Non solo il coniuge, ma anche il partner non legato al de cuius da un vincolo matrimoniale (si tratti di fidanzato/a o anche di amante) ha diritto a proporre una domanda di risarcimento a seguito della morte del compagno/a nei confronti dei responsabili, sia in un giudizio civile sia anche in un giudizio penale tramite una costituzione, in tale secondo caso parte civile. Sotto tale profilo, non osta l´assenza di alcuno status di carattere formale ma è compito del richiedente dimostrare, senza alcuna possibilità di dubbio, al collegio l´esistenza e la permanenza, fino al momento del decesso, di una relazione affettiva stabile con il de cuius. In tal caso, la domanda potrà essere accolta, e sarà ammissibile che il risarcimento sia chiesto (e ottenuto) anche dal/dalla legittimo/a consorte).
Questo il senso di una recente pronuncia del Tribunale Penale di Vicenza, che peraltro ribadisce precedente giurisprudenza, sulla quale si è efficacemente soffermata Flaminia Rinaldi, avvocato dello studio legale Bernardini de Pace, in un articolo pubblicato su la Repubblica di oggi 23 aprile 2018. Ordinanza emessa nell´ambito di un procedimento penale per omicidio colposo, culminato nella morte di un uomo investito da un´automobile, e con la quale, per l´appunto, è stata ammessa quale parte civile non solo la moglie dell´uomo ma anche quella della "novella fidanzata/amante" con cui il defunto intratteneva una relazione da poco più di 7 mesi.
Nel corso del procedimento penale - si racconta nell´articolo - entrambe le signore si sono costituite parte civile, affermando di aver subito un danno non patrimoniale per l´uccisione del loro "uomo". E - conviene citare testualmente - "il Giudice nel corso dell´udienza preliminare ha affermato: "non si può negare la legittimazione ad agire a chi si qualifica ´fidanzata´ della vittima e, come tale, legata a essa da una aspettativa di vita comune".
La "fidanzata" infatti non si era limitata ad affermare la propria qualità e a a fondare su di essa la propria domanda risarcitoria ma "aveva portato all´attenzione del giudice numerose prove che testimoniavano in modo inequivocabile l´intensità del rapporto con la vittima e il comune progetto di convivere e sposarsi, non appena vi fossero stati separazione e divorzio". Ed il tribunale, sulla base di tale ricostruzione dei fatti e dell´indubbia relazione e comunanza di vita tra i due, ha dato quindi il proprio assenso alla ammissione della signora quale parte civile e quindi alla piena legittimità della propria domanda risarcitoria.
Si tratta, all´evidenza, di una pronuncia che, al pari di altre recenti, apre le porte al pieno esercizio dei diritti, quantomeno sotto tale non secondario profilo, delle persone che intrattengono sia pure senza o al di fuori del vincolo matrimoniale una relazione sentimentale e d´amore con altre persone.
Che non si tratti di una novità assoluta, è ammesso anche dall´avvocato autrice dell´articolo ma ciò non sminuisce Certamente la portata della provincia pronuncia, infatti, "che si inserisce nell´ambito di un orientamento giurisprudenziale, sempre più consolidato, che ha finalmente valorizzato i legami affettivi e sentimentali in sé, a prescindere dalla veste giuridica assunta e dal loro inquadramento all´interno di una delle categorie "classiche" (...).
Non è infatti la prima volta che i giudici riconoscono la sussistenza di un danno non patrimoniale e, dunque, il diritto a ottenere un risarcimento "da perdita affettiva" - così viene tecnicamente chiamato - a persone legate alla vittima da un legame affettivo, senza che questo fosse suggellato da un vincolo di parentela o matrimonio".
Ma quali sono stati i passaggi più importanti, dal punto di vista giurisprudenziale, perché si arrivasse a questi risultati?
A fare da apri pista, nel 2012 - ricorda la Collega - "la Corte d´Appello di Milano, poi confermata dalla Corte di Cassazione, che ha riconosciuto il danno non patrimoniale da "uccisione del fidanzato", evidenziando che il danno da perdita affettiva, di regola riconosciuto a quelli che sono i prossimi parenti della vittima, ricomprende anche chi "con la vittima aveva un solido legame affettivo a prescindere dall´esistenza di rapporti di parentela, affinità o coniugio giuridicamente rilevanti come tali". Fino a poco tempo fa, comunque sia, la "convivenza" tra il richiedente e la vittima era tra i requisiti indispensabili per ottenere un risarcimento".
Su tutte, però, va segnalata una notissima sentenza del tribunale di Firenze: "A cambiare lo scenario ci hanno pensato i giudici del Tribunale di Firenze, nel 2015, che hanno riconosciuto la configurabilità di un danno anche alla fidanzata "non convivente" della vittima, richiedendo solo come necessaria la prova di uno stabile legame tra le due persone. Sulla stessa linea la Corte di Cassazione, nel dicembre 2017, ha ulteriormente valorizzato l´aspetto affettivo, riconoscendo perfino ai nipoti non conviventi con il nonno, scomparso a causa di un incidente stradale, il diritto a ottenere un risarcimento del danno sulla base del presupposto secondo il quale ´ll rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante´".
Passaggi importanti, che hanno trovato anche l´avallo del legislatore. Nell´articolo, infatti, si ricorda come "la centralità dell´elemento soggettivo del rapporto, dato dal reciproco affetto, sentimento, passione, aiuto, è stata ormai accolta anche dal nostro legislatore. La legge Cirinnà, che regola le Unioni Civili e le Convivenze, dispone, infatti, che per il riconoscimento legale di una convivenza - e dunque affinché possano dirsi esistenti tutta una serie di diritti e doveri - non basta il semplice dato oggettivo della coabitazione, ma è necessario provare un "legame affettivo di coppia". Dunque, a prevalere sono sempre più i sentimenti, quali l´amore, l´affetto, il dolore e non esclusivamente la formalità giuridica dei rapporti: questa è la via che, insieme, il legislatore e il "diritto vivente" sono decisi a percorrere.