Di Alberto Pezzini su Domenica, 24 Settembre 2017
Categoria: Alberto Pezzini: scaglie di ingiustizia

Chi zittisce un Avvocato non può fare il Giudice, andrebbe rimosso subito

La situazione la conoscete tutti.
Il Dott. Carlo Ancona, Presidente del Tribunale del Riesame di Trento ha detto all´avvocato Stefano Giordano, palermitano, in udienza: "Avvocato, lei taccia, perché qua siamo in un posto civile, non siamo a Palermo".
 
Il Giudice, dopo l´incidente, ha ammesso di avere pronunciato la frase ma senza volere assolutamente offendere la città di Palermo.
Ha spiegato che il suo intento era semmai quello di zittire l´avvocato: "Diciamo - ha detto al quotidiano Il Dolomiti - che il comportamento scorretto dell´avvocato mi ha fatto uscire questa frase."
 
Ha infatti aggiunto che i toni dell´avvocato palermitano erano non consoni a quelli asburgici a cui invece è avvezzo.
L´avvocato Stefano Giordano ha fatto fatica a far verbalizzare una frase del genere e non è riuscito a farsi consegnare copia del verbale dalla cancelleria del Riesame.
 
Il COA di Trento è intervenuto sul fatto esprimendosi così per bocca del suo presidente Andrea De Bertolini: "Quanto accaduto, per come appreso, è un episodio infelice che, ritengo, possa essere stato l´esito di tensioni quali quelle che a volte le udienze penali possono generare; interessa un magistrato del quale, peraltro, il Foro ha sempre riconosciuto la grande preparazione e la dedizione al lavoro".
 
Ora.
Vi spiego perchè sto con i terroni e non con gli avvocati asburgici.
Credo che il Dottor Ancona debba leggersi prima di tutto la Storia dei Mussulmani in Sicilia di Michele Amari.
E´ un testo pressochè introvabile oggi ma lo si può acquistare on line, credo.
La casa editrice è Le Monnier e vale la pena ricordare che la prima edizione uscì in tre volumi dal 1852 al 1874 rappresentando uno dei monumenti più insigni della storiografia europea dell´800.
 
La narrazione si snoda dalla Sicilia bizantina alla nascita della potenza araba, dalla conquista musulmana all´impresa normanna e abbraccia secoli di storia "civile".
Quando avrà letto quest´opera monumentale ma scritta con il piglio classico di uno storico di razza, ci rivediamo.
 
L´insulto razzista, che ci crediate o meno, mi interessa di meno.
Quello che mi indigna è invece l´abuso del potere di un magistrato usato per impedire ad un avvocato di esercitare il suo mestiere che è – non dimentichiamolo mai – difendere e basta.
 
I giudici che impediscono agli avvocati di parlare in udienza (avvocato ma abbiamo già letto, ha qualcosa da aggiungere altrimenti lasci perdere e tante altre espressioni semeioticamente indicatve e a tutti tristemente note), addirittura arrivando al punto di negargli verbalmente lo jus loquendi, non possono fare i giudici.
Non c´è altro da dire, vanno rimossi all´istante.
 
Il giudice deve garantire il funzionamento esatto del meccanismo triadico che si compone di un´accusa, una difesa e un giudice.
Se la punta del meccanismo non funziona perchè non si consente alle basi di operare, salta tutto il sistema e noi non serviamo a un tubo.
Non c´è altro da dire.
In secondo luogo va detto che il comunicato degli avvocati di Trento mi ha lasciato allucinato.
Ma ci siamo, o colleghi ?
Un giudice impedisce ad un avvocato di un altro foro di parlare e voi esprimete solidarietà al magistrato attribuendo l´incidente e la sua paternità alla tensione tipica delle aule penali ?
 
E´ vero che per tranciare giudizi assennati e precisi bisogna aver vissuto in prima persona una situazione ma noi non siamo i vassalli dei giudici e so riconoscere un avvocato da come si comporta.
 
Almeno questo credo di avere imparato dopo vent´anni di aule.
A voi, colleghi di Trento, riservo le parole del nostro collega Salvatore del Giudice che – come dice il nome non è asburgico di ascendenza – ma a cui va senz´altro più di voi la mia simpatia umana e soprattutto professionale: "Cari colleghi, con tutto il rispetto, se difendete i vostri assistiti, come avete difeso Stefano, mi sa che dovete cambiare mestiere.
Con ogni osservanza".