Di Rosalia Ruggieri su Mercoledì, 21 Luglio 2021
Categoria: Il meglio della Giurisprudenza 2021

Rifiuta di proseguire l’attività di famiglia: cessa l’obbligo di mantenimento

Con l'ordinanza n. 18785 dello scorso 2 luglio, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso l'obbligo per un padre di continuare a versare l'assegno di mantenimento alla figlia ventiseienne,

per il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l'attività commerciale di famiglia nonché per la sua scarsa propensione agli studi.

Si è quindi precisato che "deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, il Tribunale di Messina confermava l'obbligo di mantenimento di un padre nei confronti della figlia maggiorenne.

Su reclamo del padre – che chiedeva la cessazione dell'obbligo di mantenimento nei confronti della figlia ed, in via subordinata, la riduzione del relativo assegno – la Corte di Appello di Messina revocava l'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento alla figlia, in quanto era emerso, nonostante l'età (ventisei anni), la sua indiscutibile scarsa propensione agli studi, nonché il suo altrettanto poco volenteroso impegno nel proseguire l'attività commerciale che padre e zio le avevano prospettato mettendole a disposizione persino un locale. 

 Ricorrendo in Cassazione, la figlia censurava la decisione per violazione e falsa applicazione dell'art. 6 della legge n. 898 del 1970132 c.p.c., per avere la Corte omesso di accertare se fosse nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente e se il mancato svolgimento di un'attività economica dipendesse da un suo atteggiamento di inerzia o rifiuto ingiustificato, tenuto conto anche delle allegazioni difensive relative agli sforzi compiuti dalla stessa per gli studi e per inserirsi nel mondo del lavoro.

La Cassazione non condivide la posizione della ricorrente.

In tema di obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni, la giurisprudenza ha precisato che il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni.

Ne deriva che deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro. 

Spetta al giudice del merito valutare, caso per caso, le circostanze che giustificano la cessazione di tale obbligo, sulla scorta di un accertamento di fatto che abbia riguardo, tra le altre cose, all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa. Con specifico riferimento all'età, costituisce un elemento rilevante il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso, posto che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, o, come già osservato dovute ad un ciclo formativo da concludere se intrapreso e proseguito concretamente) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole.

In relazione al caso di specie, la Cassazione evidenzia come la sentenza impugnata abbia ampiamente motivato in ordine all'insussistenza dei presupposti per il versamento dell'assegno di mantenimento, basandosi sull'inerzia colpevole della figlia maggiorenne, che non aveva accettato l'offerta lavorativa del padre, e sulla mancanza di un progetto formativo.

In particolare, la Corte di merito ha ritenuto che l'età avanzata della ragazza, già ventisenne, il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l'attività commerciale che padre e zio le avevano prospettato attraverso la messa a disposizione di un locale, nonché la sua scarsa propensione agli studi, integrassero circostanze sufficienti a legittimare la revoca dell'obbligo di mantenimento da parte del padre.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

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