Di Redazione su Giovedì, 20 Ottobre 2016
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Giornalista prosciolto, Cassazione sui limiti della continenza nell´esercizio del diritto di cronaca

Quali sono i limiti nel racconto di un giornalista ? Che rapporto esiste tra il dar conto dei fatti, l´esercizio del diritto di cronaca ed il principio di continenza nella professione ?
Sull´argomento si è pronunciata la Corte di Cassazione, III Sezione Civile, con Sentenza n.20728 del 2016 depositata in data 14 ottobre.
Nel caso in questione, la Corte d´appello di Salerno accoglieva l´appello presentato dal giornalista "sotto accusa" avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Salerno, che lo aveva condannato, quale direttore responsabile di un quotidiano, a risarcire l´attore V.C. per la pubblicazione di articoli ritenuti dal Tribunale diffamatori.
Si trattava di articoli che narravano l´arresto di V.C. presso un aeroporto, all´interno del quale, camuffatosi con una parrucca per giocare uno scherzo a una hostess con cui aveva una relazione, era stato riconosciuto da una guardia giurata come uno degli autori di un episodio di rapina e sequestro di persona
Il riconoscimento era poi risultato erroneo, per cui il V.C. era stato scarcerato.
Ad avviso del giudice di primo grado, gli articoli avevano violato il principio di continenza nella professione giornalistica, ma il giudice d´appello aveva escluso ogni addebito.
Tale esclusione è stata condivisa anche dai Supremi Giudici, che non hanno ritenuto leso il principio in questione.
Il ricorso, infatti, è apparso ai Giudici della Suprema Corte del tutto infondato, non avendo trovato accoglimento le doglianze di parte ricorrente non essendovi stato, a giudizio della Sezione, alcun travalicamento dei limiti legati al diritto di cronaca e di manifestazione del pensiero.
Esclusa del tutto la violazione del principio di continenza (ravvisata, invece, dal giudice di "prime cure"), i Giudici Supremi hanno rilevato, piuttosto, come determinante ed esimente la verità della notizia, l´evidenziazione da parte del giornalista - con varie ed inequivoche espressioni - della natura di "combinazione veramente sfortunata" dell´episodio, la trascrizione tra virgolette delle dichiarazioni degli inquirenti, il riferimento di quanto dichiarato dai legali ("un clamoroso errore di persona"), la sussistenza di un interesse pubblico all´informazione e, soprattutto - requisito cui logicamente è stata dedicata maggiore attenzione, essendo stato quello ritenuto insussistente dal Tribunale - "l´uso di una forma corretta, improntata ad obiettività e priva di qualsivoglia elemento denigratorio", in modo da "rendere chiare al lettore le contrapposte tesi dell´accusa e della difesa ed astenendosi, perciò, dall´enunciare certezze" (e, per di più, valutando quanto riportato sulle vicende del padre del ricorrente ed escludendone l´offensività).
Vero è che in questa concisa parte conclusiva della motivazione la sentenza non ha menzionato affatto i titoli, né le locandine degli articoli in questione, e parimenti vero che anche elementi diversi dal corpo dell´articolo, come locandine e titoli, avrebbero potuto esplicare un effetto lesivo della reputazione.Ma, ha stabilito la Cassazione, non può non ricordarsi che il giudice di merito non è tenuto a menzionare esplicitamente nella motivazione ogni elemento addotto dalle parti per far valere la loro prospettazione, e altresì non può non ricordarsi, hanno precisato i Giudici, che la valutazione fattuale compete istituzionalmente al giudice di merito, e non può essere oggetto di revisione - se non appunto tramite il sindacato motivazionale - da parte del giudice di legittimità.
In ordine poi alla violazione e falsa applicazione di legge (questa volta degli articoli 2 e 3 della Costituzione in aderenza all´articolo 21 Cost.), la Corte ha giudicato la censura inammissibile in quanto la interpretazione del contenuto di quello che si definisce genericamente "l´articolo" (se fosse stato leso l´onore del ricorrente, se le sue difese fossero state presentate in un´ottica inficiante di dubbio negativo, se fosse stato utilizzato un infondato precedente del padre del ricorrente per insinuare una tendenza familiare al crimine), esorbita dai limiti del ricorso per cassazione.
In conclusione, il ricorso è stato rigettato.
Sentenza allegata








Documenti allegati
Dimensione: 19,38 KB