La responsabilità aggravata per abuso del diritto. La sentenza della Terza Sezione n. 6533/2016.
I Fatti sono semplici.
Una banca ottiene decreto ingiuntivo in danno di Tizio e iscrive ipoteca giudiziale per 150 milioni di (vecchie) lire sull´intero patrimonio immobiliare del debitore. Tizio si oppone al decreto ingiuntivo e fa anche domanda per danni ex art. 96 c.p.c.: l´opposizione viene accolta, la domanda per danni no. Tizio ricorre in appello e infine in Cassazione e la cassazione gli da ragione.
In particolare il privato cittadino chiede alla Cassazione per quale motivo non si potesse applicare l´art. 96 c.2 cpc – che prevede ipotesi di responsabilità processuale aggravata - in presenza di credito inesistente e per una condotta non prudente del creditore che sceglieva di iscrivere ipoteca per un importo eccessivo rispetto al credito (in origine) vantato, così da generare un abuso nell´esercizio della garanzia patrimoniale.
La Cassazione con la sentenza della Terza Sezione civile, n. 6533 del 05/04/2016 supera la posizione tradizionale (che avrebbe portato al rigetto del ricorso) tramite una reinterpretazione degli art. 2740, 2828 e 2877 c.c. in relazione all´art.96, c2 cpc.
Fondamentali al riguardo sono i postulati derivanti dall´art.111 Cost.(giusto processo) sulle suddette norme da cui deriva una nuova applicazione dell´art.96 nel senso di limitare gli abusi realizzati all´interno del processo. In questo contesto la Suprema Corte richiama la decisone delle Sezioni unite del 2007 n. 23762 che dopo aver riconosciuto l’ingresso nell’ordinamento del principio del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso ex art. 111 cost. vieta l’abuso da esercizio del diritto in forma eccessiva o deviata.
Forte di tali principi la Suprema Corte riscrive l’ambito di applicazione dell’art. 96 cpc. affermando che la norma prevede una responsabilità aggravata per atti e comportamenti tenuti all’interno del processo. Condotte che in realtà generano un illecito processuale da abuso del diritto di agire o di resistere, speciale rispetto alla responsabilità aquiliana e connotata da un’indagine svolta direttamente dal giudice.
Calando tali postulati nel caso di specie la Corte ritiene che il creditore - in tal caso una Banca - che iscrive ipoteca per un valore superiore ad un terzo del credito vantato (artt. 2875 2876) pone in essere una condotta abusiva che gli consente di ottenere una tutela rafforzata e, in tal caso, non potrà assumere valore dirimente nemmeno la possibilità prevista dal codice di formulare un accordo di riduzione del valore dell’ipoteca fra le parti.
Questo il principio affermato: “nell´ipotesi in cui risulti accertata l´inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all´iscrizione dell´ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la resp. ex art. 96, 2c cpc, quando non ha usato la normale diligenza nell´iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati dalla legge (2875 e 2876 cc) così ponendo in essere, mediante l´eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore”.
Paolo Pittori
Fonte: Quotidiano della p.a.
I Fatti sono semplici.
Una banca ottiene decreto ingiuntivo in danno di Tizio e iscrive ipoteca giudiziale per 150 milioni di (vecchie) lire sull´intero patrimonio immobiliare del debitore. Tizio si oppone al decreto ingiuntivo e fa anche domanda per danni ex art. 96 c.p.c.: l´opposizione viene accolta, la domanda per danni no. Tizio ricorre in appello e infine in Cassazione e la cassazione gli da ragione.
In particolare il privato cittadino chiede alla Cassazione per quale motivo non si potesse applicare l´art. 96 c.2 cpc – che prevede ipotesi di responsabilità processuale aggravata - in presenza di credito inesistente e per una condotta non prudente del creditore che sceglieva di iscrivere ipoteca per un importo eccessivo rispetto al credito (in origine) vantato, così da generare un abuso nell´esercizio della garanzia patrimoniale.
La Cassazione con la sentenza della Terza Sezione civile, n. 6533 del 05/04/2016 supera la posizione tradizionale (che avrebbe portato al rigetto del ricorso) tramite una reinterpretazione degli art. 2740, 2828 e 2877 c.c. in relazione all´art.96, c2 cpc.
Fondamentali al riguardo sono i postulati derivanti dall´art.111 Cost.(giusto processo) sulle suddette norme da cui deriva una nuova applicazione dell´art.96 nel senso di limitare gli abusi realizzati all´interno del processo. In questo contesto la Suprema Corte richiama la decisone delle Sezioni unite del 2007 n. 23762 che dopo aver riconosciuto l’ingresso nell’ordinamento del principio del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso ex art. 111 cost. vieta l’abuso da esercizio del diritto in forma eccessiva o deviata.
Forte di tali principi la Suprema Corte riscrive l’ambito di applicazione dell’art. 96 cpc. affermando che la norma prevede una responsabilità aggravata per atti e comportamenti tenuti all’interno del processo. Condotte che in realtà generano un illecito processuale da abuso del diritto di agire o di resistere, speciale rispetto alla responsabilità aquiliana e connotata da un’indagine svolta direttamente dal giudice.
Calando tali postulati nel caso di specie la Corte ritiene che il creditore - in tal caso una Banca - che iscrive ipoteca per un valore superiore ad un terzo del credito vantato (artt. 2875 2876) pone in essere una condotta abusiva che gli consente di ottenere una tutela rafforzata e, in tal caso, non potrà assumere valore dirimente nemmeno la possibilità prevista dal codice di formulare un accordo di riduzione del valore dell’ipoteca fra le parti.
Questo il principio affermato: “nell´ipotesi in cui risulti accertata l´inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all´iscrizione dell´ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la resp. ex art. 96, 2c cpc, quando non ha usato la normale diligenza nell´iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati dalla legge (2875 e 2876 cc) così ponendo in essere, mediante l´eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore”.
Paolo Pittori
Fonte: Quotidiano della p.a.