Il caso affrontato dal Consiglio di Stato nella sentenza del 19 febbraio 2016 n. 690.
Un maresciallo dei Vigili Urbani di un Comune campano aveva subito la revoca del porto d’armi a causa di alcune vicende giudiziarie, poi conclusesi favorevolmente.
Essendo stato assolto con sentenza penale passata in giudicato dai fatti contestatigli ha chiesto al Sindaco l´assegnazione in via continuativa dell´arma.
Il Sindaco, a fronte di tale istanza, ha ritenuto opportuno chiedere alla Prefettura indicazioni in merito: la Prefettura, tuttavia, non ha fornito alcun riscontro alla predetta richiesta.
Al fine di sbloccare la situazione di impasse venutasi a creare, l´appellante ha quindi ritenuto opportuno richiedere direttamente alla Prefettura la revoca del divieto di detenzione di armi disposto nel 1985, evidenziando nella relativa istanza sia la conclusione favorevole delle vicende giudiziarie che lo avevano riguardato sia la rinnovata attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza sia, infine, la necessità dell´arma, per poter svolgere il proprio servizio in condizioni di sicurezza.
Il Prefetto, senza tener conto dell’attribuzione solo poco tempo prima della qualifica di agente di pubblica sicurezza, ha adottato un decreto con il quale ha respinto la predetta istanza confermando il divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente.
Detto diniego è stato motivato per relationem attraverso il richiamo ad alcune note della Questura e dei Carabinieri le quali "hanno segnalato" che l´agente "oltre che destinatario di varie querele sopra riferite, risulta altresì essere stato controllato in compagnia di pregiudicati, alcuni dei quali ritenuti contigui alla locale criminalità organizzata ed inoltre risulta proposto, dagli stessi Carabinieri per l´applicazione della misura dell´avviso orale".
Avverso e per l´annullamento del predetto diniego, l´attuale appellante ha adito il TAR Campania, il quale ha rigettato il ricorso. Da qui l’appello al Consiglio di Stato che, in riforma della statuizione di primo grado, con sentenza n. 690 del 19 febbraio 2016 (della Terza Sezione) ha accolto il gravame.
Il Consiglio di Stato ha premesso che in merito ai provvedimenti relativi alla detenzione ed al porto di armi, la giurisprudenza sottolinea come nel nostro ordinamento vige la regola generale rappresentata dal divieto, sancito dagli artt. 699 c.p. e 4 comma 1 della L. n. 110/75, essendo vista con sfavore l’utilizzazione delle armi da parte di privati cittadini: infatti “il titolo abilitativo al porto d´armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva che già fa parte della sfera del privato, ma assume contenuto permissivo, costituendo l´assenso alla disponibilità dell´arma regime derogatorio alla regola ordinaria di generale divieto”.
Tale divieto tuttavia è suscettibile di rimozione, in presenza di specifiche ragioni ed in assenza di rischi anche solo potenziali, a seguito di autorizzazione di polizia, o, per meglio dire, di un provvedimento concessorio.
È dunque evidente che il porto d’armi presuppone il previo rilascio di un provvedimento di polizia che accerti il possesso di requisiti in capo al destinatario, in quanto il titolare dell´autorizzazione a detenere armi deve essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi e assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso, escludendo che vi possa essere pericolo di abusi.
La norma di cui all’art. 5 comma 5 della L. n. 65/1986 (legge quadro sulla polizia municipale) dispone espressamente che “gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono … portare senza licenza armi”: è evidente che detta norma – inserita all’interno di un sistema normativo fondato sul principio del divieto, che consente il porto di armi solo in seguito al rilascio di un provvedimento permissivo – non può avere altro significato, secondo i Giudici di Palazzo Spada, che quello prospettato dall’appellante: gli agenti della polizia municipale, ai quali è stata riconosciuta la qualità di agente di pubblica sicurezza, possono portare armi senza licenza in quanto detta autorizzazione (o concessione, secondo altra tesi) consegue all’attribuzione della stessa qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Non occorre quindi un provvedimento formale che autorizzi il porto di armi, perché la valutazione sull’idoneità del soggetto è stata già svolta, al momento del rilascio della qualifica.
Nella fattispecie, avendo il Prefetto attribuito al vigile urbano in questione la qualità di agente di pubblica sicurezza con provvedimento del 2010, non avrebbe potuto rigettare nel 2012 la sua richiesta di revoca del provvedimento di divieto di detenzione di armi munizioni e materiale esplodente risalente al 6 aprile 1985, essendo ormai detto provvedimento incompatibile con quello emesso due anni prima (salva la facoltà, ove ne ricorressero i presupposti secondo la valutazione discrezionale dell’Amministrazione, di provvedere prima al ritiro del provvedimento di attribuzione della qualità di agente di pubblica sicurezza).
