Di Redazione su Martedì, 24 Ottobre 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Donazioni e liberalità indirette alla luce della recente giurisprudenza

Quando si deve individuare il rapporto sussistente tra contratto di donazione, liberalità indirette, donazioni miste e negozio gratuito atipico, il problema non si pone tanto per il contratto di donazione, che gode di una disciplina esaustiva, ma si pone, più che altro, in relazione agli atti diversi dalle donazioni che trovano un´espressa disciplina solo nell´art. 809 c.c. che chiude la parte relativa alle donazioni.
Gli atti diversi dalle donazioni, anche detti liberalità "indirette", rappresentano un fenomeno eterogeneo, difficilmente riconducibile ad unità.
Mentre il contratto di donazione è disciplinato dagli articoli 769 e seguenti del Codice Civile, le liberalità indirette sono disciplinate da una sola norma, l´art. 809 c.c., che sostanzialmente è una norma di rinvio con la quale il legislatore stabilisce che le liberalità indirette seguono le norme sostanziali previste per la donazione, ovvero le norme sulla revocazione, sulla riduzione e sulla collazione; ma, al contrario, non seguono le norme sulla forma.
I problemi che pongono le liberalità indirette sono, essenzialmente, due; il primo è capire quali sono le liberalità indirette e l´altro problema è qual è la disciplina applicabile al di là di quella espressamente richiamata dall´art. 809 cc..
Sul punto si contendono il campo una serie di ricostruzioni, tuttavia un dato indiscutibile è che le liberalità indirette si definiscono in negativo: sono quelle liberalità che non riproducono lo schema del contratto di donazione.
Dunque, per capire il perimetro applicativo delle liberalità indirette, è necessario capire cosa sono le donazioni tipiche.
Il contratto di donazione rientra nel genus degli atti gratuiti e si caratterizza per due elementi: il primo elemento è, naturalmente, l´elemento soggettivo, ovvero l´animus liberale. Quest´ultimo è definito come l´intento di attribuire un beneficio al donatario in via spontanea e volontaria e non deve essere ispirato da un interesse patrimoniale. Questa è la differenza con il contratto gratuito perché quest´ultimo ha un interesse patrimoniale sotteso.
Secondo elemento del contratto di donazione è rappresentato dall´arricchimento del donatario con sacrificio del donante.
Il contratto di donazione può essere, inoltre, immediatamente dispositivo ad effetti reali oppure a carattere obbligatorio.
Nel caso di donazione immediatamente dispositiva, il contratto, oltre all´elemento soggettivo e all´elemento oggettivo, presenta un altro elemento che ne informa la causa ed è rappresentato dalla necessità che il bene donato appartenga al donante. Tale definizione è stata resa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con riguardo al tema della donazione di beni altrui, con sentenza n. 5068 del 2016 ha ritenuto che la donazione di beni altrui immediatamente dispositiva sia nulla perché l´appartenenza del bene al donante informa la causa della donazione. Tale nullità non deriva, secondo la Corte, dall´applicazione dell´art. 771 cc. bensì dal combinato disposto dell´art. 769 unitamente al 1418 e 1425 cc.
Per la donazione ad effetti obbligatori, le stesse Sezioni Unite citate hanno evidenziato che la donazione ad efficacia obbligatoria di beni altrui è valida purchè ci sia l´espressa indicazione dell´altruità del bene: in altre parole, l´effetto traslativo non si potrà produrre prima dell´appartenenza del bene al donante.
In virtù di quanto detto, nella donazione l´accordo deve essere "forte", nel senso che, affinchè ci sia il trasferimento del bene, è necessario l´accordo tra donante e donatario. Ciò per diverse ragioni: innanzitutto perché la donazione è un negozio che sicuramente produce un beneficio a favore del donatario, ma spesso è un negozio gravido di oneri, pertanto è richiesta la volontà del donatario.
In secondo luogo, la donazione è un negozio "precario" perché soggetto a revocazione per ingratitudine dei figli, per sopravvenienza dei figli, per ingratitudine del donatario, a riduzione e a collazione; dunque, non si ha la certezza di conservare il beneficio.
In terzo luogo, si dice che la donazione è un negozio moralmente implicante in cui il donatario, accettando il beneficio, condivide moralmente gli obiettivi e le intenzioni del donante.
In sintesi, la donazione, nel panorama dei contratti, si presenta quale contratto che ha delle peculiarità uniche: è un contratto precario, con causa debole e moralmente implicante che può creare oneri a carico del donatario.
Proprio per sopperire alla debolezza della causa e per evitare atti dissennati del donante, il legislatore prevede per il contratto di donazione una forma "forte" (atto pubblico).
Al contrario, ciò non è previsto per le liberalità indirette che rappresentano una categoria eterogenea.
