Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione I Civile, con la Sentenza n. 10933/16, depositata il 26 maggio.
Con la pronuncia in commento, i Supremi Giudici, pronunciandosi in merito ad una richiesta di accertamento di paternità, con conseguenziale richiesta di condanna al pagamento, in favore della figlia, di un contributo mensile di 500 Euro, oltre al rimborso del 50% delle spese mediche e al risarcimento del danno non patrimoniale da essa subito per il mancato riconoscimento da parte del genitore, ad al rimborso della metà delle somme destinate al suo mantenimento, dal giorno della nascita alla domanda di accertamento della paternità, hanno considerato come sintomatologico della fondatezza della domanda il comportamento del padre che si era rifiutato di sottoporsi alle indagine ematologiche necessarie al fine di accertare la paternità.
Si tratta, secondo i Giudici del palazzaccio, di un comportamento di per sé atto alla dimostrazione della fondatezza della pretesa vantata dalla madre.
Tale indisponibilità assume, infatti, secondo il Collegio, un altissimo valore indiziario che porta di per sé al riconoscimento della paternità con quanto ne consegue in tema di mantenimento in favore della figlia e di azione di regresso azionabile da parte della madre.
Accertata la paternità, infatti, al genitore che, fino a quel momento, si era occupato del mantenimento del figlio, non può essere negato il diritto anche al rimborso delle spese sostenute per il mantenimento dello stesso sin dalla nascita di quest´ultimo.
In buona sostanza, il genitore adempiente è legittimato, secondo la Cassazione, a proporre domanda di regresso nei confronti del genitore inadempiente.
Infine, in ordine al "quantum" del "rimborso", è necessario far riferimento, secondo la Corte, ad una liquidazione equitativa per l´evidente difficoltà di una prova delle somme concretamente versate dalla madre e in considerazione della complessità dei parametri di riferimento per una corretta determinazione del diritto al regresso così come indicati dalla giurisprudenza secondo cui l´ammontare dovuto trova limite negli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto dal genitore che ha per intero sostenuto la spesa senza però prescindere né dalla considerazione del complesso delle specifiche e molteplici esigenze effettivamente soddisfatte o notoriamente da soddisfare nel periodo in considerazione né dalla valorizzazione delle sostanze e dei redditi di ciascun genitore quali all´epoca goduti ed evidenziati, eventualmente in via presuntiva, dalle risultanze processuali, né infine dalla correlazione con il tenore di vita di cui il figlio ha diritto di fruire, da rapportare a quello dei suoi genitori.
Ciò detto il ricorso del padre è stato rigettato.
Sentenza allegata
Con la pronuncia in commento, i Supremi Giudici, pronunciandosi in merito ad una richiesta di accertamento di paternità, con conseguenziale richiesta di condanna al pagamento, in favore della figlia, di un contributo mensile di 500 Euro, oltre al rimborso del 50% delle spese mediche e al risarcimento del danno non patrimoniale da essa subito per il mancato riconoscimento da parte del genitore, ad al rimborso della metà delle somme destinate al suo mantenimento, dal giorno della nascita alla domanda di accertamento della paternità, hanno considerato come sintomatologico della fondatezza della domanda il comportamento del padre che si era rifiutato di sottoporsi alle indagine ematologiche necessarie al fine di accertare la paternità.
Si tratta, secondo i Giudici del palazzaccio, di un comportamento di per sé atto alla dimostrazione della fondatezza della pretesa vantata dalla madre.
Tale indisponibilità assume, infatti, secondo il Collegio, un altissimo valore indiziario che porta di per sé al riconoscimento della paternità con quanto ne consegue in tema di mantenimento in favore della figlia e di azione di regresso azionabile da parte della madre.
Accertata la paternità, infatti, al genitore che, fino a quel momento, si era occupato del mantenimento del figlio, non può essere negato il diritto anche al rimborso delle spese sostenute per il mantenimento dello stesso sin dalla nascita di quest´ultimo.
In buona sostanza, il genitore adempiente è legittimato, secondo la Cassazione, a proporre domanda di regresso nei confronti del genitore inadempiente.
Infine, in ordine al "quantum" del "rimborso", è necessario far riferimento, secondo la Corte, ad una liquidazione equitativa per l´evidente difficoltà di una prova delle somme concretamente versate dalla madre e in considerazione della complessità dei parametri di riferimento per una corretta determinazione del diritto al regresso così come indicati dalla giurisprudenza secondo cui l´ammontare dovuto trova limite negli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto dal genitore che ha per intero sostenuto la spesa senza però prescindere né dalla considerazione del complesso delle specifiche e molteplici esigenze effettivamente soddisfatte o notoriamente da soddisfare nel periodo in considerazione né dalla valorizzazione delle sostanze e dei redditi di ciascun genitore quali all´epoca goduti ed evidenziati, eventualmente in via presuntiva, dalle risultanze processuali, né infine dalla correlazione con il tenore di vita di cui il figlio ha diritto di fruire, da rapportare a quello dei suoi genitori.
Ciò detto il ricorso del padre è stato rigettato.
Sentenza allegata
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