Con la pronuncia n. 17923 depositata lo scorso 20 aprile, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che "l´utilizzazione di una carta "bancomat", di provenienza furtiva, da parte di chi non sia in possesso del codice PIN, realizzata mediante la digitazione casuale di sequenze numeriche presso uno sportello di prelievo automatico di denaro, è sufficiente ad integrare la fattispecie consumata di utilizzazione indebita di carta abilitante al prelievo di danaro contante".
Le precisazioni operate dalla Suprema Corte prendono spunto dall´utilizzo indebito di una carta di debito risultata rubata al legittimo titolare. In parziale riforma la decisione del giudice di primo grado – che aveva riconosciuto l´imputato colpevole del delitto continuato di furto aggravato e utilizzazione indebita di carta bancomat – la Corte di Appello di Trento riqualificava il delitto di utilizzazione indebita di carta bancomat ex art. 55 c. 9 d. lgs. 231/2007, riconoscendolo nella sola forma tentata.
Ricorreva presso la Suprema Corte il Procuratore Generale distrettuale, censurando la decisione di merito nella parte in cui aveva ritenuto che, nel caso di specie, la fattispecie delittuosa fosse rimasta allo stadio del tentativo: in particolare la pubblica accusa rilevava che, per la prevalente giurisprudenza di legittimità, ai fini della consumazione del delitto di cui all´ art. 55 c. 9 d.lgs. 231/2007 è sufficiente una qualsivoglia utilizzazione della carta bancomat, a prescindere dal conseguimento effettivo del denaro, il cui prelievo è funzionale a detta utilizzazione.
La Cassazione si concentra nel chiarire se, nel caso di specie, il delitto utilizzazione illecita della carta bancomat fosse o meno stato consumato; nella sua analisi, i giudici di legittimità ripercorrono i precedenti orientamenti della Corte, vagliando sia la ratio della norma che la struttura della fattispecie.
Sotto il primo aspetto, il reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55 comma 9), quale reato di pericolo, è integrato dalla sola indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine.
La norma non tutela il patrimonio, ma garantisce, in modo più o meno diretto, i valori riconducibili all´ambito dell´ordine pubblico economico e della fede pubblica: la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 302 del 2000, ha evidenziato che nel reato di indebita utilizzazione – sebbene si incrimini in via diretta comportamenti che recano offesa al patrimonio individuale – il bene giuridico tutelato è di marca pubblicistica, "legato all´esigenza di prevenire, di fronte ad una sempre più ampia diffusione delle carte di credito e dei documenti similari, il pregiudizio che l´indebita disponibilità dei medesimi è in grado di arrecare alla sicurezza e speditezza del traffico giuridico e, di riflesso, alla "fiducia" che in essi ripone il sistema economico e finanziario".
Sotto il punto di vista strutturale, la Corte evidenzia che nel reato in esame si rinvengono due condotte: la prima consistente nella indebita utilizzazione, cioè nel concreto uso illegittimo delle carte di pagamento da parte del non titolare al fine di realizzare un profitto; la seconda, che è presupposto fattuale della prima, consistente nel possesso, nella cessione o nell´acquisizione di tali documenti di provenienza illecita. Questi due comportamenti esauriscono la tipicità del fatto incriminato; l´eventuale conseguimento, da parte dell´agente, dell´ingiusto profitto con correlativo danno del soggetto passivo rileva, esclusivamente, sotto il profilo della dosimetria della pena.
Alla luce di tali considerazioni, gli ermellini concludono che l´utilizzazione del "bancomat", di provenienza furtiva, da parte di chi non sia in possesso del PIN e ne abbia digitato causalmente il codice, rappresenti una condotta lesiva dei beni giuridici dell´ordine pubblico economico e della fede pubblica: aspetto, questo, sufficiente ad integrare la fattispecie consumata di utilizzazione indebita di carta abilitante al prelievo di denaro contante, a prescindere dal conseguimento di un vantaggio economico per l´agente e di un pregiudizio della vittima.
Rosalia Ruggieri, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Bari, sede di Taranto, nell´anno 2010 e ha conseguito l´abilitazione alla professione forense nell´anno 2013. E´ iscritta all´Ordine degli Avvocati di Bari.
Ha già pubblicato su questo sito, i seguenti articoli: 1) Avvocati: va sanzionato chi aziona più procedure esecutive contro lo stesso debitore, 29 novembre 2017;
2) Furto dalle impalcature: Condominio non risponde se c´è il caso fortuito, 27 dicembre 2017;
3) Infortuni sul lavoro, quando sono indennizzabili: Cassazione ricostruisce sistema, 21 febbraio 2018;
4) Terapie senza consenso informato: Cassazione chiarisce quando è possibile il risarcimento, 21 marzo 2018;
5) SC: "Stress forzato del lavoratore dipendente deve essere risarcito". Recentissima sentenza chiarisce portata del danno da straining, 7 aprile 2018;
6) Obbligo banca informare su rischi investimenti, SC: "Se non accade, cliente può recedere dal contratto, pur se esperto", 11 aprile 2018.
7) Terapie senza consenso informato, SC chiarisce quando si può ottenere il risarcimento, 18 aprile 2018;
8) Inabilità del dipendente, Cassazione spiega quando può condurre al licenziamento, 27 aprile 2018
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