Di Redazione su Lunedì, 04 Aprile 2016
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

Riedizione potere post annullamento e sindacato giurisdizionale

La delicata questione della riedizione del potere amministrativo a seguito di un giudicato di annullamento ha formato oggetto della Sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 1105/2016, depositata il 17.3.2016.
L´intervento del giudice d´appello ha tratto origine dalla Sentenza resa dal T.A.R. di Salerno con cui il predetto aveva accolto il ricorso, proposto da M. avverso il provvedimento della locale Soprintendenza di annullamento di una autorizzazione paesaggistica comunale per vizi formali (omesso avviso di avvio del procedimento).
Successivamente, la Soprintendenza aveva comunicato al Comune interessato di non avere impugnato la sentenza, di mantenere ferme le valutazioni negative poste a base del decreto annullato dal T.A.R., comunicando infine all´interessata (proprietaria) l´intenzione di sottoporre la pratica di sanatoria al rinnovato vaglio della stessa Soprintendenza considerato che in epoca successiva all´istanza di condono il manufatto era stato interessato da rilevanti trasformazioni edilizie.
Respinto il ricorso ex art. 112 c.p.a. proposto dalla proprietaria contro le determinazioni suindicate con sentenza n. 1850 del 2015, la proprietaria soccombente aveva appellato la sentenza di reiezione innanzi il Consiglio di Stato.
In particolare, l´appellante aveva domandato al Consiglio, in riforma della sentenza n. 1850/2015, di ordinare al Comune di ottemperare alla sentenza n. 2477/2013 provvedendo al rilascio immediato del titolo edilizio in sanatoria e nominando un commissario "ad acta" nel caso di ulteriore inerzia del Comune, con la fissazione inoltre di una somma di denaro dovuta dalle parti appellate a titolo di penalità di mora.
Orbene, costituitesi le parti intimate, il Consiglio di Stato ha respinto l´appello dichiarandolo infondato, richiamando la pacifica giurisprudenza alla cui stregua:
- il giudicato amministrativo non può che formarsi con esclusivo riferimento ai vizi dell´atto ritenuti sussistenti alla stregua dei motivi dedotti nel ricorso;
- la sede per sindacare la legittimità dell´atto in sede di riedizione del potere amministrativo sotto profili che non abbiano formato oggetto delle statuizioni della sentenza non può, pertanto, che essere il giudizio ordinario di cognizione e non il giudizio di ottemperanza;
- qualora il giudicato comporti l´annullamento del provvedimento solo per vizi formali, è indubbio che residui uno spazio pieno per il rinnovo della valutazione dell´amministrazione. In questa ipotesi, ove la P. A. elimini il vizio formale, ma ciononostante adotti un provvedimento ugualmente non satisfattivo della pretesa, è pacifico che viene in questione non una violazione/ elusione del giudicato, ma una eventuale nuova autonoma illegittimità.
Per cui, passandosi al caso in questione, per verificare l´avvenuta esecuzione, da parte dell´autorità pubblica, dell´obbligo di conformazione derivante dalla sentenza del 2013, l´unico "punto fermo", al quale andava "agganciata" l´azione amministrativa di attuazione del giudicato era quello, indicato nella decisione del 2013, attinente all´osservanza del contraddittorio procedimentale con il soggetto interessato; profilo che, nel riesercizio del potere, risulta essere stato rispettato.
Da ciò il rigetto dell´appello.
Segue testo integrale sentenza.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9629 del 2015, proposto da

F.M., rappresentata e difesa dall´avv. Aristide De Vivo, con domicilio eletto presso l´avv. Federica Scafarelli in Roma, Via Giosue´ Borsi n. 4;

