Di Redazione su Mercoledì, 25 Novembre 2015
Categoria: Giurisprudenza TAR

T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 24/11/2015, n. 1145 (Quote rosa)

L´attuazione del generale principio ordinamentale del rispetto delle c.d. quote rosa non può essere condizionata dall´omissione o ritardo del Consiglio comunale nel provvedere in tal senso alla modifica dello statuto. (Accoglie il ricorso)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 842 del 2015, proposto da:

Amistantzia - Donne Sarde del Centrosinistra e Fidapa Sardegna Federazione Italiana Donne Arti Professioni ed Affari, rappresentate e difese dall´avv. Luisa Giua Marassi, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio del medesimo legale, Via Ada Negri n. 32;

contro

il Comune di Selargius, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall´avv. Giorgia Mogavero, con domicilio presso la del Segreteria T.A.R. Sardegna in Cagliari, Via Sassari n. 17;

nei confronti di

C.G.F. ed altri, non costituiti in giudizio;

per l´annullamento

A. dell´atto in data 24.7.2015, pubblicato sul sito web dell´amministrazione comunale in data 22.9.2015, con il quale il Sindaco del Comune di Selargius ha nominato Assessore ai Lavori Pubblici l´ing. R.P.;

B. del verbale del Consiglio Comunale di Selargius del giorno 28.7.2015, nella parte in cui ha preso atto della nomina del predetto Assessore;

C. ove occorra, dei seguenti atti adottati dal Sindaco del Comune di Selargius, pubblicati sul sito web dell´amministrazione comunale sempre in data 22.9.2015:

- nomina dell´Assessore D.S., in data 19.6.2014;

- nomina dell´Assessore P.L.C., in data 10.6.2014;

- nomina dell´Assessore F.C., in data 3.6.2014;

- nomina dell´Assessore R.R., in data 3.6.2014;

D. di ogni altro atto ad essi connesso, collegato e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l´atto di costituzione in giudizio del Comune di Selargius;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

Le Associazioni ricorrenti, statutariamente finalizzate (anche) a promuovere e sostenere la partecipazione e il ruolo delle donne ai diversi livelli di governo all´interno delle Istituzioni, degli enti e della vita pubblica in generale, con il ricorso in esame hanno impugnato il Provv. del 24 luglio 2015, pubblicato sul sito web dell´amministrazione comunale in data 22.9.2015, con il quale il Sindaco del Comune di Selargius ha nominato Assessore ai Lavori Pubblici l´ing. R.P. in sostituzione dell´Assessore dimissionario ing. E.P..

Con unica articolata censura le ricorrenti lamentano la violazione dell´art. 1, comma 137, L. n. 56 del 2014, e delle altre disposizioni menzionate nell´atto introduttivo del giudizio (artt. 21 e 23 della Carta Europea dei diritti dell´Uomo, artt. 51, comma 1, 117 comma 7 e 114, comma 1 della Costituzione, art. 1 del D.Lgs. n. 118 dell´11 aprile 2006, art. 1 del D.Lgs. n. 5 del 25 gennaio 2010, Statuto comunale), nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta, illogicità e sviamento, violazione dell´art. 3 della L. n. 241 del 1990.

In sintesi esse sostengono che la composizione della giunta comunale, come venutasi a determinare per effetto delle dimissioni dell´ing. E.P. e dell´impugnata nomina dell´Ing R.P. in sua sostituzione, sarebbe in contrasto con quanto previsto dall´art. 1, comma 137 della L. 7 aprile 2014, n. 56, per il quale "Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico".

Ed invero nel Comune di Selargius la Giunta comunale, formata da 7 componenti (6 assessori più il Sindaco) non sarebbe correttamente composta dal momento che la percentuale del 40% sarebbe rispettata solo con la presenza in Giunta di almeno 3 donne, mentre con l´attuale composizione tale percentuale si attesta al 28,6%.

Pertanto, stante la presenza in Giunta di due sole rappresentanti del genere femminile (Ass. R.R. e Ass. D.S.), il dimissionario Ass. E.P. doveva necessariamente essere sostituita da un´altra donna e non poteva essere legittimamente rimpiazzata da un rappresentante del genere maschile.

Di qui la richiesta, previa sospensiva, di annullamento dei provvedimenti impugnati, con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese del giudizio.

Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Selargius che, con memoria depositata il 14 novembre 2015, dopo aver eccepito l´inammissibilità dell´impugnazione in quanto volta a sindacare nel merito un atto di natura politica, ne ha chiesto nel merito il rigetto, vinte le spese.

Alla camera di consiglio del 18 novembre 2015, chiamata per l´esame dell´istanza cautelare di sospensione, le parti sono state avvertite della possibile definizione del giudizio direttamente nel merito con sentenza resa in forma semplificata.

