Di Redazione su Sabato, 09 Gennaio 2016
Categoria: Legalità

Tv: a Cose Nostre su Rai1 giornalisti colpiti da mafie

(di Daniela Giammusso)(ANSA) - ROMA, - ´´Sai chi sono io? Sono il padre dell´imputato, il padre dell´assassino. Quello che scrivi tu, il tuo giornale, non mi piace. Attento, perché le disgrazie possono accadere, all´improvviso´´. L´avvertimento, il primo di una serie, ad Arnaldo Capezzuto arrivò diretto, occhi negli occhi, addirittura all´uscita di un´aula di tribunale. Ma c´è chi invece ha subito aggressioni, automobili in fiamme, pallottole inviate per posta, incursioni in casa o querele temerarie, che a un giovane cronista, magari precario in una testata locale, spaventano quanto il cane di una pistola. Sono le storie di ´´Cose nostre´´, nuova serie di cinque documentari-inchiesta per le vicende di altrettanti giornalisti italiani minacciati dalle mafie, da domani su Rai1 in seconda serata. ´´Un tema difficile e un genere insolito per Rai1 - dice il direttore Giancarlo Leone - con cui ci misuriamo per la prima volta per accendere un faro sul rapporto tra buon giornalismo e mafie´´. Alla base, del programma - firmato da Emilia Brandi, Giovanna Ciorciolini, Tommaso Franchini, scritto con Danilo Chirico, Francesco Giulioli e Giovanna Serpico - c´è la relazione presentata ad agosto dalla Commissione Parlamentare Antimafia e quei 2 mila episodi di violenza, intimidazione e minaccia subiti dai giornalisti italiani tra il 2006 e il 2014.
Uomini e donne, racconta il vicepresidente della Commissione, Claudio Fava, anche lui giornalista figlio di un cronista morto ammazzato, ´´che sono la colonna vertebrale della buona informazione italiana, costretti a ricevere minacce di una fantasia che non conosciamo. Nove giornalisti uccisi dalla mafia sono troppi per un paese in pace - aggiunge - Una pressione che in alcuni casi è diventata silenzio, abbassamento della qualità del racconto. Ma che dice anche quanto importante e sgradevole sia la presenza di un buon numero di giornalisti che la schiena invece non l´hanno voluta piegare mai.´´. Partendo dalla storia di Arnaldo Capezzuto, oggi blogger del Fatto Quotidiano, al tempo cronista con il coraggio di raccontare il dominio dei clan nel quartiere di Forcella, l´omicidio della 14enne Annalisa Durante e la ´´paranza´´ dei ragazzi, la serie sceglie di seguire non i giornalisti ´´simbolo´´, come potrebbe essere Roberto Saviano. Ma i colleghi spesso rimasti nell´ombra della quotidianeità, lasciando a loro il compito di ricostruire i fatti e la propria inchiesta, nei luoghi scenario delle vicende e in un reportage che diventa anche affresco di un pezzo di storia d´Italia. Così Emilia Brandi ha riportato Capezzuto proprio a Forcella, dove non può entrare più da tempo. E dove ancora oggi ´´si percepiva verso di lui un´´attenzione´ particolare´´. Protagonisti saranno poi Michele Albanese de Il quotidiano del Sud e dell´ANSA; Amalia De Simone del Corriere.it; Pino Maniaci direttore di Telejato; e Giovanni Tizian de L´Espresso. ´´Ritengo possa essere il primo esperimento di una serie - aggiunge Leone - Anzi, dopo la prima messa in onda, da fine febbraio-marzo, replicheremo le puntate anche il sabato pomeriggio alle 17, per raggiungere pubblici diversi´´. ´´Una scelta innovativa e rilevante - commenta il consigliere Rai Franco Siddi - degna di una tv civile, che rompe il mito dello share a tutti i costi pur di incrociare platee diverse. Spero sarà premiata dal pubblico, dimostrando che c´è un paese vigile e più impegnato di quello che viene raccontato´´.(ANSA).

Fonte: Ansa legalità