Agata arriva in studio e sembra la primavera. Non mi sento di farle vedere nulla, tantomeno un messaggio anonimo che magari mi hanno inviato soltanto per rompermi l'equilibrio. Mi dice che ha chiamato Massimo ed hanno parlato una buona ventina di minuti. Lui resta dell'idea che non debba patteggiare perché esistono spazi di manovra. Quali, mi chiedo, forse non si rende ben conto che affrontare un processo del genere con un testimone così vulnerabile come Agata è altamente pericoloso. Non me la sento di sacrificarla ad una inesistente ragion di stato. Massimo non sa ancora niente di noi due. A parte questo, resta la difficoltà di andare a processo con un teste della difesa che è anche dell'accusa. Ci sono due versioni contrapposte ed alla prima ha preso parte attiva il testimone chiave, cioè Agata. Andare al dibattimento equivale a suicidarsi perché ci si porta appresso un materiale altamente infiammabile. Chiedo ad Agata se Massimo possa parlare con il Procuratore per quanto concerne il procedimento disciplinare. Per me resta quello il punto di svolta, la boa alla quale legare la mia decisione definitiva. Mi dice che Massimo non ci vuole parlare, che i rapporti sono tesi, e che la ritiene una decisione inopportuna perché equivale ad una ammissione di responsabilità.
- Ma cazzo, Agata, ma Massimo è normale ? Ma se voglio patteggiare, e certo che è un'ammissione di responsabilità !
- Secondo lui ci sono spazi.
- Ancora ! Ma quali spazi.Secondo me è folle totale, amore mio.
E ce ne andiamo al mare. Si, d'autunno, a camminare sulla spiaggia, dove il senso di perdita e di umiliazione si perde tra le onde. In lontananza, si vede la Corsica. E' una giornata limpidissima, puoi contarci le gocciole di umidità sospese in aria. Ho deciso. Dentro di me ho imboccato la via. Forse conta anche la pressione mentale e nervosa a cui un processo ti sottopone, quel senso di costante apprensione da cui non ti senti libero. Forse, Massimo, come tutti gli avvocati che non sono mai scivolati, non lo capisce proprio.
Non lo può capire.
Non è molto ma ho letto un libro di un avvocato milanese, Bruno Cavallone, La borsa di Miss Flite con argomento il processo visto come un gioco. L'autore – professore di procedura civile all'università - dice che il processo si avvicina alla metafisica ed è come una malattia. Tutto si piega al processo, diventa qualcosa di ossessivo, che ti domina le giornate entrando in tutti i gangli dell'esistenza tua. La sentenza non è la malattia, è il processo che si trasforma alla fine in qualcosa di definitivo. Il processo è come entrare in un'altra dimensione. Chi ha superato quella soglia, può capire. Posso pretendere che uno come Massimo mi comprenda, lui che non ha mai neanche intravisto quel confine e ciò che vi sta oltre ? E' come l'armadio delle cronache di Narnia. Chi è entrato lì dentro, in quella scatola temporale piena di pellicce e vecchie giacche, sa quanto sia straordinario e doloroso il viaggio. Tutti gli altri non sanno niente, non lo possono neanche immaginare, e ti prendono per un irrazionale, o per un soggetto poco lucido.
