Di Redazione su Venerdì, 26 Gennaio 2018
Categoria: Giurisprudenza Comunitaria

Corte di Giustizia su ex specializzandi: dal 1982 diritto pieno ad adeguata remunerazione

Gli ex specializzandi, a prescindere da ogni altra questione ed anche dal recepimento, nel proprio paese, Italia compresa, dei principi comunitari, hanno un diritto pieno ad essere «adeguatamente remunerati».
lo ha messo nero su bianco con una sentenza certamente risolutiva di una questione annosa e a lungo contrastata, la Corte di Giustizia, che, investita della questione a seguito di un giudizio intrapreso da alcuni medici ex specializzandi nel università di Palermo giunto in Cassazione, ha affermato il principio in incipit per tutti i medici ex specializzandi a partire dal 1982, anno dellam emanazione della prima direttiva Ue in materia.
Come riportato dal Sole 24 Ore, l´obbligo sorge «immediatamente», a prescindere dal suo recepimento nella normativa nazionale, e deve «essere quantificato dal giudice nazionale» e, qualora ciò non fosse possibile, c´è il diritto al risarcimento del danno di ogni singolo medico con l´equiparazione della retribuzione dovuta.
Finora ben 93mila specialisti si sono rivolti ai tribunali, sui potenziali 180mila, cifra che somma i 157mila medici che si sono specializzati tra il 1983 e il 2006 e i 20mila che si sono immatricolati prima del 1983, anche questi riammessi ai rimborsi da una sentenza della Cassazione (la 17434/2015) che ha confermato che il bacino dei potenziali ricorrenti si estende anche a tutti quelli che hanno iniziato un corso di specializzazione dal 1978.
La questione devoluta alla Corte e la decisione.
La sentenza della Corte di Giustizia europea emanata il 24 gennaio 2018 trae spunto, come riportato in apertura, da un gruppo di cause proposte una quindicina di anni fa.
Tra il 2001 e il 2003, riporta il quotidiano di Confindustria, alcuni medici si erano rivolti al Tribunale di Palermo chiedendo la condanna dell´Università degli Studi di Palermo e dello Stato italiano al pagamento di una remunerazione appropriata per i corsi di specializzazione da loro seguiti tra il 1982 e il 1990, o quantomeno al risarcimento dei danni per la mancata trasposizione della direttiva.
Quei medici - ricorda una nota della Corte Ue - hanno perso la causa in primo grado. Nel 2012, invece, la Corte di appello di Palermo ha condannato lo Stato italiano a pagare a ciascuno di loro un risarcimento per la mancata remunerazione durante la specialità. La Corte di Cassazione, adita dallo Stato italiano, che ha impugnato la sentenza d´appello, ha sospeso il procedimento e si è rivolta, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia europea chiedendo di interpretare la direttiva. Con la sentenza C-616/16 e C-617/16 la Corte ha affermato, innanzitutto, che la direttiva si applica a tutti i corsi di formazione specialistica, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati a partire dal 1982, anno di emanazione della direttiva stessa. Tali formazioni specialistiche, quindi, devono essere adeguatamente remunerate, a condizione che si tratti di una specialità comune a tutti gli Stati membri oppure comune a due o più Stati membri e menzionata dalla direttiva sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio. In secondo luogo, la Corte ha stabilito, inoltre, che l´obbligo di remunerazione sorge immediatamente con la direttiva, a prescindere dal suo recepimento nel diritto nazionale. Quindi se, come è accaduto in Italia, mancano le norme interne di trasposizione, la quantificazione della remunerazione agli specializzandi va effettuata dal giudice mediante l´interpretazione di altre norme del diritto nazionale. Se ciò non è possibile, e sarà il giudice nazionale a stabilirlo, allora il mancato recepimento della direttiva deve essere considerato come un inadempimento dello Stato, che comporta a suo carico l´obbligo di risarcire i singoli soggetti danneggiati. Il risarcimento dovrebbe essere quantomeno pari alla remunerazione prevista dalla successiva normativa di trasposizione della direttiva, fatta salva la possibilità per i medici interessati di provare danni ulteriori per non avere potuto beneficiare della remunerazione nei giusti tempi.
La Corte ha anche, tuttavia, precisato che, per i medici che abbiano seguito, a tempo pieno o a tempo ridotto, dei corsi di specializzazione " a cavallo" del 31 dicembre 1982, il diritto alla retribuzione sorge solo a partire dal giorno successivo a tale data, quindi dal 1° gennaio 1983. La stessa direttiva, infatti, aveva , infatti, previsto che, sino al 31 dicembre 1982, gli Stati membri avessero il tempo di adeguarsi. A questo punto lo Stato italiano, che ha già pagato circa 600 milioni ai medici ricorrenti, rischia un esborso di più di cinque miliardi di euro essendo oltre 100 mila i medici che hanno già avanzato ricorso, su una platea di circa 160 mila specialisti che non hanno ricevuto il corretto trattamento economico durante la scuola di specializzazione frequentata fra il 1983 e il 2006".