore di Milano un nuovo libro. Collabora con il Centro Studi Sara Valesio. Attualmente insegna negli Istituti Superiori.
Foto di Copertina di Lucrezia Figatti
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