Torniamo in studio. Ci torno io. Agata va a casa a preparare la cena. Non mi faccio persuaso che questa donna mi accompagni l'esistenza. E' proprio vero che ogni vuoto è riempito da un pieno, come al casinò. Perdi da una parte e vinci dall'altra. Non può mai accadere che vada tutto bene. Quanto vale per me Agata ? Può valere il processo a cui mi hanno sottoposto ? E se poi mi lascia ? Alla mia età fa paura dirmelo ma può accadere. E' più giovane, è bella, ed io sono un avvocato onusto di cicatrici su cui l'età ha già scritto parecchie pagine, tutte fitte. Comunque, penso di si, penso che Agata valga un patteggiamento. Non voglio aver paura a farlo, anche per amore. E' volatile l'amore,è una sostanza liquida, che ti scappa da tutte le parti, oppure è solida nella suamultiformità ? Sei proprio sicuro Mario ? Per me l'amore resta l'unica cosa per cui valga la pena vivere, anche se non ho mai avuto una vera famiglia, a parte quella da cui provengo. Per questo ne inseguo sempre il sogno. Un uomo senza famiglia è fragile, perchè non ha dimensione, oppure ce l'ha ma è fallace. Se patteggio, perderò la mia dignità professionale ? Sarò un avvocato che in fondo ha favorito un suo cliente contro lo Stato. Non ho tradito la fiducia del mio cliente. Questo sarebbe stato peggio. L'avvocato che tradisce il suo cliente, rubandogli anche soltanto cinquanta centesimi non dovuti, o venendo meno alla sua fiducia in altra maniera, non è più avvocato. Lo diceva il mio maestro. Piuttosto ti fai squartare, ma non molli quella boa. Mai e poi mai. E' l'unica salvezza e la sola garanzia per continuare a dormire sereno. Non mi sentirò senz'altro diminuito per un patteggiamento del genere. Quando esco dallo studio incontro Alisu. Mi sorride come sempre. Sta per andare a prendere il treno alla stazione e andare a Genova a dormire. Gli regalo dieci euro, così può mangiare qualcosa durante il viaggio. Si inchina come soltanto lui sa fare e io lo rialzo subito.
- Non ti devi inchinare,amico mio, te l'ho già detto un sacco di volte.
- Grazie signore, grazie. Come sta la signora bella ?
- E' a casa, a preparare da mangiare.
- Sono contento. Signora bella ti ha cambiato, signore.In meglio. Più luce in te.
Si inchina ancora una volta e scappa a bordo del suo sorriso migliore. Resto lì a guardarlo, con una contentezza massima che mi spunta dalle tasche per cancellare l'ultima ombra nella mia anima.
Sto arrivando, amore mio.
E' passato un giorno. Oggi sono in Tribunale. Mi hanno chiamato per una direttissima. Incredibile. Di solito ci mandavo Agata ma pare che si tratti di una rapina delicata. Coinvolta una donna, la rapinatrice. Avrebbe sottratto un paio di scarpe usando violenza – quella c.d. impropria – per assicurarsi il frutto della rapina, subito dopo averla commessa. Un paio di scarpe di Footlocker, pensa che cazzo di rapina. E' una ragazza giovane, carina, francese. Sembra immersa in una dimensione che gli altri non vedono. Dò una scorsa agli atti e leggo che si tratta in fondo di un furto con destrezza, altrochè rapina. Il punto in questi casi è riuscire a manipolare abilmente le dichiarazioni contenute nel fascicolo. Bisogna saperle modellare in modo che il passaggio, la derubricazione da rapina a furto avvenga in modo indolore, senza scossoni. Parlo un momento con la Pm, una onoraria. E' anche lei una ragazza mite. Ci accordiamo in cinque minuti. Farò dichiarare spontaneamente alla mia cliente che non ha mai usato violenza; d'altro canto non c'è un verbale di pronto soccorso, ci può stare. Subito dopo patteggio e la faccio uscire al volo. I patteggiamenti stanno diventando merce quotidiana, Squinzati. Fino a ieri eri l'avvocato più combattivo e refrattario a questo tipo di conclusione del processo di tutto il foro. Oggi sei diventato un cultore del rito contratto. Se non ci picchi con il muso, come diceva mio padre, non puoi capire quanto conti l'esperienza nella vita, quanto sia sottile la membrana da cui pensiamo di essere protetti dalla realtà delle cose. Aspettiamo il giudice. Sono seduto in fondo all'aula, come sempre, e guardo il sole fuori dalle finestre. E' una giornata che splende anche in cima al mondo. C'è il sole e l'aria è fresca. O forse sono io a sentirmi così. Entra il mio amico Franco, il principe più anziano di tutti i penalisti, detto Frank Tre dita, perché capace di aggiustare un processo o un'udienza nata male con pochi colpi precisi estratti dalla sua enciclopedica cultura giuridica. Anziano, pletorico come sanno esserlo i grandi avvocati di un tempo, simpatico come i meridionali intelligenti, mi saluta con un sorriso splendente da mandarino cinese.
Mi scende addosso una folgorazione d'amore professionale.