Di Redazione su Mercoledì, 15 Febbraio 2017
Categoria: Istituzioni

Un buco di 52 miliardi, Comuni insolventi, alcuni deputati evasori, lupara per impedire notifiche: choc Fiumefreddo, l´Equitalia siciliana in Antimafia

Un intervento fiume impressionante, che potrebbe da qui a poco suscitare l´interesse di molte Procure della Sicilia, in primis quella di Palermo, e della Corte dei Conti. Dal racconto in Antimafia di Antonio Fiumefreddo, avvocato catanese presidente di Riscossione Sicilia s.p.a., ente partecipato dalla Regione che è l´omologo di Equitalia nell´Isola, emerge lo stato comatoso della riscossione siciliana. Sulla quale, per anni, nessuno ha vigilato, compresi coloro che avrebbero dovuto esercitare tale controllo, a partire dai deputati all´Ars*


Parla di tributi non riscossi per 52 miliardi, di debiti dei deputati "per importi milionari", di "irregolarità di tutti gli appalti siciliani". È un Antonio Fiumefreddo a tutto campo quello che si presenta al cospetto dalla commissione parlamentare Antimafia: per l´amministratore unico di Riscossione Sicilia la sua società negli ultimi 10 anni "non ha riscosso 52 miliardi di euro. Al 2015 l´azienda, che dovrebbe incassare 5 miliardi e 700 milioni l´anno, ne incassava 480 milioni ovvero l´8 per cento di quanto avrebbe dovuto riscuotere". Per Fiumefreddo la percentuale "diventa ancora più scandalosa man mano che si sale di reddito: per chi dichiarava più di mezzo milione di euro, la riscossione era ferma al 3,66 per cento, con un vulnus incredibile rispetto anche al resto del Paese". Fra i grandi evasori, secondo l´amministratore di Riscossione, ci sarebbero imprenditori nel campo dell´ortofrutta, delle onoranze funebri, degli appalti, delle carni.

C´è, però, qualcosa da salvare: secondo Fiumefreddo 22 miliardi su 52 non sono ancora prescritti. Con qualche difficoltà, come quelle – rivelate ancora dall´amministratore unico di Riscossione all´Antimafia – che si verificano da 15 anni a Trapani, dove non c´è un responsabile: "All´ultimo – dice Fiumefreddo - hanno puntato la pistola e ha lasciato l´incarico. Abbiamo proceduto con le azioni esecutive, ponendo sotto sequestro autovetture e persino un aereo da 12 milioni di euro intestato a una prestanome". Fiumefredo sostiene di essersi imbattuto "in resistenze fortissime. I maggiori debitori sono i Comuni, in testa Catania con 19 milioni, poi Messina, Siracusa e ultima Palermo.
Abbiamo chiesto di avere risposte ma non ne sono arrivate".

Fra i problemi segnalati, le consulenze (887 a fronte di 700 dipendenti nel febbraio 2015) e le notifiche: "Incontriamo difficoltà enormi nella fase del recupero e della notifica che viene malamente gestita da chi se ne occupa, che subisce la presenza di forze criminali sul territorio. A Barcellona Pozzo di Gotto è quasi impossibile notificare e lo è anche a Gela, dove non sono corretti neppure gli indirizzi. Quando passiamo dallo studio alla presenza sul territorio incontriamo presidi mafiosi in cui non si entra né si notifica".

Poi Fiumefreddo dice di avere segnalato all´Anac l´irregolarità delle gare celebrate in Sicilia. "Nell´Isola – spiega ai commissari – gli appalti pubblici, qualunque sia la stazione appaltante, si tengono con autocertificazioni relative alla cosiddetta regolarità fiscale" in quanto non è "mai pervenuta l´istanza di regolarizzazione fiscale". Per questa ragione, "abbiamo segnalato la necessità di chiedere il certificato all´esattoria". Su questo punto, però, Fiumefreddo incassa la precisazione del presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone: "Non è vero, ogni stazione appaltante prima di pagare le fatture emesse dalle imprese, dopo l´esecuzione dei lavori o per stati d´avanzamento, chiede l´attestato di regolarità fiscale a Equitalia, come avviene per legge nelle altre parti d´Italia".

L´ultimo tema è la battaglia, già partita da un paio di anni, con alcuni deputati regionali considerati morosi dall´azienda: "Sembrava lesa maestà il fatto che Riscossione Sicilia bussasse a Palazzo dei Normanni", ha ricordato Fiumefreddo.
*pubblicato su La Repubblica, 15 febbraio