Sono qui. Nell'anticamera dell'aula. Ci sono Massimo e Franco. Tutti e due. Agata non si vede. Credo che una cosa del genere – per me – equivalga ad un funerale dell'amore che forse non è nemmeno mai stato. Siamo ombre e anche i sentimenti scorrono via fuggitivi, come i versi di Leopardi. Non si è presentata il giorno del mio processo e ieri non si è fatta vedere in studio. Tutto questo è inconcepibile. Non posso pensare al mio versante sentimentale in questo momento. Tra qualche decina di minuti decideranno del mio destino umano e professionale. L'amore può aspettare. Quale amore, quale amore, recito dentro di me. Sono tranquillo. Questa notte, come al solito prima di un appuntamento importante, ho dormito profondo, di un sonno senza sogni. Una galleria buia dove le luci non si accendono. Il Giudice è Ferri, una brava persona. Si era già sbilanciato dicendo che forse un patteggiamento sarebbe stato la cosa migliore per me. Senza inutili accanimenti terapeutici di natura giudiziaria. Certe volte i dibattimenti sono come la pesca del tonno a Favignana: un massacro di sangue e sale. Così, invece, ne uscirò con le ossa meno rotte del previsto. Senza clamori. Lo strepito del foro non ci sarà, o sarà attutito da una sordina potente. E' una bella giornata. Si respira un'aria rilassata. Tutti sono tranquilli, le asce di guerra seppellite. A parte quella del Pm,ma sembra che nessuno se ne dia per inteso. Franco mi ha detto di stare tranquillo ed ha voluto presenziare di persona. Se non ci fosse stato lui, Massimo starebbe ancora a tentare di far calzare le sue tesi alla mia pelle. Il retropensiero che alberga in ogni cliente si è impossessato anche di me. Gli avvocati tracciano strategie sulla schiena dei loro assistiti ma sono questi a metterci faccia, spina dorsale e vita quotidiana. Franco è stato pratico. Ha capito quale fosse la parte molle del serpente. Massimo l'ha presa bene. Sono sicuro che si è sentito sollevato a vedersi affiancare da uno come Franco. Ha condiviso con lui una parte di responsabilità. Entra il Giudice Ferri. Ci alziamo in piedi. Chiama il mio processo. Hanno addirittura fissato un'udienza all'uopo, così da non farmi stare con altre persone. Mi hanno voluto evitare la gogna. L'aula è quella che dà sul mare. Una specie di funerale di alta classe, penso. Sono leggero, però. So che sta per finire. Il Giudice legge la richiesta di patteggiamento che – secondo me – conosceva già. Depositarla in cancelleria serve a qualcosa dopo tutto. Chiede a Tardito se intenda mantenere la sua opposizione al mio patteggiamento. Tutto impettito, chiuso dentro un gessato fumo di Londra e camicia dal collo altissimo e rigido, come quelle che usava D'Annunzio, di cui condivide la modesta statura ma non l'intelligenza immaginifica, si alza e dice che presta il consenso. Franco sorride come un mandarino cinese. Massimo rivela un tremore leggero che dura un attimo, come una lama di luce sull'acqua. Francamente non mi aspettavo un cambio di rotta senza combattere. Ero pronto per farmi vomitare addosso addosso tutta la solita tiritera dell'avvocato borderline ed invece eccomi qui. Senza neanche un colpo, una staffilata, il PM si rintana dietro una specie di mutismo elegante e presta il consenso come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lo fa con una specie di distaccata signorilità, come se non fosse opportuno infierire su chi ha già perso tutto. Qualcosa mi sfugge. Un dubbio sinuoso che qualcosa si sia mosso alle mie spalle, senza che me ne accorgessi. Latet anguis in herba. Boh.
