Con la pronuncia n. 18000 dello scorso 2 maggio 2019, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna penale inflitta ad una donna che aveva realizzato, senza permesso di costruire, una veranda in legno in una zona sismica, escludendo – per le rilevanti dimensioni della struttura – che potesse trattarsi di un'opera precaria non soggetta al permesso e alle altre prescrizioni previste in materia antisismica.
Si è difatti specificato che "in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile; le specifiche prescrizioni dettate per gli interventi nelle zone sismiche si applicano a tutte le costruzioni ivi realizzate, comprese le opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di una cittadina accusata dei reati di cui all'art. 44, comma 1, lett. c) e 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato, senza permesso di costruire, una veranda in legno in una zona sismica sottoposta a vincolo ambientale.
La Corte di Appello di Palermo, riformando la pronuncia assolutoria pronunciata in primo grado sulla base dell'intervenuto rilascio della scia in sanatoria, condannava l'imputata alla pena di due mesi di arresto e 23 mila euro di ammenda, subordinando la sospensione condizionale della pena all'avvenuta demolizione delle opere abusive entro il termine di novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Secondo i giudici la veranda coperta – costituita da cinque ritti in legno, con copertura a falde composta da assoni e travi di legno, sormontate da tavolato e regolato, con superficie di 55 mq., un'altezza media di 3,30 m. e volume di 180 mc. – era di struttura e dimensioni tali da richiedere necessariamente il preventivo rilascio di un permesso di costruire, vieppiù in considerazione del serio pericolo per l'incolumità pubblica che la sua realizzazione, in una zona sismica, comportava.
Ricorrendo in Cassazione, la difesa della donna riteneva che il reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 si fosse estinto per il rilascio della s.c.i.a. in sanatoria.
In particolare, la ricorrente evidenziava come l'intervento realizzato, non fosse assoggettato al preventivo rilascio di una concessione edilizia ma piuttosto, trattandosi di una struttura leggera in legno aperta su tre lati, era soggetta a semplice comunicazione secondo la legge regionale.
In relazione al reato di cui all'art. 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, l'imputata – rimarcando come la struttura leggera dell'opera non richiedesse alcun progetto da sottoporre all'ufficio del genio civile, né una specifica denuncia d'inizio lavori – rilevava come nella concreta fattispecie non si fosse realizzata alcuna concreta lesione o messa in pericolo del bene tutelato, con conseguente applicazione dell'art. 131 bis c.p. sulla particolare tenuità del fatto.
La Cassazione non condivide le difese mosse dalla ricorrente.
In relazione al primo motivo, gli Ermellini ricordano che, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile che difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza impugnata ha accertato che la veranda coperta, occupante una superficie e una volumetria propria, è un'opera stabilmente infissa al suolo, sicché è da escludersi il carattere di precarietà e, conseguentemente, necessitava del preventivo rilascio del permesso di costruire.
In relazione al reato di cui all'art. 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, la Corte evidenzia come le specifiche prescrizioni dettate per gli interventi nelle zone sismiche si applicano a tutte le costruzioni ivi realizzate, comprese le opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento: la veranda,costruita senza permesso di costruire e senza ottemperare alle altre prescrizioni previste in materia antisismica, rappresenta, quindi, un evidente pericolo pubblico.
Da ultimo, la Corte esclude nel caso di specie l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. – norma che, prevedendo una causa di esclusione di punibilità, presuppone la sussistenza di un fatto dotato di un'offensività minima, impedendo la punibilità così esiguamente lesivi del bene giuridico tutelato da non risultare meritevoli di pena – posto che, in considerazione delle caratteristiche strutturali e dimensionali dell'opera realizzata, è da escludersi la non trascurabile offensività della condotta.
In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.