Di Rosalba Sblendorio su Giovedì, 07 Aprile 2022
Categoria: Il caso del giorno da 9/2019

Valore della domanda: costituisce un limite inderogabile per la liquidazione delle spese?

Il valore della domanda non funge da limite inderogabile per la liquidazione delle spese, come si desume a contrario dall'art. 91, ultimo comma, c.p.c. Tale norma è invocabile solo nelle cause proposte dinanzi al giudice di pace nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente in considerazione del valore della domanda, mentre non è applicabile nei giudizi di appello (cfr. Cass. 9059/2021; Cass. 9556/2014; Cass. 29145/2017).

Questo ha statuito la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10526 del 31 marzo 2022 (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il ricorrente è un avvocato che ha convenuto in giudizio dinanzi al Giudice di pace i colleghi per sentirli condannare al pagamento di € 1.862,40, oltre interessi, a titolo di compensi professionali. In buona sostanza il ricorrente sostiene di:

I convenuti ritengono, invece, di aver incaricato il ricorrente per una semplice sostituzione in udienza, per cui nessun compenso avrebbe potuto essere riconosciuto a titolo di onorario. Sia in primo grado che in secondo, la domanda del ricorrente è stata rigettata in quanto i Giudici hanno ritenuto che nel caso di specie non sussistono elementi da cui desumere una prestazione più articolata della pura e semplice sostituzione in udienza. Ma vi è più. Il Tribunale ha compensato le spese processuali di secondo grado in misura di ¼ e ha ha quantificato l'importo residuo per un importo superiore al valore della domanda.

Il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità.

La decisione della SC

Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata è viziata. In particolare, denuncia, tra l'altro, la violazione di legge per aver la sentenza liquidato le spese processuali in un importo superiore a quello oggetto della domanda. In buona sostanza, il tribunale, disposta la compensazione delle spese di secondo grado in misura di ¼, ha quantificato l'importo residuo (pari a ¾), in € 2.095,88. Con la domanda riproposta in appello, è stato chiesto il pagamento di un importo superiore ad € 1.100,00, e quindi, ai sensi del D.M. 55/2014, secondo la Corte di Cassazione, correttamente il tribunale ha quantificato le spese in base ai valori tabellari medi dello scaglione per le cause di valore compreso tra € 1100,01 e 5200,00 (come si evince dai singoli importi riportati in sentenza), per attività di studio, introduzione, istruzione e discussione, con piena osservanza dei criteri legali, pur avendo riconosciuto un importo superiore al credito azionato. 

Ad avviso dei Giudici di legittimità, il valore della domanda è un importo che non costituisce un limite inderogabile per la liquidazione delle spese. Questo limite:

In definitiva, al di fuori delle ipotesi cui si applica l'ultimo comma dell'art. 91 c.p.c., non sussiste il divieto di liquidare, a titolo di spese processuali, un importo superiore a quello oggetto di domanda, se giustificato dalla complessità della lite e delle questioni dibattute o dalla gravosità dell'impegno profuso dal difensore.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di Cassazione, ritenendo che il ricorrente sia stato officiato di una semplice attività procuratoria e che la liquidazione delle spese processuali sia stata corretta, ha respinto il ricorso. 

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