Al termine della discussione la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Occorre esaminare in via preliminare l´eccezione d´inammissibilità del ricorso sollevata dall´amministrazione resistente.

Sostiene la difesa comunale che l´impugnazione proposta dalle associazioni ricorrenti sarebbe inammissibile in quanto volta a sindacare nel merito un atto politico giacché, a suo avviso, il provvedimento di nomina degli assessori sarebbe espressione di un potere di scelta dell´organo di vertice dell´ente connotato da valutazioni di rilievo politico in quanto strumentale all´attuazione dei fini di governo e, dunque, come tale, sottratto al sindacato del giudice amministrativo.

L´argomento non è fondato.

E´ pacifico ed incontestato che in Sardegna il Sindaco è diretta espressione del corpo elettorale e che tra i suoi compiti rientra quello di nominare gli assessori e dirigere la politica della Giunta comunale, assumendone la responsabilità.

Sennonché tale circostanza non rende l´atto di nomina un atto politico tout court e, tanto meno, lo sottrae alla garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale.

La stessa Corte regolatrice della giurisdizione, ha osservato che il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione (art. 113 Cost.) ha portata generale e coinvolge, in linea di principio, tutte le amministrazioni, anche di rango elevato e di rilievo costituzionale, concludendo che "non sono quindi, per i loro caratteri intrinseci, soggetti a controllo giurisdizionale solo un numero estremamente ridotto di atti in cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico; atti che non sarebbe corretto qualificare come amministrativi e in ordine ai quali l´intervento del Giudice determinerebbe un´interferenza del potere giudiziario nell´ambito di altri poteri (si pensi ad atti del Presidente della Repubblica quali la concessione di una grazia, o lo scioglimento delle camere)."

Nel caso in esame, ad avviso del Collegio, non si può dire che la nomina degli assessori comunali costituisca un atto oggettivamente non amministrativo che realizza scelte di specifico rilievo costituzionale e politico e, come tale, non sindacabile a pena di interferire nell´esercizio di altro potere, straripando dai limiti di quello giurisdizionale.

Il provvedimento di nomina degli assessori non contiene scelte programmatiche, non individua i fini da perseguire nell´azione di governo, non ne determina il contenuto e non costituisce, dunque, atto (di indirizzo) politico e neppure direttiva di vertice dell´attività amministrativa.

La suggestione derivante dalla natura fiduciaria del rapporto che lega i nominati al nominante, il quale certamente gode della più ampia discrezionalità nella scelta delle persone dei suoi assessori, non consente, contrariamente a quanto opinato da parte resistente, di ritenere che l´atto di nomina dei componenti della giunta comunale possa prescindere dal rispetto dei limiti dettati in materia di pari opportunità dalla nostra Carta Costituzionale e dalla normativa vigente, giacché l´ampiezza delle valutazioni di opportunità che guidano il Sindaco nell´individuazione degli Assessori non deve comunque travalicare la disciplina dell´esercizio della funzione amministrativa di organizzazione del Comune, ancorché esercitata - con tale atto - al più alto livello.

Si tratta, pertanto, di un atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, l´emanazione del quale è sottoposta all´osservanza delle disposizioni che attribuiscono, disciplinano e conformano il relativo potere, il cui corretto esercizio è, sotto questi profili, pienamente sindacabile in sede giurisdizionale .

Va ribadito, in proposito, che l´ampiezza della discrezionalità nella nomina e i motivi legati ad equilibri interni di coalizione - solo in questo senso definibili "politici" e come tali insindacabili - non possono, di per sé, sottrarre l´atto al giudizio di legittimità sul rispetto delle norme che ne dettano la disciplina procedurale e sostanziale (ed a riprova di ciò possono citarsi diverse pronunce di giudici amministrativi che hanno annullato gli atti di nomina di organi c.d."politici") cioè alla tutela garantita, sul piano generale, contro i provvedimenti illegittimi, dall´art. 24 Cost., né la natura strettamente fiduciaria del rapporto può ritenersi sufficiente ad evitare il sindacato sulla stessa validità (legittimità) della sua instaurazione (cfr. TAR Sardegna, Sez. II, n. 864 del 2 agosto 2011).

Può quindi passarsi all´esame del merito del ricorso, che è fondato.

La questione delle c.d. quote rosa in seno agli organi amministrativi degli enti pubblici è stata recentemente regolamentata dall´art. 1, comma 137 della L. 7 aprile 2014, n. 56, per il quale "Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico".