Fonte: Consiglio di Stato
Fonte: il quotidiano della p.a.
Un maresciallo dei Vigili Urbani di un Comune campano aveva subito la revoca del porto d’armi a causa di alcune vicende giudiziarie, poi conclusesi favorevolmente.
Essendo stato assolto con sentenza penale passata in giudicato dai fatti contestatigli ha chiesto al Sindaco l´assegnazione in via continuativa dell´arma.
Il Sindaco, a fronte di tale istanza, ha ritenuto opportuno chiedere alla Prefettura indicazioni in merito: la Prefettura, tuttavia, non ha fornito alcun riscontro alla predetta richiesta.
Al fine di sbloccare la situazione di impasse venutasi a creare, l´appellante ha quindi ritenuto opportuno richiedere direttamente alla Prefettura la revoca del divieto di detenzione di armi disposto nel 1985, evidenziando nella relativa istanza sia la conclusione favorevole delle vicende giudiziarie che lo avevano riguardato sia la rinnovata attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza sia, infine, la necessità dell´arma, per poter svolgere il proprio servizio in condizioni di sicurezza.
Il Prefetto, senza tener conto dell’attribuzione solo poco tempo prima della qualifica di agente di pubblica sicurezza, ha adottato un decreto con il quale ha respinto la predetta istanza confermando il divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente.
Detto diniego è stato motivato per relationem attraverso il richiamo ad alcune note della Questura e dei Carabinieri le quali "hanno segnalato" che l´agente "oltre che destinatario di varie querele sopra riferite, risulta altresì essere stato controllato in compagnia di pregiudicati, alcuni dei quali ritenuti contigui alla locale criminalità organizzata ed inoltre risulta proposto, dagli stessi Carabinieri per l´applicazione della misura dell´avviso orale".
Avverso e per l´annullamento del predetto diniego, l´attuale appellante ha adito il TAR Campania, il quale ha rigettato il ricorso. Da qui l’appello al Consiglio di Stato che, in riforma della statuizione di primo grado, con sentenza n. 690 del 19 febbraio 2016 (della Terza Sezione) ha accolto il gravame.
Il Consiglio di Stato ha premesso che in merito ai provvedimenti relativi alla detenzione ed al porto di armi, la giurisprudenza sottolinea come nel nostro ordinamento vige la regola generale rappresentata dal divieto, sancito dagli artt. 699 c.p. e 4 comma 1 della L. n. 110/75, essendo vista con sfavore l’utilizzazione delle armi da parte di privati cittadini: infatti “il titolo abilitativo al porto d´armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva che già fa parte della sfera del privato, ma assume contenuto permissivo, costituendo l´assenso alla disponibilità dell´arma regime derogatorio alla regola ordinaria di generale divieto”.
Tale divieto tuttavia è suscettibile di rimozione, in presenza di specifiche ragioni ed in assenza di rischi anche solo potenziali, a seguito di autorizzazione di polizia, o, per meglio dire, di un provvedimento concessorio.
È dunque evidente che il porto d’armi presuppone il previo rilascio di un provvedimento di polizia che accerti il possesso di requisiti in capo al destinatario, in quanto il titolare dell´autorizzazione a detenere armi deve essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi e assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso, escludendo che vi possa essere pericolo di abusi.
La norma di cui all’art. 5 comma 5 della L. n. 65/1986 (legge quadro sulla polizia municipale) dispone espressamente che “gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono … portare senza licenza armi”: è evidente che detta norma – inserita all’interno di un sistema normativo fondato sul principio del divieto, che consente il porto di armi solo in seguito al rilascio di un provvedimento permissivo – non può avere altro significato, secondo i Giudici di Palazzo Spada, che quello prospettato dall’appellante: gli agenti della polizia municipale, ai quali è stata riconosciuta la qualità di agente di pubblica sicurezza, possono portare armi senza licenza in quanto detta autorizzazione (o concessione, secondo altra tesi) consegue all’attribuzione della stessa qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Non occorre quindi un provvedimento formale che autorizzi il porto di armi, perché la valutazione sull’idoneità del soggetto è stata già svolta, al momento del rilascio della qualifica.
Nella fattispecie, avendo il Prefetto attribuito al vigile urbano in questione la qualità di agente di pubblica sicurezza con provvedimento del 2010, non avrebbe potuto rigettare nel 2012 la sua richiesta di revoca del provvedimento di divieto di detenzione di armi munizioni e materiale esplodente risalente al 6 aprile 1985, essendo ormai detto provvedimento incompatibile con quello emesso due anni prima (salva la facoltà, ove ne ricorressero i presupposti secondo la valutazione discrezionale dell’Amministrazione, di provvedere prima al ritiro del provvedimento di attribuzione della qualità di agente di pubblica sicurezza).
Fonte: Consiglio di Stato
Fonte: il quotidiano della p.a.