Di Redazione su Giovedì, 19 Aprile 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Trascorsi 4 mesi da infrazione CDS? Legittimo non ricordare chi era alla guida, no a decurtazione punti in patente proprietario auto

Una pronuncia per certi versi clamorosa, quella resa ieri, sub specie di ordinanza (la n. 9555 del 18 aprile) dalla seconda sezione della Suprema Corte di Cassazione, che, inaspettatamente, ha aperto uno spiraglio a beneficio di tutti gli automobilisti che dichiarano di non conoscere,causa il decorso del tempo ed una necessariamente ridottasi memoria, l´identità di chi si trovasse alla guida del veicolo nel momento in cui è stata commessa un´infrazione al codice della strada comportante la decurtazione di punti sulla patente.

Fin qui la giurisprudenza costante della Suprema corte era stata, almeno nell´ultimo decennio, sostanzialmente granitica nell´affermare l´irrilevanza di una memoria precaria da parte del multato, ma adesso l´ordinanza in commento enuncia un principio totalmente diverso, e cioè che bisogna valutare situazione per situazione.

I FATTI
Con ricorso al Giudice di Pace di Bari una cittadina impugnava un verbale di accertamento del elevato dalla Polizia Municipale di Bari per violazione dell´art. 126 bis C.d.S., eccependo, per quello che
qui interessa, di aver comunicato tempestivamente alla
suddetta Polizia Municipale di non essere in grado di indicare le generalità di chi era alla guida del veicolo di sua proprietà al momento della originaria infrazione a causa sia del notevole tempo trascorso tra l´infrazione (il 06/03/07) e la notifica del verbale di accertamento (il 28/06/07), sia della circostanza che il veicolo era utilizzato oltre che da lei anche dal marito e dalle sue due figlie. Si costituiva in giudizio il Comune di Bari chiedendo il rigetto del ricorso, rilevando che in base alla normativa vigente il proprietario del veicolo è sempre tenuto a conoscere le generalità di colui al quale affida la conduzione del mezzo, e nel caso in cui non sia in grado di comunicarle risponde a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare
sull´affidamento del veicolo stesso.