Ferri si ritira subito in camera di consiglio per scrivere la sentenza. Infila la porta al volo. Forse teme che il PM possa cambiare idea. Riappare dopo dieci minuti esatti. Le sue sentenze sono leggendarie. Scritte probabilmente come Mario Tobino, lo scrittore dei matti, sapeva redigere le cartelle cliniche in manicomio. Fulminanti pagine di letteratura pura. Legge una motivazione impeccabile. Pagherò una multa, anzi non pagherò manco quella perché è sottoposta alla sospensione condizionale della pena. Tra cinque anni il mio delitto sarà estinto per effetto della sospensione, se non commetterò altri reati della stessa indole. Sento un peso enorme lasciarmi i muscoli. E' finita. Ho bisogno di sedermi qualche istante. Franco e Massimo mi stringono la mano. Il Giudice Ferri mi fa un grande sorriso e si ritira non senza avermi omaggiato di uno sguardo che dura alcuni istanti. Pino, il cancelliere, viene a salutarmi anche lui e mi porta un caffè. Un bicchiere d'acqua. Mi alzo e vedo venirmi incontro Giulia e Ottavio. Ma che cavolo ci fate qui? Pensavi forse che ti avremmo lasciato solo ? No, lo sapevo che qualcuno sarebbe venuto in mio aiuto. Ottavio ha lo sguardo velato. Mi stringe un braccio piano, senza fare male, una specie di carezza tra uomini, come infilare un amo dentro la lenza, con la delicatezza tipica di chi è versato nella perizia dei sentimenti. Sono sicuro che dietro quella specie di abbraccio con cinque dita di seta ci sia mio papà a sussurrare. Agata dove sei ? Avrei voluto vederti al posto di Giulia, lo so per certo, senza il minimo dubbio. Ma la vita è così. Tutti i giorni non si possono avere ninnoli e bibelots insieme. Te ne arriva uno e già dovrebbe essere una festa. Io e Tardito ci stringiamo la mano.
- Allora avvocato, ci vediamo alla prossima udienza.
- Si, giudice, alla prossima.
- Stia bene.
- Anche lei. Arrivederci.
- Arrivederci.
Mi ha quasi rovinato la vita e se ne va così, manco fosse stata un'udienza qualunque. Un po' di lotta e poi in fondo si resta su due posizioni antitetiche che non si incontreranno mai. Su piani opposti ma complementari. Gli avvocati senza i pubblici ministeri sono soggetti con le mani nude, destinati a non tirare su neanche un pesce. Siamo pesi e contrappesi di un unico sistema che non può funzionare senza uno dei due. Se ne va con l'autista della Procura. Sparisce nelle scale un mio incubo. Prendo Giulia e Ottavio a braccetto e li porto a mangiare fuori, sul mare. Abbraccio Franco e saluto Massimo. Sono fatto così. Istintivo e passionale. Franco lo vedo sorridente. Una specie di Gandalf il Bianco che se ne va a bordo della sua semplicità. Mi ha fatto uno dei più grandi doni che si potessero desiderare. E' contento come una pasqua. Non so se riuscirò a ringraziarlo mai abbastanza. In quattro o cinque giorni ha risolto tutto. Ora devo attendere la camera di consiglio del procedimento disciplinare e poi sarà finita. Siamo sul mare. Sulla passeggiata. Come sono belli i miei due custodi.Ottavio e Giulia sono venuti in corriera per stare vicino a chi forse non si è reso conto di quanto sono importanti alcuni affetti. Effettuali, cioè legati ad una specie di movimento concreto, come una pallina da tennis o un pallone del cui effetto puoi vedere tutta la traiettoria librarsi nell'aria. Effettuale è una parola, un aggettivo che utilizzava di molto Leonardo Sciascia, per indicare ciò che potesse esercitare un'incidenza effettiva sulle circostanze. Tutti e due pesano nella mia vita ma ho commesso l'errore di darli per scontati. Sono stabili nel vento, invece. Anche se è scirocco. Quando Aldo Moro morì, qualcuno scrisse o disse (forse Francesco Cossiga), che nel suo sguardo c'erano anni di scirocco. E' il vento della follia, o della morte. Per questo bisogna avere a disposizione una stanza apposta contro la pazzia. Nella Sicilia del XVIII secolo tutti i palazzi nobiliari ospitavano la stanza dello scirocco in cui ci si rifugiava quando quel vento caldo, che fa strabiliare tutte le cellule nervose, soffiava fuori. Ma dalla morte, anche quella interiore per secchezza d'amore, dove ci si rifugia, in quale stanza del palazzo si può trovare riparo ?Ottavio e Giulia sono le mie due stanze dello scirocco, come disse Leonardo Sciascia ne L'affaire Moro. Sonoi miei rifugi costruiti in perfetta corrispondenza d'anima e cuore insieme. Due bunker d'acciaio e seta. Non gli ho mai dato importanza ma devo farlo. Chi si presenta quando la situazione crolla, va premiato. Chi è assente, no. Ha sempre torto. Mangiamo frittura di pesce croccante, e fiori in pastella. Giulia ed io recitiamo il solito copione. Diciamo ad Ottavio che non sono buoni come i suoi. Il sole è forte sul mare appena mosso. La vita mi regala un giorno di pace. Dietro un'onda più alta delle altre lascio quanto mi ha fatto deragliare quest'anno. Una specie di asciugamano fradicio di sudore e disperazione. Anche Agata è dentro quello straccio che un tempo era trapunto d'amore e di stelle. Solo per amore ho commesso la violazione più grave del Codice deontologico degli avvocati, quella che non punisce chi si innamora della propria ex praticante.
