Quando nei sinistri stradali sono coinvolti i pedoni, si pensa che questi ultimi abbiano sempre ragione, dovendo essere il conducente a prestare la massima attenzione. In realtà, in punto, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa nel senso che anche il pedone può essere ritenuto responsabile del sinistro. Infatti, quest'ultimo deve assumere, comunque, un comportamento prudente e ciò al fine di evitare che eventuali sue imprudenze possano concorrere nella causazione dell'incidente. Nel caso in cui la condotta posta in essere dal pedone sia stata determinante nella dinamica del sinistro stradale, la giurisprudenza, in ogni caso, non imputa mai una totale responsabilità in capo allo stesso. Solitamente, la responsabilità viene ripartita tra quest'ultimo e il conducente. E questo è quanto è stato statuito nell'ordinanza n. 29254 del 14 novembre 2018 dai Giudici di legittimità. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta alla loro attenzione. Il ricorrente è stato investito mentre attraversava la strada. Egli è stato rivenuto in evidenti condizioni psico-fisiche alterate, a causa dell'assunzione di alcool e droga. Sebbene, nell'incidente occorso, il comportamento imprudente del pedone sia stato tale da determinare apparentemente, in via esclusiva, la causa del sinistro, i Giudici di merito non hanno ritenuto che il conducente fosse esente da responsabilità ed hanno riconosciuto un concorso di colpa per tre quarti in capo al pedone e per il residuo quarto in capo al conducente. Analizziamo le motivazioni condivise, tra l'altro, dalla Suprema Corte di Cassazione. Nel caso di specie, il pedone ha attraversato una strada provinciale priva di illuminazione artificiale, in un'ora buia. Tale circostanza avrebbe dovuto indurre il pedone a prestare attenzione, mediante l'adozione di un comportamento prudente. Invece, la prudenza richiesta per tali ipotesi non è stata osservata, non solo perché il pedone, al momento del sinistro, era ubriaco, ma si trovava in uno stato psico-fisico alterato, oltre che dall'alcool, anche dall'assunzione di stupefacenti.
Tale comportamento, sebbene sia talmente grave da far presumere l'imputabilità del sinistro, in via esclusiva, in capo al pedone, nel caso di specie, è stato stabilito un concorso di colpa in misura dei tre quarti a carico del ricorrente e del residuo quarto a carico del conducente investitore. E ciò in considerazione del fatto che è stato ritenuto che quest'ultimo avrebbe dovuto percorrere quella strada che versava in condizioni di ridotta visibilità ad una velocità più moderata in modo che, all'avvistamento di un qualsivoglia pericolo (quale appunto un pedone sbucato all'improvviso), avrebbe potuto avere il tempo di frenare ed evitare l'impatto. Questo, nella fattispecie in esame, non è accaduto. Con l'ovvia conseguenza che la responsabilità va ripartita tra i due soggetti coinvolti nel sinistro. In tali ipotesi, infatti, trovano applicazione gli artt. 1227 c.c. e 2054 c.c., comma 1. In base a tali disposizioni:
- se il creditore (nel caso di specie, il danneggiato - ricorrente) ha concorso colposamente a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate;
- il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore (nel caso di specie, il danneggiato - ricorrente) avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza;
- il conducente di un veicolo è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo stesso, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Dall'esame delle norme appena citate, appare evidente che il ricorrente, con il suo comportamento imprudente è nella posizione di creditore che ha concorso colposamente nella causazione del fatto dannoso, ossia del sinistro.
Orbene, al fine di escludere il diritto del ricorrente ad ottenere il risarcimento danno e quindi ai fini dell'imputabilità, in via esclusiva, del sinistro in capo allo stesso, è necessario prendere in esame anche il comportamento del conducente investitore. Quest'ultimo, perché possa liberarsi dalla presunzione di responsabilità, deve provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro. Nel caso di specie, questa prova non è stata fornita. Anzi, nel corso del giudizio, è emerso che il conducente procedeva ad una velocità sostenuta. Questo, a parere dei Giudici, è sufficiente per considerare il comportamento dell'investitore concorrente con quello dell'investito. Diverso sarebbe stato il caso in cui il conducente avesse mantenuto una velocità ridotta e, quindi, un comportamento prudente. In quest'ipotesi, qualora il sinistro fosse stato ugualmente inevitabile, la causa, molto probabilmente, non sarebbe stata ritenuta imputabile anche all'investitore, ma in via esclusiva al pedone. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d'Appello ha ben motivato il ragionamento a fondamento delle conclusioni relative al concorso di colpa, in quanto ha tenuto conto della ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, della valutazione della condotta dei singoli soggetti coinvolti, dell'accertamento e della graduazione della colpa, dell'esistenza o dell'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e dell'evento dannoso. In virtù di tanto, quindi, la Corte di Cassazione non ha accolto le doglianze dei ricorrente in quanto, reputate, prive di qualsivoglia rilevanza in punto di concorso di colpa e ha confermato la sentenza impugnata.