"Guardo Andromaca e penso che sarà costretta a vivere da schiava per sempre", pensa Briseide in "The silence of the girl" di Pat Barker, entusiasticamente recensito dall'Atlantic perché "riscrive l'epica con gli occhi di una donna". La Briseide originale, quella dell'Iliade di Omero, era l'ancella del cuore di Achille e durante la guerra di Troia fu oggetto di un baratto serrato tra lui e Agamennone. La Briseide riveduta da Pat Barker, invece, è una specie di giudice di pace intenzionata a risarcire le donne – che, nell'assedio di Troia, persero mariti, dignità, figli, diritti – dando loro voce e, soprattutto, è una signora "stufa di ascoltare viaggi e storie sulle gloriose morti degli eroi, perché è tragico anche il destino delle donne che sopravvivono".
Noi che viviamo in un paese di diplomati al liceo classico, ricordiamo che Omero non omise affatto il tragico destino che attendeva Andromaca, una volta morto Ettore: il fatto che avrebbe finito col fare la serva dei nemici di suo marito per il resto dei suoi giorni. Ricordiamo che Omero lasciò che, nell'Iliade, fosse proprio Andromaca a dire a cosa sarebbe andata incontro (altro che "The silence of the girl"), infuriandosi e rimproverando suo marito Ettore che non si sottrasse a quello che il suo ruolo gli imponeva di fare e cioè combattere contro l'imbattibile Achille, e morire. Barker non ha forse chiari i termini della tragedia ed è per questo che ha ritenuto opportuno ribaltarne i protagonisti per riequilibrare le quote di genere. Quello che Ettore e Andromaca incarnano, e come loro tutti i protagonisti tragici dell'epica greca, è l'ineluttabilità del destino del quale sono burattini (o manichini, come li dipinse Giorgio De Chirico nel suo "Ettore e Andromaca") e l'obbligo, per gli eroi, di non compiere mai ciò che desiderano ma sempre e solo ciò che devono.
La Briseide di Barker, invece, ragiona da individuo che vale e, quindi, riscrive l'Iliade per dire: sono esistite anche le donne, nella guerra di Troia, sono state carne da macello anche se non hanno fatto corpo a corpo, sono state protagoniste di un altro sacrificio. Quel sacrificio, osserva l'Atlantic, se l'avessimo raccontato di più, magari con gli stessi toni tragici, epici, sacrali che abbiamo riservato, per secoli, al sacrificio maschile, oggi non faremmo fatica a credere alle storie degli abusi che le donne stanno tirando fuori grazie al #metoo. Bisogna ammettere che ci vuol coraggio a tentare di risarcire secoli di silenzio sulle miserie patite dalle donne, di dire "anche loro hanno sofferto" – e ritenere di fare cosa inedita – con un libro che in certi punti si concede anche il brio di descrivere sessioni di tenero bullismo femminile ai danni di un Achille in sovrappeso.
Scrive poi l'Atlantic che "The silence of the girls" impiega un linguaggio colloquiale, grezzo, che sta a significare una ferma condanna della guerra, laddove, invece, la poeticità omerica ne faceva la più mirabile delle azioni umane. E così, Barker mette in bocca agli eroi greci una canzoncina su Elena che fa: "Prima scopala e poi uccidila". Molto meglio di quel maschilista di Omero che fece dire a Ettore: "Possa io morire, possa ricoprirmi la terra prima che ti sappia trascinata in schiavitù". Maschilista e codardo creatore di codardi.
*pubblicato ne Il Foglio, 29.9.2018