Riferimenti normativi: Art. 8 L. n. 431/1988 - Art.26 T.U.I.R.
Focus: In pendenza della causa di convalida dello sfratto per morosità del conduttore, é tassabile, ai fini Irpef, il reddito di locazione di immobili ad uso commerciale per i canoni di locazione non corrisposti?
Principi generali: E' principio generale che il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo, ai sensi dell'art. 8 della L. n. 431/1988, è tassabile anche relativamente ai canoni non percepiti per morosità finché non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto, in quanto tale reddito è imputabile in base alla titolarità del diritto reale a prescindere dalla sua effettiva percezione (Cassazione sentenze nn. 12332/2019, 348/2019 e 19240/2016). Perciò, il reddito derivante dai canoni non percepiti non dovrà essere dichiarato solo dopo la risoluzione del contratto o la convalida di sfratto per morosità. Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con Ordinanza n.15618 del 4 giugno 2021 in un caso in cui l'Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento con il quale era stato recuperato a tassazione, ai fini Irpef, il maggior reddito non dichiarato di canoni di locazione commerciale per l'anno 2004.
L'avviso di accertamento era stato impugnato dal contribuente con ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pescara eccependo che il canone di locazione accertato non era stato dichiarato in quanto non percepito per morosità del conduttore, accertata con un provvedimento di convalida di sfratto pronunciato nel 2004. Il ricorso era stato rigettato dai giudici, sia in primo che in secondo grado, ed il contribuente ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di appello. Secondo quest'ultima il canone dovuto al locatore dell'immobile adibito a uso commerciale, in caso di inadempimento del conduttore, concorrerebbe a formare il reddito imponibile anche se non percepito e non sarebbe tassabile, ai fini Irpef, solo per il periodo successivo al provvedimento di convalida dello sfratto per morosità e non per il periodo anteriore. Ciò in quanto la tassazione del reddito locativo è collegata al diritto a percepire il reddito che si estingue unicamente quando, per qualsiasi causa, la locazione sia cessata. I giudici di legittimità hanno confermato la decisione dei giudici di merito sulla base del principio generale per il quale i redditi fondiari concorrono alla formazione del reddito imponibile. Principio che è riconducibile all'art. 26 del T.U.I.R. il quale stabilisce espressamente (nel primo comma, secondo periodo) che "i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare".
Sulla base di ciò, fatta eccezione solo per i redditi derivanti dalla locazione di immobili abitativi, che se non percepiti non hanno rilevanza reddituale, i canoni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, in caso di inadempimento, concorrono a formare la base imponibile Irpef, indipendentemente dalla loro percezione, fino alla risoluzione del contratto di locazione che può anche coincidere con un provvedimento di convalida di sfratto in quanto esso è finalizzato sia alla risoluzione del contratto che al rilascio del bene. Tale principio era stato già affermato dalla Corte Suprema con la sentenza n.12905 del 1° giugno 2007, nella quale è ribadito che "Il solo fatto dell'intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo di per sé ad escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile Irpef, (...) salvo che, e non è il caso di specie, non risulti l'inequivoca volontà delle parti di attribuire alla risoluzione stessa efficacia retroattiva". È stato poi precisato che, nell'ambito dei contratti di locazione, la risoluzione del contratto non ha effetto naturalmente retroattivo, giacché trattandosi di contratti a esecuzione continuata o periodica, l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. Non opera, infatti, in tal caso il principio di retroattività della risoluzione del contratto per inadempimento, ex art.1458 c.c., perché non si estende alle prestazioni già eseguite. Conseguentemente, non viene meno l'obbligo del pagamento del canone di locazione per il periodo precedente alla risoluzione durante il quale il conduttore ha goduto o avrebbe potuto godere della disponibilità dell'immobile. Per tale periodo, quindi, il canone concorre a formare la base imponibile Irpef (cfr. Cass., Sez. 5,18/11/2005, n. 24444; Sez. 5, 01/06/2007 n. 12905; Sez. 5,18/01/2012, n. 651). In conclusione, quindi, la Corte ha ribadito il principio che in caso di inadempimento del conduttore di immobile adibito ad uso commerciale, fino alla pronuncia dell'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità del conduttore, il canone dovuto al locatore concorre a formare il reddito imponibile, ancorché non percepito.