Di Alberto Pezzini su Domenica, 18 Novembre 2018
Categoria: Alberto Pezzini: scaglie di ingiustizia

Se assumiamo un incarico, non possiamo svolgerlo all'osso, ne va del nostro culo, ma perderemmo anche la faccia

 Leggi le notizie sugli avvocati e torni sempre lì, al tasto dolente intrinseco alla professione:la cronica condizione di chi lavora ma non viene pagato o non abbastanza.

E' una qualità, anzi uno stato intrinseco alla professione, consustanziale.
I lai che levano i clienti li conosciamo tutti:ma questi soldi li devo mettere io, non possiamo fare a metà se vinciamo, se vince la causa le faccio un bel regalo (ma chi sei, Babbo Natale ?) eccetera eccetera.
Hanno e mostrano sempre la solita espressione:un po' così, come siamo noi che abbiamo visto Genova, cantava Bruno Lauzi.
Ho letto di alcuni post sul nostro portale:un collega scrive che – per la scarsa monetizzazione dei suoi incarichi – ormai scrive atti ridotti all'osso.
Tanto chi se ne importa di studiare, questi qui non pagano.
La frustrazione sale come la marea quando lavori senza retribuzione.
Il rischio però è che – a redigere atti insufficienti – si rischia anche l'osso del collo. Non facciamoci sviare dalla modestia della questione.
Se sbagliamo – paganti o no – ci vengono poi a rompere i santissimi.
Anzi.
Sono più grami e più tormentosi proprio quei clienti che ti hanno affidato incarichi di modesta entità e – pur non pagando – pretendono – anzi esigono – da te una condotta professionale alla Alan Dershowitz.
Il punto resta un altro.
Se assumiamo un incarico, non possiamo svolgerlo all'osso.
Prima di tutto perchè rischiamo il culo.
Il nostro, prima di quello del cliente.
E poi perchè la faccia professionale – coincidente con la firma in calce all'atto – resta la nostra.
Fare una meschina figura in udienza, farsi strapazzare da un giudice che ti dice quanto malfatto sia il tuo atto – magari davanti ad altri colleghi – non è piacevole.
Ma soprattutto non possiamo giustificarlo dicendo che non ci hanno pagato.
Non farlo, insorgerebbe il giudice, oppure lo penserebbero i colleghi, anche quelli più accomodanti, con un surplus di discredito professionale misto anche ad un giudizio etico.
Cornuti e mazziati, insomma.
Quando arriva il lavoro in studio facciamo sempre fatica tutti a mandarlo via.
Ci sembra un peccato mortale.
Farlo male – se non ci pagano – equivale però a commetterlo, il peccato.
Capisco benissimo che non essere pagati – assumendosi la responsabilità di confezionare un atto meglio che si possa – faccia girare i coglioni a mille.
Ma guardate che non abbiamo scampo se: se abbiamo accettato quell'incarico.
Piuttosto vi consiglio una cosa.
State attenti a chi vi dice oggi le dò questi, anche se pochi, poi domani o dopo le porto il resto.
Nel frattempo faccia l'atto perchè scade.
No, la reazione meno vittimizzante – per noi, e credetemi più protettiva per noi – è quella di rifiutare.
O tutti o subito.
Ho sempre pensato – per induzione insegnatami dall'esperienza – che le persone serie accetteranno di pagare.
Chi versa una modesta parte dell'onorario richiesto - a meno che non lo conosciate bene – potrebbe essere in buona fede, ma di solito non lo è.
A pensare male – infatti – si fa peccato ma non ci si sbaglia mai, diceva Giulio Andreotti.
E' vero che anche pochi soldi – soprattutto in certi momenti bui dell'anno – sembrano un miraggio. Però, occhio.
Restano un miraggio perchè poi non ne vedrete più e dovrete iniziare il ballo delle telefonate brandendo la solita, sinistra (eehh) minaccia:le dismetto il mandato.
E chi se ne frega.
Lui (o lei) si ritireranno le carte – che avete l'obbligo di consegnare - e andranno ad inchiappettare un altro collega usando la tecnica consumata del verso un poco e domani porto il resto.
La celebre regola del pagamento detto a babbo morto.
I miseri resti – come categoria – rischiamo di diventare noi.
Ogni tanto – poi – quando i nostri lai professionali si fanno troppo acuti, inciampiamo anche in quelli che ci fanno la paternale.
Dovreste fare come negli Stati Uniti dove a perdere le spese sono in due (sic), l'avvocato e il cliente.
A questi scienziati in utroque iure che si dilettano nell'offrire consigli a noi, ricordo come colà seguiranno anche un sistema del genere ma applicabile soprattutto alle class action ditalchè a guadagnare – quando capita – ci si rimpannuccia per il resto della vita.
A noi, invece, ci rimpannucciano tutti i giorni ma sapete chi?
Cassa Previdenziale, Agenzia delle Entrate, Clienti scassacoglioni.
Di qualcosa si deve pur morie nella vita – lo dice Sean Connery ne Gli Intoccabili – ma proprio così...