Di Alberto Pezzini su Domenica, 24 Marzo 2019
Categoria: Alberto Pezzini: scaglie di ingiustizia

Ci sono domande nei processi che trasformano tutte le donne in mignotte, aboliamole!

Ho letto la sentenza emessa dalla Corte d'Assise di Bologna chiamata della c.d. tempesta emotiva e passionale.Ho scoperto prima di tutto che l'espressione non è di conio della Corte bensì del perito il quale – in primo grado – aveva usato l'espressione completa "soverchiante tempesta emotiva e passionale".
Poi, ancora, che la gelosia è stata qualificata come motivo futile laddove è stata ispirata – come in questo caso – da un mero spirito punitivo nei confronti della vittima.
La tempesta compare dopo e prende piede nel corpo della sentenza quando si parla delle generiche. Quivi si dice che lo stato di turbamento dell'omicida può influire sulla responsabilità della pena e quindi portare ad un mitigamento del trattamento sanzionatorio.

Boh.
Non so cosa dire ma il mio articoletto non vuole entrare nel merito di tale questione.
Quello che mi affascina è la gelosia e il suo ambiguo rapporto con il processo penale.
Secondo voi – e lasciamo stare il caso concreto – sono lecite le domande sugli eventuali tradimenti delle vittime ?
Come considerate domande del genere:1)irrilevanti, 2)capaci di nuocere alla genuinità delle risposte o 3) semplicemente suggestive ?
Il nocciolo è sempre quello, secondo me.

La gelosia può trasformarsi in provocazione, oppure in uno stato di alterazione mentale tale da diminuire o escludere la capacità d'intendere o di volere ?
Secondo la giurisprudenza, la gelosia – se non è nutrita da uno stato morboso e/o patologico davvero sensibile – non diminuisce un ette.
E allora, perchè certe domande, capaci di trasformare la traditrice in una inguaribile mignotta ?
I processi penali per femminicidio saranno sempre processi tossici, in cui il ruolo della femmina massacrata non sarà mai ben definito ma avrà sempre contorni sfrangiati o troppo sfumati. 

Se il Legislatore vietasse le domande sugli eventuali tradimenti, anche le tempeste emotive – che per me restano stati d'animo transeunti e passeggeri – forse non riuscirebbero ad incidere sulla responsabilità penale.
Il chè contrasta con la mia sensibilità di (aspirante) penalista.
Però, anche quando faccio la parte civile, e difendo qualche donna maltrattata, mi devo difendere per la maggior parte della durata da certe accuse striscianti del tipo:lei lo ha tradito, lei si vedeva con qualcuno, lei quante volte lo faceva e con chi.
Mi sono rotto i coglioni.
Anche Messalina dovrebbe avere il sacrosanto diritto di far salire sulla propria carrozza chi vuole. Sono i cocchieri che sbagliano carrozza,semmai.

O si ostinano a prendere sempre la stessa corriera anche quando sanno – scientemente sanno – che quel torpedone lì lo prendono in tanti e pure senza biglietto. 

Le domande sulla vita sessuale delle persone – e delle donne, segnatamente – non dovrebbero entrare nei processi per femminicidio (omicidio o lesioni, rectius).
Così, forse, per un divieto squisitamente procedurale, forse avremmo anche un maggior sollievo di carattere penale sostanziale.
E magari meno tempeste sulla cervice di natura emotiva o passionale.

Tutto ciò non dico perchè in me si celino sentimenti veterofemministi.
Lo dico perchè tali domande – in certi contesti e per alcuni tipi di reato – abbisognano di essere finalmente (ri)classificate.
Dove non arriva la società, chè ci arrivi almeno il Codice di Procedura Penale.