L'esercizio della professione forense, come è noto, è incompatibile con molte attività. Accade però, che in tanti scelgano di avere una maggiore sicurezza svolgendo contemporaneamente quelle attività comunque consentite anche agli avvocati.
Si tratta di quelle ad esempio a carattere scientifico, letterario, artistico e culturale ed ancora l'attività di notaio, dottore commercialista ed esperto contabile.
Inoltre, l'avvocatura è compatibile con l'iscrizione nell'elenco dei giornalisti pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro.
Ma ci si chiede, che cosa comporta la doppia professione dal punto di vista previdenziale deontologico, è possibile contemporaneamente gestire due o più lavori e contemporaneamente dello studio legale?
Innanzitutto, occorre dire che non dovrebbe essere consentito lo svolgimento di una o più attività parallele, specie se queste potrebbero eguagliare o superare il fatturato imputabile all'attività legale.
La legge professionale afferma l'incompatibilità della professione di avvocato con qualsiasi altra attività dipendente o di lavoro autonomo svolto continuativamente o professionalmente con le eccezioni viste sopra.
Pertanto nelle ipotesi in cui è possibile, è necessario aprire nell'ambito della stessa partita iva un altro codice di attività e un'altra posizione previdenziale presso l'INPS.
Non è cioè possibile aprire un'altra partita IVA ma un altro codice attività.
Inoltre, l'esercizio della professione forense è incompatibile con:
– l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o, indirettamente, in nome o per conto di altri;
– con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone relative ad attività di impresa commerciale, nonché di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, nonché con la qualità di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione.
L'incompatibilità cessa di sussistere, però, qualora oggetto della attività della società sia limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico.