I Giudici della Prima Sezione Penale della Corte Cassazione con sentenza n. 18861 del 7 aprile 2017, hanno stabilito che l´ammissione al regime dellasemilibertà prescinde dalla tipologia dell´impegno professionale svolto dal richiedente. In applicazione di tale principio, purchè sia stata verificata preventivamente la presenza delle condizioni richieste per favorire il graduale reinserimento sociale del condannato, è possibile concedere il regime di semilibertà anche al libero professionista che chiede di svolgere la propria attività presso il proprio studio professionale.
L´istituto della misura alternativa alla detenzione della semilibertà è previsto dall´art. 50 dell´Ordinamento Penitenziario (legge n. 354 del 1975) e può essere concessa al condannato quando sia stata accertata dal Tribunale di Sorveglianza la presenza di progressi compiuti dal condannato durante il trattamento penitenziario, che consentano di ritenere che vi siano le condizioni per il suo graduale reinserimento sociale.
Nel caso in esame, il condannato con ordinanza emessa il 14/05/2014 dal Tribunale di Sorveglianza di Potenza, in accoglimento dell´istanza di sostituzione dell´attività lavorativa svolta in regime di semilibertà, era stato autorizzato a svolgere, in prosecuzione della misura alternativa di cui beneficiava, l´attività di ingegnere libero professionista, presso il suo studio, ubicato a (OMISSIS).
Tale autorizzazione era stata concessa a causa del licenziamento, disposto nei confronti dell´istante per contingenti difficoltà economiche, dalla società XXXXX s.r.l., presso cui lo stesso aveva lavorato dopo essere stato ammesso al regime della semilibertà con ordinanza del Tribunale di Potenza .
Avverso l´ordinanza di concessione del regime di semilibertà emessa dal Tribunale di Sorveglianza, proponeva ricorso in Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza per mancanza dei presupposti previsti dall´art. 50 dell´Ord. Pen., attesa la genericità delle indicazioni fornite dall´istante sull´attività professionale che avrebbe dovuto svolgere, anche tenuto conto della sua natura privatistica.
I Giudici della Corte, con la sentenza in commento, hanno ritenuto il ricorso proposto assolutamente infondato, infatti hanno innanzitutto rilevato che il Tribunale di sorveglianza si era attenuto ai criteri indicati dall´art. 50 Ord. Pen., osservando che vi erano stati significativi progressi nel trattamento penitenziario del S. e che tale impegno professionale, potesse agevolare il suo reinserimento sociale, ancorchè svolto con modalità di lavoro autonomo professionale e senza alcuna retribuzione a carico di terzi. (cfr. Sez. 1, n. 47130 del 25/11/2009, De Stasio, Rv. 245724).
Per queste ragioni il ricorso del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza è stato dichiarato inammissibile.
Si allega sentenza
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