Di Redazione su Giovedì, 30 Giugno 2016
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Rifiuto a svolgere una mansione ritenuta aprioristicamente inferiore: infermiera legittimamente licenziata.

Lo ha deciso la Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 9060 del 2016, depositata il 5 maggio 2016, con la quale, ribadendo e condividendo quanto già affermato dai giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio, la Sezione ha precisato che in casi come quello "de quo", non era possibile fare riferimento aprioristicamente al concetto di demansionamento solo in virtù del formale inquadramento della lavoratrice.
Infatti, il diniego da questa posto in essere di svolgere attività di pulizia è risultato, anche secondo l´apprezzamento del giudice di legittimità, del tutto immotivato ed illogico, avendo la stessa svolto da sempre questo tipo di attività in regime di turnazione.
Né, inoltre, i Giudici supremi hanno ritenuto opportuno prendere in considerazione la doglianza della donna relativa al "vulnus" professionale che sarebbe derivato dalla sua accondiscendenza allo svolgimento di tali mansioni.
I Supremi Giudici, infatti, ribadendo un consolidato orientamento, hanno precisato che il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica può chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell´ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarsi aprioristicamente, senza avallo giudiziario, di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l´esecuzione dei lavoro impartite dall´imprenditore ai sensi degli artt. 2086 e 2104 cod. civ., da applicarsi alla stregua dei principio sancito dall´art. 41 Cost., e potendo egli invocare l´art. 1460 cod. civ. solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, a meno che l´inadempimento di quest´ultimo sia tanto grave da incidere In maniera Irrimediabile sulle esigenze vitali dei lavoratore medesimo.
L´esistenza di un inadempimento così grave da incidere su "esigenze vitali del lavoratore" era stata, nel caso in esame, già dalla Corte territoriale esclusa con motivazione congrua e logicamente coerente ed ancorata a dati obiettivamente emergenti dagli atti processuali.
Ciò detto, non essendo stato configurato demansionamento, né alcun nocumento alla professionalità della donna, il licenziamento irrogato a seguito dei vari richiami disciplinari alla donna è sembrato essere del tutto lecito e privo di vizi anche a parere dei Giudici del "palazzaccio".
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