Di Redazione su Sabato, 15 Ottobre 2016
Categoria: Giurisprudenza di Merito

Giudici dichiarano valido servizio in paritarie ai fini della mobilità straordinaria, ecco perchè

Con la legge n. 107/2015 è stato riformato il sistema nazione della scuola.
La suddetta legge dopo aver previsto un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato del personale docente per l´a.s. 2015/2016 ha predisposto anche un piano straordinario di mobilità di detto personale docente per l´a.s. 2016/2017.
In particolare la fase di mobilità straordinaria ha previsto al comma 108 dell´art. 1 della legge 107/2015 che i docenti assunti nell´anno scolastico 2015/2016 avrebbero partecipato alle operazioni di mobilità, a livello nazionale, su tutti gli ambiti territoriali al fine di ottenere l´incarico triennale.
La procedura di mobilità nazionale è stata disciplinata dal CCNI per la mobilità dell´ 8 aprile 2016, il quale presenta alcuni profili di illegittimità, uno dei quali è stato ravvisato nelle "Note Comuni", allegate a quest´ultimo, nelle quali è disposto che «Il servizio prestato nelle scuole paritarie non è valutabile».
Ciò significa che ai fini della stesura delle graduatorie relative ai trasferimenti a domanda e d´ufficio del personale docente non viene considerato il punteggio per il servizio prestato presso le scuole paritarie.
In realtà, la legge n. 62/2000 (nonché il D.L. n. 255/2001) riguardante le "Norme per la parità scolastica" ha previsto una piena equiparazione tra il servizio prestato nelle scuole statali e quello prestato nelle scuole paritarie di ogni ordine e grado.
A tal proposito l´art. 1 della legge c.d. sulla parità scolastica sopra citata, sancisce che «Il sistema nazionale d´istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali».
La piena equiparazione tra i due servizi di insegnamento è riconosciuta, secondo un orientamento ormai consolidato, anche dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.
Pertanto, l´esclusione prevista dal CCNI dell´8.04.2016 si presenta palesemente in contrasto con la legge nazionale.
E´ bene ricordare che nel sistema di gerarchia delle fonti la contrattazione collettiva assume una posizione pressoché intermedia, al di sopra della quale si trovano: la legge (e gli atti aventi forza di legge), la Costituzione, le norme di diritto internazionale, i regolamenti e le direttive comunitarie dispositive.
Sulla base della suddetta classificazione, la contrattazione collettiva potrebbe derogare soltanto agli usi, alle consuetudini ed ai principi interpretativi, trovandosi nella gerarchia delle fonti al di sotto di essa.
Tuttavia, il nostro legislatore ha previsto che il contratto collettivo nazionale possa contenere delle deroghe alle disposizioni di legge, a condizione che esse siano più favorevoli per il lavoratore (c.d. derogabilità in melius).
Rimangono, però, escluse dal potere normativo dei contratti collettivi ( c.d. potere normativo secondario) le deroghe a norme di legge di contenuto imperativo e dispositivo a sfavore del lavoratore ( tra gli altri, vedi. Cass. civ. n. 16401/2011).
In materia di contrattazione collettiva, il d.l. n. 138/2011 (in particolare l´art. 8) ha ampliato ulteriormente la capacità derogatoria attribuita ai contratti collettivi attribuendo ad essi un potere regolamentare pienamente equiparato alla legge. Anche in questo caso, nonostante la capacità derogatoria, dei contratti collettivi rispetto alla legge, sia ampliata sono state previste forti limitazioni alla derogabilità in pejus, la quale deve ritenersi esclusa.
Tutto quanto premesso, al fine di far meglio comprendere che i contratti collettivi non possono derogare a disposizione di legge quando prevedono un trattamento meno favorevole per il lavoratore rispetto a queste ultime; quando ciò accade i contratti collettivi si pongono in una posizione di contrasto rispetto alla legge nazionale, e pertanto, vanno disapplicati.
Detto altrimenti, i contratti collettivi possono derogare alla legge quando prevedono un trattamento più favorevole per il lavoratore rispetto a quello previsto dalle disposizioni legislative.
Orbene, nel caso di specie è facile dedurre che la disposizione del CCNI sopra richiamata sia sfavorevole al lavoratore perché penalizza tutti i docenti che hanno svolto il loro servizio d´insegnamento presso le scuole paritarie, in virtù della piena equiparazione tra queste ultime e le scuole statali riconosciuta a far data dall´anno 2000.
Su questo argomento, ormai negli ultimi mesi, sono stati chiamati a pronunciarsi diversi Tribunali Ordinari in funzione di giudici del lavoro, i quali hanno disposto, secondo un orientamento uniforme, la disapplicazione del CCNI dell´8 aprile 2016 nella parte in cui non ritiene valutabile il servizio prestato presso le scuole paritarie, ai fini della domanda di trasferimento, con la conseguente condanna dell´amministrazione all´inserimento dei docenti nella sede spettantegli sulla base del corretto punteggio.
In particolare, il Tribunale di Milano si è pronunciato su un ricorso proposto in via d´urgenza da una docente siciliana alla quale non era stato riconosciuto il sevizio svolto presso una scuola paritaria ai fini della domanda di mobilità. Il Giudice del Lavoro di Milano nella motivazione, richiamando interamente l´ordinanza emessa dal Tribunale di Caltagirone, ha affermato che la disposizione del CCNI che esclude l´attribuzione del punteggio cumulato per il servizio prestato presso gli istituti paritari è illegittima poiché contrastante con le normative emanate in materia di parità scolastica.
Ma non solo, il GdL ha affermato che non valutare il servizio di insegnamento prestato presso le scuole paritarie significa interpretare le disposizioni che sanciscono la parità scolastica (in particolare la legge n. 62/2000 e il d.l. 255/2001) in violazione dei principi di eguaglianza e imparzialità previsti dalla Costituzione agli artt. 3 e 97.
Infatti, nessuna ragione giustificativa, atta a discriminare i docenti che abbiano svolto il loro servizio d´insegnamento presso le scuole paritarie, può trovare fondamento nel nostro sistema legislativo, in quanto tale servizio per legge ha la stessa dignità e le stesse caratteristiche di quello prestato presso le scuole statali.
Pertanto, i docenti che hanno prestato servizio presso le scuole paritarie e che nelle procedure di mobilità, a causa della mancata valutazione di tale servizio, non hanno ottenuto il trasferimento nella sede prescelta potranno ricorrere al giudice del lavoro e chiedere l´inserimento nelle graduatorie con il corretto punteggio, ovvero comprendente tutti gli anni di servizio prestati sia nelle scuole statali che paritarie.

In allegato segue testo dell´ordinanza del Tribunale di Milano, Sez. lav., n. 6202/2016
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