Su questa delicata problematica si sono pronunciate le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15289/16, depositata il 25 luglio.
Con sentenza n. 102 del 21 luglio 2015, depositata il 22 settembre 2015, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura aveva inflitto al dott. P.L., sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia, la sanzione della perdita di sei mesi di anzianità, avendolo ritenuto responsabile dell´illecito disciplinare di cui all´art. 4, comma 1, lettera d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, in relazione agli artt. 81, 594 e 61, n. 10, cod. pen.
In particolare, al dott. P. era stato contestato il detto illecito disciplinare - contemplato quale conseguenza di "qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l´immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l´azione penale non può essere iniziata o proseguita" - in quanto, nel febbraio 2010, fermato per un controllo alcolemico mentre era alla guida della propria autovettura in Carpi da pubblici ufficiali appartenenti alla polizia municipale di quella città, offendeva l´onore e il decoro degli stessi, pronunciando nei loro confronti numerose frasi ingiuriose.
Per altri fatti commessi nella medesima occasione il Procuratore generale presso la Corte di cassazione aveva già esercitato l´azione disciplinare.
Nello specifico, con il proprio ricorso in Cassazione, il dott. P. denunciava, in via prioritaria, la "improcedibilità ex artt. 18, comma 4, D.Lgs. 109 del 2006 e 649 c.p.p. dell´azione disciplinare in ragione del precedente esercizio della medesima nel diverso procedimento n. 120/2010 avente ad oggetto lo stesso fatto oggetto di contestazione nel presente procedimento e comunque violazione di norma processuale prevista a pena di inammissibilità ex art. 606 lettera c) c.p.p.".
Lamentava, in sintesi, che, in relazione agli stessi fatti oggetto del presente procedimento, era stata già esercitata l´azione disciplinare da parte del Procuratore generale presso la Corte di cassazione con nota dell´8 ottobre 2010 (procedimento n. 120/2010D, poi sospeso per la pendenza del procedimento penale presso la Corte d´appello di Ancona, a seguito del gravame proposto avverso la sentenza del Tribunale di quella città citata in narrativa).
Ad avviso del ricorrente, pertanto, l´azione disciplinare che aveva dato avvio al procedimento sanzionatorio risultava viziata da "inammissibilità originaria", per consumazione del potere disciplinare con essa esercitato, con conseguente illegittimità della sentenza impugnata.
Il motivo così dedotto è apparso fondato ai Supremi Giudici, che hanno rilevato, con argomentazioni puntuali riportate nella Sentenza, qui allegata, che consentire la riedizione del potere disciplinare sui medesimi fatti in relazione ai quali era già stata esercitata l´azione disciplinare, con conseguente consumazione del relativo potere, sarebbe sostanzialmente valso a vanificare il principio del ne bis in idem.
Conseguendo a queste premesse, la cassazione della Sentenza.
Con sentenza n. 102 del 21 luglio 2015, depositata il 22 settembre 2015, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura aveva inflitto al dott. P.L., sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia, la sanzione della perdita di sei mesi di anzianità, avendolo ritenuto responsabile dell´illecito disciplinare di cui all´art. 4, comma 1, lettera d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, in relazione agli artt. 81, 594 e 61, n. 10, cod. pen.
In particolare, al dott. P. era stato contestato il detto illecito disciplinare - contemplato quale conseguenza di "qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l´immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l´azione penale non può essere iniziata o proseguita" - in quanto, nel febbraio 2010, fermato per un controllo alcolemico mentre era alla guida della propria autovettura in Carpi da pubblici ufficiali appartenenti alla polizia municipale di quella città, offendeva l´onore e il decoro degli stessi, pronunciando nei loro confronti numerose frasi ingiuriose.
Per altri fatti commessi nella medesima occasione il Procuratore generale presso la Corte di cassazione aveva già esercitato l´azione disciplinare.
Nello specifico, con il proprio ricorso in Cassazione, il dott. P. denunciava, in via prioritaria, la "improcedibilità ex artt. 18, comma 4, D.Lgs. 109 del 2006 e 649 c.p.p. dell´azione disciplinare in ragione del precedente esercizio della medesima nel diverso procedimento n. 120/2010 avente ad oggetto lo stesso fatto oggetto di contestazione nel presente procedimento e comunque violazione di norma processuale prevista a pena di inammissibilità ex art. 606 lettera c) c.p.p.".
Lamentava, in sintesi, che, in relazione agli stessi fatti oggetto del presente procedimento, era stata già esercitata l´azione disciplinare da parte del Procuratore generale presso la Corte di cassazione con nota dell´8 ottobre 2010 (procedimento n. 120/2010D, poi sospeso per la pendenza del procedimento penale presso la Corte d´appello di Ancona, a seguito del gravame proposto avverso la sentenza del Tribunale di quella città citata in narrativa).
Ad avviso del ricorrente, pertanto, l´azione disciplinare che aveva dato avvio al procedimento sanzionatorio risultava viziata da "inammissibilità originaria", per consumazione del potere disciplinare con essa esercitato, con conseguente illegittimità della sentenza impugnata.
Il motivo così dedotto è apparso fondato ai Supremi Giudici, che hanno rilevato, con argomentazioni puntuali riportate nella Sentenza, qui allegata, che consentire la riedizione del potere disciplinare sui medesimi fatti in relazione ai quali era già stata esercitata l´azione disciplinare, con conseguente consumazione del relativo potere, sarebbe sostanzialmente valso a vanificare il principio del ne bis in idem.
Conseguendo a queste premesse, la cassazione della Sentenza.
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