Uno dei pochi elementi che accomuna la donazione e le liberalità indirette è l´arricchimento senza corrispettivo voluto per spirito liberale.
Le liberalità indirette, poi, hanno un´ulteriore problematicità rispetto al contratto di donazione: esse si ispirano a quella che viene definita la "doppia qualificazione" o all´ "arricchimento causale minimo dell´atto". Ciò significa che per capire se un contratto è di donazione facciamo una mera opera di sussunzione del contratto nello schema tipico, mentre nelle liberalità indirette tale operazione non è così semplice perché non è previsto, dal Codice, lo schema tipico.
Quindi, per le liberalità indirette dobbiamo distinguere il mezzo, ovvero la struttura dell´atto, dal fine e procedere ad una prima qualificazione dell´atto nella sua essenza e struttura ( può essere un contratto di vendita, un mandato, un deposito ecc.) e, successivamente, ad una seconda qualificazione che guarda al fine: se l´operazione negoziale dà come risultato una liberalità, allora saremo di fronte ad una liberalità indiretta, cioè perseguita attraverso un contratto diverso dalla donazione.
In altri termini, la causa del contratto che si pone in essere muta struttura e diventa liberale.
Il fine perseguito attribuisce al negozio una natura che è diversa dalla struttura o, per meglio dire, nelle liberalità indirette il fine soverchia la struttura.
Gli atti che danno vita a liberalità indirette si dividono in almeno tre categorie; essi possono essere atti diversi dal contratto (negozi unilaterali), contratti singoli, più contratti collegati tra di loro e, secondo alcuni, anche i comportamenti.
Tra gli atti diversi dal contratto, che possono essere considerati come liberalità indirette, rientra l´adempimento del terzo che è un atto unilaterale caratterizzato dalla spontaneità.
Tuttavia, le Sezioni Unite nel 2010 hanno sottolineato che l´adempimento del terzo può essere una liberalità indiretta ma anche un atto a titolo gratuito; ciò dipende dalla causa che ispira l´atto: se esso è frutto di un´iniziativa meramente liberale, allora può essere considerato una liberalità indiretta; se, invece, è ispirato da un intento patrimoniale è un atto a titolo gratuito e quindi non si applica la disciplina prevista dall´art. 809 cc.
Un altro atto che può dar vita a liberalità indiretta è la rimessione del debito, ovvero un negozio unilaterale a causa neutra con cui il remittente rinuncia al proprio debito (credito) in favore del destinatario.
Molti inseriscono la remissione del debito negli atti diversi dal contratto come negozio unilaterale, però essa può essere intesa anche come contratto unilaterale perché prevede lo schema dell´art. 1333 c.c. laddove dà la possibilità al destinatario di rifiutare il beneficio.
Qualche dubbio sorge sulla remissione del debito in richiamo alla rinunzia. Le rinunzie meramente abdicative, che non comportano un effetto traslativo in favore del beneficiario, non producendo alcun effetto benefico, non possono essere annoverate tra le liberalità indirette; al contrario, le rinunzie che comportano un beneficio possono essere considerate liberalità, come ad esempio l´abbandono liberatorio del fondo nelle servitù.
Abbiamo detto che anche i singoli contratti possono manifestarsi quale liberalità indiretta se al suo interno emerge un intento liberale; si tratta di casi in cui il negozio, pur avendo una sua struttura e una sua causa, persegue un intento ulteriore e diverso da quello manifestato con la struttura dell´atto. All´interno di questa categoria viene spesso richiamato il negozio misto a donazione o la c.d. "donazione mista": è il caso in cui le parti stipulano un contratto in cui la struttura normalmente è una vendita, ma il corrispettivo è ampiamente e volutamente inferiore al valore della cosa per spirito di liberalità. Se manca tale spirito, però, il contratto posto in essere sarà un contratto poco conveniente, ma pur sempre un contratto di vendita. Normalmente in questo tipo di vendita, la giurisprudenza ritiene trovarsi di fronte ad una liberalità indiretta, ma non mancano casi in cui, se la vendita è fatta in relazione ad un corrispettivo meramente simbolico, in realtà non può essere considerata una vera e propria liberalità indiretta ma secondo parte della giurisprudenza saremo di fronte ad un contratto di vendita nullo.
Anche più contratti combinati tra di loro possono perseguire un fine liberale; è il caso in cui l´obiettivo della liberalità è perseguito secondo una pluralità di contratti collegati, tutti avvinti dall´intento liberale. In questo caso, l´effetto liberale, dell´arricchimento, non è un effetto diretto ma indiretto perché il risultato è raggiunto attraverso una serie di contratti collegati tra di loro: i singoli contratti perdono la loro autonomia per essere incorporati in un´unitaria operazione economica che assume una causa liberale diversa da quella dei singoli contratti che la compongono.
