Di Redazione su Mercoledì, 12 Luglio 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Cassazione: Giudice tenuto a motivare la liquidazione di compensi sottosoglia

Lo ha stabilito la Cassazione Civile, sez. VI-3, con ordinanza 06/06/2017 n° 14038. Pubblichiamo il commento di Carmine Lattarulo apparso su Altalex il 12 luglio 2017

Il giudice deve motivare la liquidazione di bassi compensi: ha l´onere di dare adeguata motivazione dell´eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l´accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe.

E´ quanto ha stabilito la Cassazione Civile, Sez. VI, con l´ordinanza 6 giugno 2017, n. 14038.

Il fatto
Un avvocato ricorreva in Cassazione contro una sentenza di appello del Tribunale che aveva liquidato i suoi compensi al di sotto dei minimi.

La decisione
Il Collegio premette che i nuovi parametri devono applicarsi ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista di cui all´art. 2233 cod. civ. che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l´accezione omnicomprensiva di "compenso" (principio già affermato con arresti Cass. Civ. Sez. III 21 giugno 2016, n. 12741; Cass. Civ. Sez. Unite 12 ottobre 2012, n. 17405 e n. 17406).

Ribadisce ulteriore principio risalente, secondo il quale il giudice non può liquidare compensi in misura inferiore a quelli indicati dalla legge, ma ha l´onere di dare adeguata motivazione dell´eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l´accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe.

D´altro canto, l´onere dell´appellante è quello di fornire al giudice d´appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando specificamente importi e singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, che può essere assolto anche con nota spese (Cass. n. 21791/2015 e Cass. n. 2339/2017).

Riassumendo, ed in estrema sintesi, anche tenendo conto i precedenti arresti giurisprudenziali, il giudice ha l´onere di indicare dettagliatamente le singole voci che riduce, perché chieste in misura eccessiva, o elimina, perché non dovute (Cass. Civ. Sez. VI 6 giugno 2017, n. 14038; Cass. Civ. Sez. 10 novembre 2015, n. 22883; Cass. Civ. Sez. I 17 settembre 2015, n. 18238, Cass. Civ. Sez. Lav. 24 febbraio 2009, n. 4404; Cass. Civ. Sez. III 08 febbraio 2007, n. 2748), al contrario, per i parametri medi, il giudice non incontra particolari obblighi di motivazione (Cass. Civ. Sez. II 30 giugno 2015, n. 13400; Cass. Civ. Sez. Lav. 23 giugno 1997, n. 5607; Cass. Civ. Sez. I 19 ottobre 1993, n. 10350) che invece sussistono allorquando liquida parametri diversi (Cass. Civ. Sez. 10 novembre 2015, n. 22883; Cass. Civ. Sez. I 17 settembre 2015, n. 18238; Cass. Pen. Sez. V 8 luglio 2014, n. 29934).

Comune denominatore per l´interprete è quello di attenersi ai criteri medi: non sarà un caso che il legislatore abbia ripetuto nel dm 55/2014 ben venticinque volte il termine "di regola": art. 2, comma II; art. 4 comma I (tre volte); art. 4 comma II; art. 4 comma III; art. 4 comma IV; art. 4 comma VI; art. 5 comma I (viene usato il termine "di norma"); art. 5 comma VI; art. 6 comma I; art. 8 comma II; art. 9 comma I; art. 10 comma I; art. 10 comma II; art. 11 comma I; art. 12 comma I, art. 12 comma II, art. 15 comma I; art. 17 comma I; art. 19 comma I; art. 21 comma VII; art. 22 comma I; art. 24 comma I; art. 26 comma I.

(Altalex, 12 luglio 2017. Nota di Carmine Lattarulo)

dato attuazione al citato art. 9);

che, pertanto, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, devono applicarsi ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorchè tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l´accezione omnicomprensiva di "compenso" la nozione di un corrispettivo unitario per l´opera complessivamente prestata (Cass., S.U., n. n. 17405/2012);

che, quindi, ha errato il Tribunale ad escludere l´applicabilità delle tariffe professionali di avvocato, di cui al D.M. n. 127 del 2004, in riferimento a prestazione conclusasi prima dell´entrata in vigore del D.M. n. 120 del 2012 (essendo la sentenza del Giudice di pace del gennaio/febbraio 2012);

che è manifestamente fondato anche il primo motivo;

che va premesso, anzitutto, che (contrariamente a quanto dedotto dalla parte controricorrente e dalla stessa ribadito con la memoria successivamente depositata) risulta idoneamente e specificamente censurata la ratio decidendi concernente la ritenuta applicazione, da parte del giudice di appello, del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 60; ratio che si palesa erronea, in quanto la doglianza mossa con il gravame riguardava la liquidazione dei diritti di avvocato, mentre detta norma si riferisce agli onorari, consentendo soltanto in riferimento a quest´ultimi una liquidazione al di sotto dei minimi ove la causa sia di "facile trattazione" (tra le altre, Cass. n. 3961/2016);

che, tanto premesso, va rammentato che, in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l´onere di dare adeguata motivazione dell´eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l´accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all´inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24 (Cass. n. 21791/2015);

che, pertanto, quando la sentenza di primo grado sia censurata con riguardo alle spese di giudizio, sotto il profilo della violazione dei minimi della tariffa professionale, l´onere dell´appellante di fornire al giudice d´appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando specificamente importi e singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, può essere assolto anche con nota allegata all´atto di appello, e in questo richiamata (Cass. n. 21791/2015 e Cass. n. 2339/2017);

che ha, quindi, errato il Tribunale, in presenza di nota spese allegata all´atto di appello e a fronte di censura riguardante la liquidazione dei diritti di avvocato operata in modo globale da parte del primo giudice, a ritenere generica la doglianza;

che il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, che, nell´esaminare l´appello dell´ A. sulla liquidazione dei diritti di avvocato effettuata dal primo giudice si atterrà ai principi sopra enunciati;

che il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017.
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