Non sono stato professionale nemmeno nei sentimenti.
Mi sento più leggero, ma non è che la mia vita sia davvero cambiata. Fino a quando il Consiglio dell'Ordine non sentenzieràche la mia posizione è a posto, non sono sereno. Franco è stato netto. Mi ha detto che è già tutto a posto. Ha parlato con il Procuratore Capo e per lui la censura è la sanzione da infliggermi. Gli ha detto chiaro e tondo che quella chiederà e basta. Gli avvocati che formano il Consiglio in teoria sono autonomi. L'ultima parola spetta a loro ma non credo che l'accanimento nei miei confronti arrivi ad una richiesta sanzionatoria più severa di quanto chiederà il Procuratore. O forse mi sbaglio. Sono ottimista. Voglio godermi qualche giorno di tranquillità. Ho chiesto al Presidente dell'Ordine di fissare la mia audizione subito. Vorrei arrivare all'ultima udienza a carico della Salmaso meno stressato delle altre volte. Restituitemi laconcentrazione di un tempo, quella dove i miei pensieri andavano filati verso un unico bersaglio, che poteva essere mobile quanto voleva. Lo avrei centrato comunque. Il Presidente mi ha fatto sapere che non dovrebbero esserci problemi e di avere apprezzato la mia condotta processuale improntata a correttezza e costruttività. Così, mi ha detto. Hai avuto un atteggiamento costruttivo. Enzo si chiama, il mio Presidente. Un uomo equilibrato, con i capelli biondissimi, l'aria da albino, un'eleganza british. Detto da lui vale trecento scudi. Diciamo che ho fatto quanto mi è stato consigliato anche per non danneggiare Agata. Sono passato dallo studio. Più per vedere se ci fosse che per fermarmi a lavorare. Ho promesso a Giulia di portarla fuori questa sera, con programma dopo cena assicurato. Andremo al cinema e poi a fare l'amore a casa. Agata non c'è. La novità è che in studio le sue pratiche sono scomparse. A questo punto non so se cominciare a preoccuparmi seriamente oppure no. Provo a chiamarla al cellulare ma è sempre staccato o non raggiungibile. Il fatto che abbia litigato con me non l'autorizza a mollarmi professionalmente senza una spiegazione. Questo è quello che penso. So che dentro di me la vorrei ancora. La vedo sempre sulla sua scrivania. Discinta, con i seni grandi e duri fuori dalla camicetta quando la prendevo qui. Con una specie di fame antica, incontrollata. Con tutta la voluttà di questo mondo o forse di un altro. Mi viene in mente una battuta da caserma che sentii tempo fa. Non pensava mica di scoparsela solo lui, pronunciata a riguardo di un uomo – come me – il quale usciva con una ragazza molto più giovane di lui e troppo avvenente. Però non posso sempre pensare con lui, il mio organo, per intenderci. Agata sarà tutto quello che volete, la voluttà dentro una coppa di argento ma non è venuta neanche all'udienza del mio processo. Ho patteggiato anche per non danneggiarla. E poi, lo studio. Si è portata via le pratiche, le sue riviste, ma possibile. Cosa fa ? Apro i suoi cassetti: vuoti. Tutti. Uno dietro l'altro. Sembro un mezzo folle. Mi ha mollato quattro a zero. Le vedo con l'angolo dell'occhio. E' un riflesso metallico che attira lo sguardo. Sono le sue chiavi. Quelle dello studio. Sopra una busta. La apro di fretta. La strappo letteralmente. C'è un foglio. E' una lettera per me. E' la comunicazione scritta al computer di un altro indirizzo di studio. Ha cambiato ufficio. Se n'è andata, senza neanche sbattere la porta. Ha preferito eclissarsi clandestinamente, come una ladra. O forse sono io ad aver tentato di rubare ciò che non mi apparteneva