Di Redazione su Martedì, 06 Marzo 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Cassazione: salvare la vita ad un cane non esime dal rispetto del CdS. Medico condannato: "Non sussiste stato necessità"

Una pronuncia che sta già facendo discutere e che, tendenzialmente, non piace, soprattutto alle associazioni animaliste. È quella resa dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 4834/18, sez. VI Civile, depositata il 1° marzo. Il principio cheè stato affermato con questa pronuncia è semplice: lo stato di necessità che, sulla base delle norme del nostro ordinamento, può giustificare comportamenti lesivi di altre norme, a partire da quelle del Codice della strada, Non può essere quello di salvare un animale dal rischio morte. Nella fattispecie, infatti, cassando, su ricorso del ministero, la sentenza di merito che aveva affermato l´opposto principio, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il soccorritore, nella specie il medico veterinario, che, precipitandosi per prestare soccorso ad un cane in gravissime condizioni, aveva violato, alla guida della propria auto, diverse norme del Codice della strada, fosse tenuto a pagare le sanzioni comminategli, non ricorrendo, o non potendosi comunque validamente configurare, alcuna esimente.
Certo, l´elenco delle infrazioni era non da poco: sorpasso di autovetture ferme a un semaforo rosso, invasione dell´opposta corsia di marcia e velocità pericolosa in centro abitato. Ma la ragione che aveva portato il medico a commettere tutte queste infrazioni non era certo uno statodi ubriachezza ma era stato causato dalla necessità di provvedere a delle cure urgenti su di un cane "affetto da osteosarcoma in fase terminale".
Nella fase di merito, tale comportamento era stato ritenuto meritevole di tutela da parte dei Giudici: "nel concetto di stato di necessità ai sensi dell´art. 54 c.p. è inclusa ogni altra situazione che induca all´uccisione o al danneggiamento dell´animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l´aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai beni, quando tale danno l´agente ritenga altrimenti inevitabile, e che un cane (in disparte il rispetto per la sua vita) è sicuramente un bene patrimoniale". così, essi avevano stabilito.
Ma la pronuncia viene gravata da un ricorso in Cassazione ad opera del ministero e della prefettura, e i giudici di legittimità si esprimono in maniera completamente diversa. Il tribunale, scrivono, "ha erroneamente supposto di applicare il principio desumibile da Cass. penale n. 25526/09, mentre, in realtà, tale sentenza ha applicato l´esimente non dell´art. 54 c.p. (stato di necessità) ma dell´art. 52 c.p. (legittima difesa) in relazione all´uccisione, in periodo di divieto di caccia, di una volpe che si era altre volte introdotta nel pollaio in proprietà all´imputato, facendo razzia di polli e galline, e aggredendo la moglie dello stesso".
Inoltre, il dovere deontologico-professionale "di prestare le cure richieste non autorizza il veterinario a violare le norme sulla circolazione stradale".
Morale: nessuno stato di necessità può essere invocato per salvare un animale, neppure quando lo stesso, come nella fattispecie accertato dagli stessi agenti i quali avevano accompagnato il medico veterinario a destinazione,sia a rischio decesso. una pronuncia che, per molti, non è affatto condivisibile.