Di Redazione su Venerdì, 15 Dicembre 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Responsabilità processuale ex articolo 96, 2, cpc: la Cassazione indica i criteri

Due sono i presupposti per la configurazione della responsabilità processuale aggravata di cui all´articolo 96, comma 2, c.p.c.: l´infondatezza della domanda giudiziale e l´aver agito in giudizio violando i canoni di normale prudenza.

E´ quanto disposto dalla Corte di Cassazione, sezione III, nell´ordinanza n. 26515 del 9 novembre 2017.

Nella vicenda in esame, i ricorrenti avevano impugnato per cassazione la sentenza d´appello con cui erano stati condannati al risarcimento dei danni da responsabilità processuale aggravata, rilevando che, in detta pronuncia, l´imprudenza nell´effettuare la trascrizione era stata correlata esclusivamente all´infondatezza della domanda principale.

La responsabilità processuale aggravata è disciplinata dal secondo comma dell´art. 96 c.p.c.: esso prevede la possibilità che la parte soccombente sia condannata al risarcimento del danno, dal giudice che abbia accertato l´infondatezza della domanda proposta, quando tale parte abbia agito in giudizio senza la normale prudenza. Ciò avviene nei casi in cui, alla proposizione della domanda giudiziale si colleghi il compimento di altre attività processuali o accessorie, particolarmente invasive della sfera giuridica della controparte ed astrattamente idonee a determinare l´insorgenza di un pregiudizio patrimoniale a danno di quest´ultima.

I presupposti per la configurazione di una responsabilità in capo all´attore sono diversi e più severi rispetto a quelli previsti dal primo comma, che impone la condanna risarcitoria a carico dell´attore che abbia agito in giudizio in mala fede o colpa grave; nel secondo comma, è richiesto l´aver presentato una domanda oggettivamente infondata, e la proposizione di essa senza la normale prudenza.

L´accertamento se la parte abbia agito con mala fede o colpa grave.
In particolare, l´art. 96 c.p.c. contempla tutte le ipotesi di responsabilità per atti o comportamenti processuali, prevedendo una disciplina avente carattere di specialità rispetto a quella generale della responsabilità per fatti illeciti, di cui all´art. 2043 cod. civ.; pertanto, la responsabilità processuale aggravata, pur rientrando concettualmente nel genus della responsabilità aquiliana, ricade interamente, in tutte le sue ipotesi, sotto tale disciplina. Essa prevede che un soggetto qualificato, l´attore, è chiamato a risarcire al convenuto, il danno eventualmente derivante dal suo agire in giudizio; tale agire costituisce una facoltà in sè e per sé lecita, costituzionalmente protetta e garantita, e la tutela risarcitoria prevista dall´art. 96, commi 1 e 2, sanziona solo quell´azione che abbia causato a terzi un danno ingiusto.

Inoltre, il pregiudizio si può verificare quando la proposizione della domanda è associata all´utilizzo imprudente di mezzi di tutela giudiziaria in sè leciti, ma suscettibili ad incidere sfavorevolmente sulla sfera giuridica dei terzi, pregiudicandone gli interessi.

E´ il caso in cui, oltre alla proposizione della domanda giudiziale, vi sia stata l´esecuzione di un provvedimento cautelare, la trascrizione di una domanda giudiziale, l´iscrizione di ipoteca giudiziale oppure l´inizio dell´esecuzione forzata, tutte ipotesi in cui la facoltà di agire in giudizio sia stata esercitata, senza la normale prudenza.

Orbene, il presupposto dell´infondatezza della domanda giudiziale, rigettata nel merito, all´esito del giudizio, è il primo elemento della fattispecie, rappresentando una circostanza necessaria ma non sufficiente a giustificare una condanna ex art. 96 c.p.c., comma 2, atteso che lo stesso non si collega automaticamente ad una valutazione di imprudenza nella presentazione della domanda. A tale elemento, deve collegarsi, infatti, la valutazione dell´imprudenza, per cui occorre prendere in considerazione, oltre all´esito della lite, se la tesi giuridica proposta con l´introduzione della domanda, fosse del tutto infondata o minoritaria, o se, dalla ricostruzione dei fatti presentati dall´attore, fosse evidente l´infondatezza di tale domanda.

Nella vicenda in oggetto, la domanda giudiziale era diretta alla costituzione di una servitù di passaggio e la trascrizione era quindi obbligatoria per l´opponibilità ai terzi dell´eventuale decisione favorevole.Orbene, non può essere considerata l´avvenuta trascrizione della domanda giudiziale, imposta dalla legge allo scopo di rendere opponibile ai terzi, come una violazione dell´obbligo di agire con la normale prudenza. Pertanto, la Cassazione ha rilevato che non costituisce elemento legittimamente per la configurabilità di una responsabilità aggravata ex art. 96, comma 2, c.p.c., il fatto in sè della trascrizione della domanda giudiziale, laddove la trascrizione stessa fosse prevista dalla legge come necessaria.

Dunque, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte territoriale che provvederà nuovamente alla valutazione del merito.
(Altalex, 14 dicembre 2017. Nota di Maria Elena Bagnato)