ma l'ho capito soltanto adesso. Fa male. Fa male da sentirsi senza forze, come se tutta l'aria esalata dai polmoni all'improvviso. Lo sapevo, lo sapevo, qualcosa mi diceva che non sarebbe mai stata mia. Mi ritrovo a sedere sulla sua sedia.Questo colpo non me l'aspettavo. E' un calcio sotto la cintura. Le cose peggiori stanno nel silenzio, in tutto quello che non ti dicono così da lasciarti immaginare il peggio. Fateci caso:le persone che ti mollano senza dirti nulla sono le peggiori. In una scala umana, o antropica, chi peggio degli irresoluti può farti male ? La vera forza è sempre stata per me in chi ti mette la faccia davanti per dirti tutto quello che in animo gli ribolle. Andarsene senza parlare, in pieno mutismo volontario, significa che non vali neanche un secondo del loro tempo oppure che anche una spiegazione non sarebbe valsa la pena. Penso che chi non ti parla è un vile. Possibile che Agata sia stata così, possibile che in dieci anni non mi sia reso conto di chi avessi vicino a me ? Piango, piango, piango. Non mi accorgo che è calata la sera. Mi pulisco gli occhi, vado in bagno a sciacquarmi la faccia. Vedo nello specchio un uomo stanco. Occhiaie profonde e bordate di nero,rughe incise nella pelle come strie su cuoio usato, uno sguardo da animale respinto ai bordi della jungla. Va bene, mi sento come Giobbe. Questo è stato il pugno più duro di tutti.
Sono all'angolo.
Il telefono squilla. Mi dà una scossa che si trasmette a tutto il corpo. E' Giulia. Mi sta aspettando di sotto. Esco e affronto la serata come se niente fosse. Non si accorge di niente. O forse fa solo finta. Le donne sono conservatrici. Alcune distruggono tutto quello che fanno o dicono di voler fare. Quello che non mi spiego è quanto la mia vita possa ancora virare in negativo e quanto ci sia di positivo all'orizzonte. Mi sono veramente rotto i coglioni. Sono furioso come una pantera e non ho più voglia di subire le avversità passivamente. Faccio l'amore con Giulia come un sitibondo. La prendo in tutti i modi. Lei urla come una matta. Gode in continuazione ed io eiaculo dappertutto. Ci addormentiamo sfiniti. Dormo un sonno con mille sogni. Al mattino mi sento sereno. Vado viapresto. Giulia dorme ancora. Non so ancora cosa ne sarà della mia storia con lei. Di rimettermi con mia moglie non so se abbia desiderio. Devo riorganizzare lo studio alla svelta. Non posso restare solo troppo a lungo. Nona cinquant'anni. Chiamo l'Ordine e mi dicono che la mia udienza è fissata tra una settimana. Tra dieci giorni ho l'udienza Salmaso. Perfetto. A dire il vero avevo chiamato per un'altra cosa, esclamo. Avete mica qualche praticante neolaureato ? Si, ne abbiamo uno, un ragazzo. Mandatemelo. Dovrò insegnarli di nuovo tutto. Le femmine nel mio studio hanno finito di dominare. D'ora in avanti soltanto maschi. Si chiama Giovanni, è un bel ragazzo pulito che ha iniziato tardi l'università perché prima lavorava. Quando si è accorto che consegnare pizze a domicilio non era la sua vita, ha utilizzato i risparmi che aveva da parte e si è iscritto all'università contro il volere dei suoi familiari. Si è laureato al volo, senza mai toppare un esame. Arriva dalla strada ma è molto educato, e grato di essere qui. In questo studio dove ogni giorno ne succede una nuova ed in cui il suo dominuspasserà ben presto sotto le forche dell'Ordine per sapere se possa ancora continuare ad esercitare. Ha davvero poco da essere grato ma non ho il coraggio di dirglielo.
Non so neanche quanto si fermerà e se si fermerà.