Peraltro, già prima dell´entrata in vigore dell´art. 1, comma 137, L. n. 56 del 2014, la giurisprudenza amministrativa aveva avuto modi di affermare che: "E´ illegittimo, per violazione del principio delle pari opportunità, contenuto negli art. 3 e 51 della Costituzione e 23 della carta dei diritti fondamentali dell´Unione Europea, nonché degli artt. 6, comma 3 e 46, comma 2, TUEL, nel testo risultante dalla L. n. 215 del 2012 , il decreto di nomina degli assessori ­ tutti di sesso maschile - della Giunta municipale" (cfr: Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2013, n. 6073).

Ed invero la giurisprudenza, confortata anche dalla conforme interpretazione del principio fornita dalla Corte Costituzionale, ha in più occasioni riconosciuto all´art. 51 Cost. (che sancisce "tutti i cittadini dell´uno e dell´altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini".) valore di norma cogente e immediatamente vincolante, come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa, ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale (ex multis Corte Cost. n. 4/2010; Tar Campania - Napoli, sez. I, n. 12668 del 2010 e nn. 1427 e 1985 del 2011).

In particolare il principio in questione è stato inteso in primo luogo come immediato svolgimento del principio di uguaglianza sostanziale di cui all´art. 3 Cost., non solo nella sua accezione negativa (come divieto di azioni discriminatorie fondate sul sesso), ma anche positiva, impegnando le Istituzioni alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena partecipazione di uomini e donne alla vita sociale, istituzionale e politica del Paese.

Ma la pregnanza del principio nel tessuto ordinamentale, come in parte già rilevato più sopra, si svolge anche su un ulteriore piano dei valori costituzionali, giungendosi ad una più consapevole individuazione della sua valenza trasversale nella misura in cui lo si ricollega, in chiave strumentale, al principio di buon andamento e imparzialità dell´azione amministrativa: la rappresentanza di entrambi i generi nella compagine degli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, "garantisce l´acquisizione al modus operandi dell´ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere" (Tar del Lazio sent. n 6673/2011).

Il principio costituzionale così inteso, quindi, illumina ulteriori disposizione poste dal legislatore ordinario a tutela della effettiva realizzazione della parità tra uomini e donne : il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198), all´art. 1, comma 4, precisa che "l´obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività", mentre l´art. 6 TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000) al comma 3 prevede "Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della L. 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti".

Inteso nei termini sopra specificati il principio di parità si pone come vincolo per l´azione dei pubblici poteri nello svolgimento della discrezionalità loro consegnata dall´ordinamento e come direttiva in ordine al risultato da perseguire (promozione delle pari opportunità tra i generi, in funzione della parità sostanziale e del buon andamento dell´azione amministrativa).

All´indomani dell´entrata in vigore del citato art. 1, comma 137, attuativo degli anzidetti principi di rango costituzionale, tutti gli atti adottati nella vigenza di quest´ultimo trovano in tale norma un ineludibile parametro di legittimità, non essendo ragionevole una sua interpretazione - sottesa dalle difese comunali - che leghi la sua concreta vigenza alla data delle elezioni ovvero che condizioni unicamente le nomine assessorili all´indomani delle elezioni.

Una simile interpretazione consentirebbe un facile aggiramento della suddetta prescrizione, nella misura in cui il rispetto della percentuale assicurato dai provvedimenti di nomina immediatamente successivi alle elezioni potrebbe essere posto nel nulla da successivi provvedimenti sindacali di revoca e nomina, atti a sovvertire la suddetta percentuale.

Allo stesso tempo deve rilevarsi che non risulta esperita da parte del Sindaco del Comune di Selargius alcuna istruttoria per la scelta della nominanda che evidenzi l´impossibilità del rispetto della suddetta percentuale, né dall´atto sindacale si evince una qualche ragione per la quale il Sindaco ha ritenuto di potersi discostare dal suddetto parametro normativo, sebbene una specifica e puntuale indicazione in tal senso, per il caso di mancata applicazione del principio di pari opportunità, sia stata espressamente prevista dalla circolare del Ministero dell´Interno del 24 aprile 2014.

Non rileva, infine, neppure il rilievo che tale principio non sia stato ancora formalmente recepito nello statuto comunale.

L´attuazione del generale principio ordinamentale del rispetto delle c.d. quote rosa, infatti, non può essere condizionata dall´omissione o ritardo del Consiglio comunale nel provvedere in tal senso alla modifica dello statuto.

Il ricorso merita dunque accoglimento in ragione del mancato rispetto della percentuale del 40% di componenti del genere femminile nella giunta comunale di Selargius imposta dall´art. 1, comma 137, L. n. 56 del 2014.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l´effetto annulla il provvedimento di nomina dell´ing. R.P. ad Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Selargius.

Condanna il Comune di Selargius al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese del giudizio, liquidandole in complessivi Euro 2500,00 (duemilacinquecento//00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l´intervento dei magistrati:

Francesco Scano, Presidente

Tito Aru, Consigliere, Estensore

Antonio Plaisant, Consigliere