Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione I Civile, con la sentenza n. 12259/16, depositata il 14 giugno.
I Supremi Giudici pronunciandosi in un caso di adottabilità di minore, rigettano il ricorso presentato dal padre ritenendo sussistente uno stato di abbandono non superabile alla luce del totale disinteresse dei genitori e dei nonni nei confronti del bimbo.
La decisione di rigetto della Suprema Corte appare del tutto coerente con la giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento dello stato di abbandono e della sua non superabilità in tempi compatibili con le necessità di cura e di crescita del minore.
Il minore ha il diritto, tutelato dal diritto sovranazionale e, nel nostro ordinamento, dall´art. 1 della legge 4 maggio 1983 n. 184, di crescere nell´ambito della propria famiglia d´origine, che va considerata l´ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico. Pertanto il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare, qualora si manifestino situazioni di grave carenza del ruolo genitoriale, se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere le situazioni di difficoltà o disagio che possono ledere gravemente lo sviluppo del minore. Tuttavia, laddove risulti impossibile, come nel caso "de quo", quand´anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l´accertamento dello stato di abbandono
Infatti il diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia di origine incontra i suoi limiti là dove questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, né di assicurare l´obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, con conseguente configurabilità dello stato di abbandono, il quale non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l´ambiente domestico sia in grado di garantire un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità del minore, senza che, in particolare, la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla di lui assistenza possa prescindere dalla considerazione della loro pregressa condotta, come evidenziato dall´art. 12 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che espressamente richiede il mantenimento di rapporti significativi con il minore.
Alla luce delle considerazioni su svolte la Suprema Corte si è pronunciata in definitiva con una sentenza di rigetto.
I Supremi Giudici pronunciandosi in un caso di adottabilità di minore, rigettano il ricorso presentato dal padre ritenendo sussistente uno stato di abbandono non superabile alla luce del totale disinteresse dei genitori e dei nonni nei confronti del bimbo.
La decisione di rigetto della Suprema Corte appare del tutto coerente con la giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento dello stato di abbandono e della sua non superabilità in tempi compatibili con le necessità di cura e di crescita del minore.
Il minore ha il diritto, tutelato dal diritto sovranazionale e, nel nostro ordinamento, dall´art. 1 della legge 4 maggio 1983 n. 184, di crescere nell´ambito della propria famiglia d´origine, che va considerata l´ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico. Pertanto il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare, qualora si manifestino situazioni di grave carenza del ruolo genitoriale, se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere le situazioni di difficoltà o disagio che possono ledere gravemente lo sviluppo del minore. Tuttavia, laddove risulti impossibile, come nel caso "de quo", quand´anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l´accertamento dello stato di abbandono
Infatti il diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia di origine incontra i suoi limiti là dove questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, né di assicurare l´obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, con conseguente configurabilità dello stato di abbandono, il quale non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l´ambiente domestico sia in grado di garantire un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità del minore, senza che, in particolare, la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla di lui assistenza possa prescindere dalla considerazione della loro pregressa condotta, come evidenziato dall´art. 12 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che espressamente richiede il mantenimento di rapporti significativi con il minore.
Alla luce delle considerazioni su svolte la Suprema Corte si è pronunciata in definitiva con una sentenza di rigetto.
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