Ancora una volta la dimostrazione che il fine soverchia la struttura perché i singoli contratti combinati tra loro per un obiettivo comune possono dar vita ad una liberalità indiretta, come accade nell´intestazione di beni a nome altrui. Può accadere, infatti, che il genitore doni una somma di denaro al figlio per l´acquisto di un immobile oppure che il genitore intesti direttamente il bene a nome del figlio. La giurisprudenza delle Sezioni Unite, tempo fa, ha definito questa fattispecie come donazione indiretta del bene, evidenziando la struttura della fattispecie in cui il fine supera la struttura stessa.
Infine, anche i meri comportamenti, secondo alcuni, possono dar vita a liberalità indirette: i casi sono la semina, la piantagione e l´edificazione su suolo altrui. Tuttavia, non è pacifico che tali situazioni rientrino nelle liberalità indirette, pertanto la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite. Il caso specifico è quello in cui un soggetto costruisca un bene su un fondo altrui con l´intento di non reclamare l´indennizzo così ponendo in essere un mero comportamento che certamente non può essere qualificato come donazione perché è incompatibile con la forma forte richiesta dal contratto.
Sul punto, comunque, si contendono il campo due ricostruzioni: la prima, secondo cui le liberalità indirette non possono mai essere caratterizzate da atti non negoziali perché quando l´art. 809 c.c. parla di atti diversi dalla donazione non può che riferirsi, quantomeno, ad atti negoziali, quindi, il semplice comportamento non può dar vita ad una liberalità indiretta. Secondo questa ricostruzione, non è il comportamento in sé a dar vita ad un effetto liberale ma lo stesso donante attraverso il negozio di rinunzia dell´indennità dovuta.
La seconda ricostruzione, invece, ritiene che anche i comportamenti possano dar vita a liberalità indirette, ma rimane un orientamento assolutamente minoritario.
Una volta individuati i tipi di liberalità indirette, per quanto riguarda la disciplina ad esse applicabile, fermo restando l´art. 809 c.c. , con riguardo alla disciplina sostanziale possiamo dire che se la liberalità è indiretta si deve seguire, secondo la Cassazione, la disciplina più vicina al tipo e quindi quella relativa alla donazione.
Pertanto, si ritengono applicabili alle liberalità indirette, le norme sull´incapacità di donare e di ricevere donazioni, quelle relative agli alimenti (art. 433 cc), ai beni futuri (art. 771 cc), all´errore sul motivo, al motivo illecito e all´azione revocatoria.
L´attuale attenzione verso le donazioni e le liberalità indirette si è accesa per delle operazioni bancarie con cui il disponente ordinava alla banca di effettuare un giroconto in favore del beneficiario. Ci si chiede se tale operazione possa essere qualificata quale donazione o liberalità indiretta.
Si deve partire dal dato che la donazione diretta è solo quella tra donante e donatario fatta con un solo contratto; tutti gli altri metodi, come abbiamo visto, sono, invece, liberalità indirette.
Nel caso specifico, abbiamo un´operazione con tre soggetti, un disponente, una banca e un beneficiario e sulla base di questo, un orientamento riteneva che si trattasse di una liberalità indiretta perché si ha l´arricchimento di un soggetto attraverso una modalità differente da quella del contratto di donazione e in cui un ruolo centrale è rivestito dall´intermediario finanziario.
La Corte di Cassazione, invece, con una recentissima pronuncia, ritiene che quest´operazione di giroconto è una donazione diretta ad esecuzione indiretta, perché è pur vero che interviene la banca, tuttavia tale intervento non è decisivo. Il ruolo della banca è trascurabile perché essa è obbligata ad effettuare l´operazione di giroconto in base al contratto stipulato con il correntista, pertanto assume un mero ruolo di intermediazione che non incide sull´aspetto strutturale della donazione, ma sull´aspetto meramente esecutivo.
In sintesi, l´operazione si configura come una donazione diretta da effettuarsi con atto pubblico, ma ad esecuzione indiretta perché è necessario l´intervento della banca.
Inoltre, la Corte ritiene che siano dirette tutte le donazioni effettuate mediante titoli di credito, assegni circolari, assegni bancari e titoli al portatore in quanto sono tutti casi in cui il titolo non è altro che una consegna immediata di denaro e, anche qui, la banca non ha nient´altro che un ruolo di intermediazione.
Avv. Rosaria Panariello

Rosaria Panariello, autrice di questo articolo si è diplomata presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali dell´Università di Salerno e precedentemente ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza con tesi in diritto fallimentare.
Da un punto di vista professionale, ha svolto la pratica forense.
Successivamente ha lavorato presso l´ufficio Avvocatura del Comune di Scafati.
Dopo aver conseguito l´abilitazione di avvocato, si è dedicata alla professione legale in maniera autonoma ed indipendente, continuando anche a studiare per il concorso in Magistratura.