Di Redazione su Domenica, 17 Settembre 2017
Categoria: Attualità

Trentuno km e qualcosa o dei "cervelli in fuga". Quella strada per Punta Raisi in compagnia dei miei due figli

Una lettera bellissima, una storia cui intendiamo dare voce, pubblicata n
in Invece Concita di Repubblica.it. Una lettera di un padre palermitano sui figli appena accompagnati all´aeroporto perché in Sicilia lavoro non ce n´è. Ed ecco quindi quel nastro d´asfalto che ha segnato la storia d´Italia, sul senso di famiglia e non solo. E su una città "amata e odiata".
"Mi chiamo Giovanni Beninati, le scrivo queste due righe che è mattino presto, sono appena tornato dall´aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo dove ho accompagnato i miei due figli a prendere il loro volo".
"Questa estate la famiglia si è riunita. E´ stato strano vedere i due fratelli ormai adulti riappropriarsi delle loro cose ognuno del suo lettino, del suo cassetto, del suo poster preferito, come se nulla fosse cambiato, come se da più di tre anni non avessero una casa, un´attività, una vita propria all´estero. Li guardavo e mille ricordi mi affollavano la mente: la scuola, il morbillo, il calcetto, l´angoscia degli esami. Una settimana appena, volata via come una folata di scirocco. Meglio che niente".
"Gaetano e Gianluca fanno parte di quella moltitudine di giovani che è andata via dall´Italia in cerca di un futuro. A distanza di sei mesi uno dall´altro: hanno buttato in non so quale cassetto le loro lauree, e via a giocarsela altrove. Qualche eminente politico ha sentenziato che è meglio perderli che trovarli. Mah! Meglio pensare ad altro".
"A quest´ora sono già in volo destinazione Roma, e poi da lì ognuno per la sua strada, Gaetano in Spagna e Gianluca nel Regno Unito. Nelle orecchie mi risuona ancora la voce pacata di Gaetano, l´incontenibile vitalità di Gianluca e poi ´ciao pà ciao mà´, un´abbraccio e via. Di ritorno in macchina per l´autostrada il silenzio è assordante, accompagnati dai nostri pensieri io e mia moglie guardiamo scorrere l´asfalto".
"Trentuno chilometri e qualcosa, tanta è la distanza che separa il centro di Palermo dall´aeroporto Falcone e Borsellino ex Punta Raisi, e magari si chiamasse ancora Punta Raisi. Trentuno chilometri e il tempo in cui le angosce, le speranze, i pensieri affastellano la mente di tante persone che percorrendoli in entrambe le direzioni hanno deciso il proprio destino".
"C´è chi è saltato in aria con tutto l´asfalto, la scorta, e l´auto blindata (magari si chiamasse ancora Punta Raisi), chi ha affrontato l´ennesimo viaggio della speranza verso gli ospedali del continente, chi è tornato felice dopo aver centrato l´obiettivo. Oggi tocca a me. Mi viene di dire qualcosa e attacco con la solita tiritera: ´Mah! Dopo tanti sacrifici abbandonare tutto e scappare via, certo con una laurea in tasca si poteva temporeggiare, magari bandiscono quel concorso´. Manco a farlo apposta transitiamo all´altezza di Capaci, mia moglie volge la testa a destra, fissa la stele che ricorda Giovanni Falcone e i suoi uomini, poi si gira e mi pianta uno sguardo che vale più di mille parole".
"Non riesco a controbattere, apro il finestrino e respiro a pieni polmoni. Il mare è una tavola, l´aria salmastra coi suoi odori di alghe e di salsedine mi colpisce come uno schiaffo in faccia. Isola delle Femmine viene inondata dalle prime luci del giorno, alle sue spalle ad Est in direzione Capo Zafferano l´orizzonte comincia a tingersi di rosso. Un altro giorno inizia e, ancora una volta immutabile, il sole si alzerà sulle cupole rosse arabe, sulle guglie Normanne, su Ballarò, la Vucciria, sui posteggiatori abusivi, sui cumuli d´immondizia, sul mafioso che ti chiede il pizzo, sui cannoli le cassate, sui tesori artistico monumentali unici al mondo. Sulla mia amata odiata città".