Di Carmela Patrizia Spadaro su Lunedì, 13 Febbraio 2023
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Si può richiedere la rimozione di arbusti e piante che arrecano danni ai vicini?

Riferimenti normativi: Artt.892 – 896 – 2051 c.c.

Focus: Aiuole, fioriere e vasi svolgono una funzione di tipo estetico e decorativo di interi edifici o di singole unità immobiliari ma richiedono anche molta cura per evitare di arrecare danni. In caso di inerzia del proprietario che non provveda alla relativa potatura quali azioni legali si possono promuovere per la rimozione di arbusti e piante che riducono la luce e la vista degli immobili vicini?

Principi generali: In generale, in mancanza di regolamenti e di usi locali, nel posizionamento delle piante devono essere osservate determinate distanze tra fondi confinanti. L'art. 892 c.c. elenca in maniera articolata dette distanze al fine di tutelare il vicino dalla diffusione sul proprio fondo di radici e dal danneggiamento che potrebbe scaturire dalla diminuzione di aria e luce in presenza di alberi e siepi di altezza superiore a quella prevista dalla norma. Tali distanze vanno osservate solo se sul confine non esiste un muro divisorio, proprio o comune. Infatti, se tale muro sussiste è consentito mantenere una siepe di alberi di alto fusto a meno di tre metri da esso, purché le piante siano tenute alla stessa altezza del muro stesso, perché in questo caso il vicino non vede la siepe e non subisce la diminuzione di aria, luce, soleggiamento e panoramicità (Cass. sent. 12956/2000).

Essendo stabilite nell'interesse privato le distanze possono essere derogate dalla volontà dei soggetti coinvolti (costituzione di una servitù, convenzione, usucapione del diritto a tenere alberi a distanza illegale). In ogni caso, se si accerta che gli alberi del vicino sono stati piantati violando le distanze legali e i rami degli alberi invadono il confine, il proprietario del fondo confinante può costringere il vicino a provvedere al taglio, ai sensi dell'art. 896 c.c., ricorrendo al giudice con la richiesta di tutela in forma specifica per la condanna del vicino ad eseguire potatura, o formulando un'istanza di tutela per equivalente al fine di essere autorizzato dal giudice ad eseguire la potatura a spese del vicino che non vi provveda (Cass.Ord.n.30188/2021). Oltre ai regolamenti comunali ed agli usi locali, in ambito condominiale si deve tener conto del regolamento condominiale. Ciò è stato evidenziato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo la quale il proprietario di una unità immobiliare è tenuto a rimuovere le fioriere che ostruiscono la veduta al vicino, così come previsto dal regolamento condominiale, anche se al momento dell'acquisto non esisteva ancora il regolamento ma il compratore aveva conferito l'incarico alla società venditrice di predisporlo in nome e per proprio conto (Cassazione civile sez. II, 14/11/2016, n. 23128).

Se il regolamento condominiale non esiste, il proprietario dell'unità immobiliare che patisce il danno può ricorrere in giudizio dinanzi al giudice per ottenere, previa diffida a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, la rimozione di alberi o siepi del vicino, ai sensi dell'art. 896 c.c., o la recisione di rami che invadono la sua proprietà ostruendo la vista e riducendo la luce del proprio appartamento. Inoltre, può essere chiesta la condanna del vicino al risarcimento del danno, ex art.2051 c.c., poiché il proprietario di un bene è responsabile delle cose in custodia e, quindi, risponde dei danni che siano conseguenza diretta e prevedibile della mancata manutenzione. La facoltà di chiedere la recisione dei rami può essere esercitata in qualunque tempo, sia dal proprietario che da qualsiasi altro titolare di diritto reale, quale l'usufruttuario, ed è imprescrittibile. A tal proposito, la Corte di Cassazione ritiene che "il proprietario dell'albero non acquista, a titolo di usucapione, il diritto di far prolungare i rami della pianta sul fondo del vicino, neppure quando l'albero esista da moltissimi anni e mai sia stata presentata la richiesta della potatura dei rami sporgenti" (Cass. Ordinanza n. 21694 del 15 gennaio 2019). Infine, se si teme un grave e imminente danno dalla situazione contingente si può agire con ricorso d'urgenza, ai sensi dell'art.700 c.p.c..