Il Giudice di Pace adito con sentenza n.7244/2008 accoglieva il
ricorso e condannava il Comune di Bari al
pagamento delle spese di lite. Avverso la suddetta decisione proponeva appello il Comune di
Bari avanti il Tribunale di Bari. Il Tribunale di Bari con la sentenza conclusiva del giudizio rigettava l´appello e per l´effetto confermava la sentenza impugnata. A sostegno della decisione il giudice di secondo grado, richiamando i principi espressi dalla sentenza della Corte Costituzionale n.165/2008, secondo cui bisogna distinguere la condotta di chi omette del tutto di comunicare alla P.A. le generalità del conducente del veicolo al momento dell´infrazione da quella di colui che invece comunichi l´esistenza di validi motivi idonei a giustificare l´omessa trasmissione dei dati richiesti, rilevava che nel caso di specie l´appellata non era stata in grado di fornire i dati del
conducente la sua automobile, in quanto la violazione risaliva a
circa quattro mesi prima rispetto alla notifica del verbale ed il
veicolo era spesso utilizzato anche dal marito e dalle due figlie,
tutti muniti di patente. L´omissione da parte dell´appellata era perciò legittima ed escludeva la sua responsabilità per la contestata violazione amministrativa.
Da qui il ricorso per cassazione del Comune di Bari affidato ad un unico motivo. Id est violazione o falsa applicazione degli artt. 126 bis, comma 2, e 180, comma 8, del Codice della Strada, in quanto il Giudice di appello avrebbe errato nel giustificare l´omissione della ricorrente, in quanto la corretta interpretazione delle norme citate obbliga il proprietario del veicolo di conoscere le generalità del conducente il proprio veicolo, non
essendo sufficiente per sottrarsi a tale obbligo addurre che
l´automobile è in uso a più persone.
LA DECISIONE DELLA SC
I giudici hanno rigettato il ricorso ritenendo il motivo infondato.
Non ignora il Collegio - hanno premesso - "come la questione sia stata oggetto di
precedenti interventi da parte di questa stessa Sezione che in varie occasioni ha avuto modo di affermare che ( cfr. Cass. n. 12842/2009) in tema di violazioni alle norme del codice della strada, il proprietario di un veicolo, in quanto responsabile
della circolazione dello stesso nei confronti della P.A. o dei
terzi, è tenuto sempre a conoscere l´identità dei soggetti ai
quali affida la conduzione e, di conseguenza, a comunicare tale
identità all´autorità amministrativa che gliene faccia legittima
richiesta, al fine di contestare un´infrazione amministrativa.
L´inosservanza di tale dovere di collaborazione è sanzionata, in
base al combinato disposto degli art. 126-bis e 180 del codice
della strada, alla luce di quanto espressamente affermato dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del 2005, senza che il
proprietario possa sottrarsi legittimamente a tale obbligo in
base al semplice rilievo di essere proprietario di numerosi automezzi o di avere un elevato numero di dipendenti che ne
fanno uso (conforme Cass. n. 21957/2014, Cass. n.
n.13748/2007, nonché da ultimo Cass. n. 29593/2017, secondo cui il proprietario del veicolo sarebbe tenuto sempre a conoscere l´identità dei soggetti ai quali affida la conduzione e, di conseguenza, a comunicare tale identità all´autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta)".
Trattasi però di orientamento - hanno precisato - che deve essere precisato alla
luce di quanto espressamente affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza interpretativa n. 165 del 2008, la cui portata, benchè in molti casi anteriore a quella di
deliberazione delle sentenze sopra citate, non appare essere
stata presa in esame in tutte le sue implicazioni.
Il riferimento del SC è al passo in cui il giudice delle leggi in motivazione ha infatti affermato: " ....che
debba essere riconosciuta al proprietario del veicolo la facoltà di esonerarsi da responsabilità, dimostrando l´impossibilità di rendere una dichiarazione diversa da quella "negativa" (cioè a dire di non conoscenza dei dati personali e della patente del conducente autore della commessa violazione)". Conclusione "che discende anche dalla necessità di offrire della censurata disposizione, nella parte in cui richiama l´art. 180, comma 8, del medesimo codice della strada, un´interpretazione coerente proprio con gli indirizzi ermeneutici formatisi in merito
alla norma richiamata, e secondo i quali essa sanzionerebbe il
«rifiuto» della condotta collaborativa (e non già la mera
omessa collaborazione) necessaria ai fini dell´accertamento
delle infrazioni stradali". E ciò, "come anche affermato da questa Corte con l´ordinanza n. 434 del 2007, appare necessario precisare - per fugare «persistenti dubbi
nell´interpretazione del testo originario dell´art. 126-bis,
comma 2, del codice della strada» - che la scelta in favore di «un´opzione ermeneutica, che pervenisse alla conclusione di equiparare ogni ipotesi di omessa comunicazione dei "dati personali e della patente del conducente al momento della
commessa violazione", presenterebbe una dubbia compatibilità
con l´art. 24 Cost.» in quanto, «non consentendo in
alcun modo all´interessato di sottrarsi all´applicazione della
sanzione pecuniaria, si risolverebbe nella previsione di una
presunzione iuris et de iure di responsabilità», con conseguente «lesione del diritto di difesa», dal momento che risulterebbe preclusa all´interessato «ogni possibilità di provare circostanze che attengono alla propria effettiva condotta»".

Da qui la conclusione: "Deve quindi reputarsi che, se resta in ogni caso sanzionabile la condotta di chi semplicemente non ottemperi alla richiesta di comunicazione dei dati personali e della patente del
conducente, viceversa laddove la risposta sia stata fornita,
ancorchè in termini negativi, resta devoluta alla valutazione del giudice di merito la verifica circa l´idoneità delle giustificazioni fornite dall´interessato ad escludere la presunzione di responsabilità che la norma pone a carico del dichiarante.

Nel caso di specie il Tribunale, esercitando appunto tale
discrezionale potere di apprezzamento in fatto, ha ritenuto di
escludere la responsabilità della opponente valorizzando da un lato il decorso del tempo tra la data dell´infrazione contestata e
quella della richiesta di informazioni (oltre tre mesi) e,
dall´altro, la riferita presenza nel nucleo familiare anche di altri soggetti ordinariamente fruitori dell´autovettura, reputando in tal modo giustificata la mancata indicazione del nominativo del conducente.

La censura di violazione di legge - hanno quindi concluso i giudici di legittimità - "deve pertanto reputarsi
infondata avendo al contrario il giudice di appello fatto corretta applicazione della norma di cui in rubrica alla luce
dell´interpretazione che ne è stata offerta dalla Consulta".