Di Rosalia Ruggieri su Sabato, 13 Luglio 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Aumento del canone locatizio, SC: “Se il conduttore rifiuta e lascia l’immobile, gli spetta l’indennità di avviamento commerciale”

Con la sentenza n. 18069 depositata lo scorso 5 luglio, la III sezione civile della Corte di Cassazione, ha accolto domanda di un conduttore che, rifiutata la proposta di proseguire il rapporto locatizio per la maggiorazione dei canoni che i proprietari dell'immobile avevano richiesto nel corso del rapporto, rivendicava il diritto di ottenere dell'indennità di avviamento commerciale, precisando che " sussiste il pieno il diritto del conduttore, in presenza degli altri presupposti, di ottenere l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, ove il conduttore rifiuti la proposta di prosecuzione alle diverse condizioni formulate ".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda proposta da una ditta volta ad ottenere, dai locatori dell'immobile ove esercitava l'attività commerciale, il pagamento in proprio favore dell'indennità di avviamento commerciale.

La ditta deduceva di non essere stata in grado di proseguire il rapporto locatizio per la maggiorazione dei canoni che i proprietari dell'immobile avevano richiesto nel corso del rapporto, allorquando – a pochi mesi dalla scadenza contrattuale – avevano inviato una missiva contenente la seguente locuzione: "La locazione non potrà proseguire alle condizioni attualmente vigenti".

Il Tribunale di Salerno rigettava la domanda rilevando come l'interruzione del rapporto era ascrivibile a scelta unilaterale della conduttrice, per la manifestata indisponibilità a sostenere il richiesto aumento del canone di locazione. 

La Corte d'appello di Salerno, in accoglimento del gravame presentato dalla ditta, accoglieva la domanda da quest'ultima proposta volta ad ottenere il pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale e la restituzione del deposito cauzionale.

A sostegno della propria decisione, i giudici di secondo grado rilevavano come la missiva inviata andava intesa quale disdetta dei contratti, con contestuale manifestazione di volontà da parte dei locatori di stipularne dei nuovi, a diverse condizioni.

Ricorrendo in Cassazione, i locatori censuravano la decisione, ribadendo come, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, l'interruzione del rapporto contrattuale era da ascriversi alla sola decisione della conduttrice, dal momento che i locatori non avevano mai manifestato l'intento di non proseguire il rapporto, essendosi limitati a comunicare che, alla successiva scadenza contrattuale, occorreva adeguare il canone di locazione, fermo da molti anni e non più rispondente al mutato mercato immobiliare. Quella missiva aveva, quindi, il sol fine di avviare le trattative aventi ad oggetto esclusivamente l'aumento del canone, sicché la conduttrice aveva deciso di lasciare spontaneamente l'immobile, così dando luogo ad una risoluzione della locazione per mutuo consenso.

La Cassazione non condivide le difese formulate dai ricorrenti.

Gli Ermellini precisano che l'offerta del locatore di un nuovo contratto per la prosecuzione del rapporto di locazione riveste la specifica funzione di impedire la rinnovazione del contratto in corso 

In relazione al caso di specie, legittimo è stato, quindi, il rilascio dell'immobile da parte del conduttore, in quanto, vertendosi in tema di nuova proposta contrattuale, quel rilascio non poteva essere ricondotto alla volontà del conduttore in ordine alla cessazione del rapporto o al mutuo consenso delle parti.

Ne deriva che, avendo il conduttore rifiutato la proposta di prosecuzione alle diverse condizioni formulate, sussiste il suo pieno diritto, in presenza degli altri presupposti, di ottenere l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale: l'indennità non spetta, infatti, solo quando la cessazione del rapporto sia dovuta all'iniziativa del conduttore ovvero alla sua partecipazione ad una convenzione risolutoria ( quale, ad esempio, uno scioglimento per mutuo consenso ex art. 1372, primo comma, c.c.), mentre è assolutamente irrilevante la circostanza che il conduttore abbia rilasciato l'immobile senza contestazioni in sede giudiziale o stragiudiziale, prestando adesione, espressa o tacita, alla richiesta del locatore, poiché, in tal caso, la genesi della cessazione del rapporto si identifica pur sempre nella condotta del locatore, che abbia manifestato la volontà di porre termine alla locazione.

Da ultimo la Corte ricorda come l'accertamento, sia pure di carattere presuntivo, della sussistenza di un rapporto di causa ed effetto tra iniziativa del locatore e rilascio da parte del conduttore costituisce una mera quaestio facti, insuscettibile di sindacato in sede di legittimità.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso, condannando i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. 

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