Di Rosalia Ruggieri su Giovedì, 26 Aprile 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Inabilità del dipendente, Cassazione spiega quando può condurre al licenziamento

Con la pronuncia n. 8419 dello scorso 5 aprile, la Cassazione, dichiarando legittimo il licenziamento inflitto al lavoratore divenuto inabile al lavoro a seguito di malattia, ha statuito che "il recesso datoriale va valutato alla luce di canoni interpretativi che valorizzano la possibilità di adibizione del lavoratore inidoneo ad una diversa attività lavorativa riconducibile alle mansioni già assegnate o ad altre equivalenti, anche inferiori", precisando il principio secondo cui "deve essere attribuito rilievo, nel bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti(art 4 Cost. ed art 41 Cost.), all´interesse del datore di lavoro ad una collocazione del lavoratore inidoneo che non incida nel senso di modificare le scelte organizzative con pregiudizio per gli altri lavoratori ed alterazione inammissibile della qualità dell´organigramma aziendale".
Le precisazioni operate dalla Suprema Corte prendono spunto dal licenziamento di un addetto di una stazione di benzina con funzione di pompista, colpito da linfoma di Hodgkin e divenuto inabile al lavoro. Il dipendente impugnava il licenziamento, sostenendo di poter essere adibito a mansioni che prevedevano la permanenza all´interno di un gabbiotto da cui si gestiva il servizio di rifornimento self-service.
Ribaltando la decisione del giudice di primo grado, la Corte di Appello di Napoli dichiarava la legittimità del licenziamento rilevando che nella contrattazione collettiva non esisteva un profilo di "pompista self" e che doveva escludersi, in base a principi di correttezza e buona fede, la predisposizione di una diversa organizzazione aziendale, non potendo esigersi – all´interno di un contesto in cui l´organizzazione è rimessa all´insindacabile giudizio del datore di lavoro – che lo stesso riceva una prestazione parziale non satisfattiva del suo interesse.
Ricorrendo presso la Suprema Corte, la difesa del lavoratore censurava la decisione dei giudici di merito nella parte in cui avevano escluso la possibilità di sostituzione del lavoratore inabile nei compiti più usuranti con altro lavoratore maggiormente idoneo (nel caso di specie, adibendo l´inabile all´interno del "gabbiotto", già esistente, maggiormente funzionale alla tutela del suo precario stato di salute): a sostegno di tale posizione, si richiamava il principio in virtù del quale grava sul datore di lavoro un obbligo di reperimento e di assegnazione delle mansioni più consone al mutato stato fisico del lavoratore divenuto inidoneo per motivi di salute, legittimandosi la risoluzione del rapporto per giustificato motivo oggettivo solo nel caso in cui risulti provato dal datore che in azienda non sussistano, per il predetto, mansioni idonee a tutelare il suo interesse alla conservazione dell´occupazione (fondato sull´art. 4 Cost.) e il suo diritto, ex art. 2087 c.c., alla salvaguardia dell´integrità psico/fisica.
La Suprema Corte parte dal disposto di cui all´art. 5 della legge 604/66 – che pone inequivocabilmente a carico del datore di lavoro l´onere della prova del giustificato motivo oggettivo nel licenziamento individuale – e ribadisce che, in tema di inidoneità fisica al lavoro, spetta al datore di lavoro sia provare che allegare l´impossibilità di utilizzazione del lavoratore in ambiente compatibile con il suo stato di salute.
In particolare, il recesso datoriale va vagliato alla luce della possibilità di adibire il lavoratore inidoneo ad una diversa attività lavorativa riconducibile alle mansioni già assegnate o ad altre equivalenti o, subordinatamente, anche inferiori: proprio sulla scorta di tali parametri è onere del datore di lavoro allegare, con riferimento alla specificità della realtà organizzativa ove il lavoratore inidoneo si trovava a svolgere la propria attività, l´impossibilità di rimpiegarlo in una diversa occupazione.
Nel caso di specie, la Cassazione rileva che il datore di lavoro aveva assolto il suo onere probatorio: dall´istruzione probatoria era emerso, infatti, che non esisteva nella contrattazione collettiva un profilo avente ad oggetto le mansioni di "pompista self" (essendo tale mansione svolta, all´occorrenza, dagli altri pompisti) e che le altre mansioni aperte all´interno di quel contesto lavorativo erano incompatibili con quelle dei pompisti, involgendo il settore del market.
Da ciò risultava pienamente legittimo il rifiuto del datore di lavoro di impiegare il lavoratore nella mansione, da lui richiesta, di pompista self in quanto tale mansione – non essendo un profilo professionale autonomo – avrebbe realizzato un adempimento solo parziale della prestazione lavorativa pattuita; in secondo luogo, sarebbe stato inesigibilepretendere che il datore procedesse a spostamenti di altri dipendenti, modificando la tipologia delle loro mansioni, in quanto tale scelta avrebbe determinato con alterazione dell´organigramma aziendale.
Nel percorso logico giuridico della Cassazione si nota il gran rilievo che viene attribuito - nel bilanciamento tra i vari interessi costituzionalmente protetti, quali quelli alla conservazione del lavoro (art. 4 Cost.) e quello alla libera iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) - all´interesse del datore di lavoro a non alterare l´organigramma aziendalepur di trovare una collocazione del lavoratore inidoneo: se è illegittimo il licenziamento qualora nell´ambito dell´organizzazione lavorativa ci siano altre posizioni alternative, anche di contenuto professionale inferiore accettate dall´interessato, cui adibire il dipendente in un´ottica di salvaguardia del suo posto di lavoro, costituisce , di contro, giustificato motivo oggettivo il licenziamento qualora la ricollocazione del lavoratore inabile sia del tutto incompatibile con gli interessi datoriali perché implica una nuova riorganizzazione dell´attività d´impresa.


Rosalia Ruggieri, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Bari, sede di Taranto, nell´anno 2010 e ha conseguito l´abilitazione alla professione forense nell´anno 2013. E´ iscritta all´Ordine degli Avvocati di Bari.
Ha già pubblicato su questo sito, i seguenti articoli: 1) Avvocati: va sanzionato chi aziona più procedure esecutive contro lo stesso debitore, 29 novembre 2017;
2) Furto dalle impalcature: Condominio non risponde se c´è il caso fortuito, 27 dicembre 2017;
3) Infortuni sul lavoro, quando sono indennizzabili: Cassazione ricostruisce sistema, 21 febbraio 2018;
4) Terapie senza consenso informato: Cassazione chiarisce quando è possibile il risarcimento, 21 marzo 2018;
5) SC: "Stress forzato del lavoratore dipendente deve essere risarcito". Recentissima sentenza chiarisce portata del danno da straining, 7 aprile 2018;
6) Obbligo banca informare su rischi investimenti, SC: "Se non accade, cliente può recedere dal contratto, pur se esperto", 11 aprile 2018.
7) Terapie senza consenso informato, SC chiarisce quando si può ottenere il risarcimento, 18 aprile 2018

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