In caso di sinistro stradale causato un'autovettura con targa estera, la particolarità della fattispecie non incide in alcun modo sul riparto dell'onere probatorio. Con l'ovvia conseguenza che chi agisce in giudizio deve allegare e provare gli elementi costitutivi della sua domanda, tra i quali la titolarità della posizione soggettiva passiva.
Questo è quanto ha statuito la Corte di cassazione con ordinanza n. 12232 del 9 maggio 2019.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa.
Il ricorrente è rimasto coinvolto in un incidente stradale. In buona sostanza, è accaduto che mentre era alla guida di un motociclo è stato travolto da un veicolo, immatricolato all'estero. Il Giudice di Pace adito ha rigettato la domanda, compensando le spese in quanto ha ritenuto che l'attuale ricorrente non ha fornito la prova di aver correttamente convenuto in giudizio il responsabile civile proprietario del veicolo danneggiante. Infatti, non è stato dimostrato che il veicolo danneggiante fosse di proprietà del convenuto. La decisione di primo grado è stata impugnata, ma in appello essa è stata confermata.
Il caso è giunto dinanzi alla Suprema Corte.
La decisione della SC.
Innanzitutto, appare opportuno richiamare la normativa applicabile alla questione in esame, contenuta negli artt. 125 e 126, D.Lgs. n. 209/2005. Secondo tali disposizioni, anche per i veicoli immatricolati o registrati in Stati esteri, «muniti di certificato di uso straniero o di altro documento equivalente emesso all'estero», sussiste l'obbligo di assicurazione, per tutta la durata di permanenza in Italia.
Tale obbligo si considera assolto quando:
- è stipulato un contratto di assicurazione "frontiera", avente ad oggetto la responsabilità civile derivante dalla circolazione del veicolo nel territorio della Repubblica e degli altri Stati membri, alle condizioni e fino ai limiti di somma stabiliti dalla legislazione in vigore in ciascuno di essi;
- l'Ufficio centrale italiano si rende garante per il risarcimento dei danni cagionati in Italia dalla circolazione dei medesimi veicoli;
- con atto dell'Unione europea viene rimosso l'obbligo negli Stati membri di controllare l'assicurazione di responsabilità civile per i veicoli muniti di targa di immatricolazione rilasciata dallo Stato terzo;
- il conducente è in possesso di una carta verde emessa dall'Ufficio nazionale di assicurazione estero ed accettata dall'Ufficio centrale italiano.
Quest'ultimo Ufficio:
- svolge le funzioni dell'Ufficio nazionale di assicurazione;
- stipula e gestisce, in nome e per conto delle imprese aderenti, l'assicurazione frontiera;
- è domiciliatario dell'assicurato, del responsabile civile e della loro impresa di assicurazione, ai fini del risarcimento dei danni cagionati da circolazione di veicoli con targa estera in Italia;
- è legittimato a stare in giudizio in nome e per conto delle imprese aderenti, nelle azioni di risarcimento innanzi esposte.
Da quanto sopra, risulta chiaro che la disciplina di cui agli artt. 125 e 126 su menzionati si riferisce a fattispecie connotate di una certa specialità, come quella in esame. Per il ricorrente, proprio detta specialità assume rilievo soprattutto in punto di riparto dell'onere della prova. Egli, infatti, «pur condividendo in astratto la tesi della spettanza all'attore dell'onere di allegare e provare la titolarità attiva o passiva quale elemento costitutivo della domanda», ritiene che nella questione in discussione è possibile un diverso riparto dell'onere della prova. In buona sostanza, a suo dire, è il soggetto chiamato in causa ad avere l'onere di paralizzare l'azione, eccependo il difetto di titolarità in capo al conducente del veicolo danneggiante. E ciò in considerazione del fatto che quest'ultimo o la sua compagnia di assicurazione è nelle condizioni di accedere ai dati relativi alla proprietà del veicolo danneggiante e quindi di provare la non coincidenza della sua qualità di danneggiante con quella di proprietario del veicolo, paralizzando la domanda del danneggiato.
Di diverso avviso è la Corte di Cassazione.
Secondo quest'ultima, «la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché la relativa allegazione e prova incombe sull'attore (Cass., U, n. 2951 del 16/2/2016, Cass., 3, n. 14652 del 18/7/2016; Cass., 1, n. 15037 del 21/7/2016; Cass., 6-3 n. 22525 del 24/9/2018). Né la particolarità della fattispecie né la normativa degli artt. 125 e 126 del D.Igs. 205/2009 legittimano una diversa soluzione, non incidendo in alcun modo la peculiarità del caso sul riparto dell'onere probatorio della titolarità della situazione soggettiva controversa».
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, confermando la sentenza impugnata.