Di Redazione su Venerdì, 16 Febbraio 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Madre biologica anonima, il figlio ha diritto a conoscerne l´identità post mortem?

Tra i due interessi - l´interesse del figlio a conoscere l´identità della madre biologica e quello della madre a mantenere sul punto una totale privacy post mortem - qual è quello cui l´ordinamento deve riconoscere una maggiore tutela?

Un quesito cui la Suprema Corte ha fornito una risposta chiarissima: il figlio nato da un parto anonimo ha diritto di accedere alle informazioni riguardanti l´identità della madre biologica nel momento in cui la stessa sia deceduta, non trovando applicazione il termine previsto dall´art. 93, comma 2, (Certificato di assistenza al parto) d.lgs. n. 196/2003, oltre il limite della vita della madre.

A tale arresto giurisprudenziale è pervenuta la suprema Corte di Cassazione, sez.VI Civile-1, con la recentissima ordinanza n. 3004 del 2018, concepita sulla base di un vero e proprio bilanciamento di interessi in un´ottica costituzionalmente orientata.

Il quesito di fondo, a partire dal quale si è dipanata la decisione, quello di apertura: tra l´interesse del figlio a conoscere l´identità della madre biologica e quello della madre alla privacy, successivamente alla sua dipartita quale interesse prevale?

Su quest´interrogativo gli ermellini si sono, appunto, pronunciati con l´ordinanza suddetta dando una risposta diametralmente opposta rispetto a quella fornita dai Giudici di prime e seconde cure.

I supremi giudici, infatti, bilanciando gli interessi da tutelare hanno puntato l´attenzione sull´affievolimento del diritto alla privacy della madre rispetto a quello attuale del figlio a conoscere le proprie origini.

La Corte distrettuale ha errato, infatti, ritenendo del tutto irrilevante la presenza o meno in vita del genitore "anonimo" ai fini dell´acquisizione dei dati relativi alla nascita consentiti per legge solo dopo ben 100 anni dalla nascita del figlio.

Per questa ragione il Supremo Collegio ha ritenuto, invece, fondate le doglianze del figlio, e ribadito il principio, nell´incipit enunciato, in base al quale spetta al figlio partorito in anonimato dalla madre biologica conoscerne le generalità non potendosi considerare operativo, oltre il limite della vita della madre il termine previsto dall´ art. 93, comma 2, d.lgs. n. 196/2003.

Si affievolisce infatti in tal caso il diritto alla privacy della madre rinvigorendosi quello del figlio in ordine all´esercizio immediato del proprio diritto volto a conoscere le proprie origini biologiche.

Una diversa soluzione, hanno precisato i Giudici del Palazzaccio renderebbe di fatto impossibile l´esercizio del diritto esistente in capo al figlio di sciogliere il segreto in ordine all´identità della madre biologica, cristallizzando la scelta della donna anche dopo la sua dipartita.

Ciò si porrebbe in palese contrasto con la necessaria reversibilità del segreto essendo di fatto quest´ultimo revocabile dall´interessata solo nel corso della sua vita.

Al figlio sarebbe stato, dunque, impossibile accedere alla sua identità non residuando alcuna possibilità di revoca da parte della madre defunta.
La Suprema Corte pertanto ha accolto il ricorso autorizzando, decidendo nel merito, il figlio ad accedere alle informazioni relative alle proprie origini biologiche.
Si allega ordinanza.


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