contro

Comune di Cava de´ Tirreni, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuliana Senatore e Antonino Cascone, con domicilio eletto presso l´avv. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria n. 2; Ministero per i beni e le attivita´ culturali e del turismo (MIBACT), in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall´Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA -SEZ. STACCATA DI SALERNO -SEZIONE II, n. 1850/2015, resa tra le parti, concernente ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza n. 2577/2013 del Tar Campania -Salerno -Sez. II, concernente diniego di concessione edilizia in sanatoria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cava de´ Tirreni e del MIBACT;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 25 febbraio 2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati De Vivo per l´appellante e Scarpa, per delega di Senatore, per il Comune appellato;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Esigenze di sintesi e di semplificazione (arg. ex articoli 3 e 114 del cod. proc. amm.) nella redazione dei provvedimenti giurisdizionali, specie nei giudizi di ottemperanza, consentono di rinviare alla sentenza impugnata del Tar Campania -Salerno, n. 1850 del 2015, per quanto attiene alla esposizione degli aspetti salienti della vicenda amministrativa e della controversia di primo grado.

Qui basterà rammentare:

-che il Tar di Salerno, con la sentenza "di cognizione" n. 2477 del 2013, passata in giudicato, aveva accolto il ricorso, proposto dalla signora M., avverso il provvedimento della Soprintendenza BAP di Salerno e Avellino del 6 maggio 2002 di annullamento dell´autorizzazione paesaggistica comunale dell´11 dicembre 2000, esclusivamente per vizi formali riguardanti l´omesso avviso di avvio del procedimento relativo alla sanatoria di un capannone in ferro e lamiera, destinato a deposito di attrezzi agricoli, realizzato in assenza di titolo edilizio nel Comune di Cava de´ Tirreni, in Via Casa Costa, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico;

-che, su richiesta dell´Ufficio Condono del Comune, con nota del 3 febbraio 2015 la Soprintendenza BAP ha comunicato di non avere impugnato la sentenza, che restavano invariate tutte le valutazioni negative poste a base del decreto soprintendizio (come detto annullato dal Tar solo per vizi formali) e che da verifiche eseguite nelle more il manufatto sembrava avere subito, in epoca successiva all´istanza di condono, rilevanti trasformazioni di natura edilizia, partecipando inoltre alla signora M. l´intenzione di sottoporre la pratica di sanatoria al rinnovato vaglio della Soprintendenza, anche alla luce della conferma delle valutazioni sfavorevoli rese dall´ Autorità preposta alla tutela del vincolo, oltre all´esigenza di effettuare un sopralluogo per accertare l´effettivo mutamento dello stato dei luoghi, e informando ulteriormente l´interessata sugli sviluppi della procedura con riserva, all´esito della stessa, di adottare i provvedimenti finali del caso ;

-che il ricorso ex art. 112 cod. proc. amm. proposto dalla M. avverso le determinazioni suindicate, sull´assunto della sostanziale inottemperanza agli obblighi di conformazione derivanti dalla decisione del 2013 e della nullità, per elusione del giudicato, delle determinazioni medesime, è stato respinto con la sentenza n. 1850 del 2015.

In particolare il Tar ha:

-ribadito che l´annullamento in sede giurisdizionale era stato deciso, con riferimento alla disciplina vigente prima delle significative modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 42 del 2004, per ragioni di ordine meramente formale, inerenti alla difettosa attivazione del contraddittorio procedimentale con i soggetti interessati;

-evidenziato che in seguito alla sentenza si è ritualmente proceduto alla riattivazione dell´iter procedimentale, nel rispetto degli obblighi di conformazione nascenti dal giudicato;

-rilevato che, alla luce dello "jus superveniens" con cui nel frattempo era stata attribuita alla Soprintendenza la potestà di esprimersi nel merito con preventivo parere vincolante, in modo corretto era stato sollecitato un nuovo apprezzamento da parte dell´autorità preposta a gestire il vincolo, la quale non solo ha confermato le valutazioni negative del precedente provvedimento di annullamento, ma ha altresì denunciato una trasformazione dello stato dei luoghi in tesi ostativa all´assentibilità dell´istanza, evincibile dal raffronto dei rilievi fotografici dello stato di fatto all´epoca del condono e di quello riscontrato all´atto dell´ultimo accertamento;

-concluso ritenendo corretto siffatto "modus procedendi" non palesandosi plausibile che l´annullamento della precedente determinazione tutoria avesse precluso l´adozione delle successive determinazioni, peraltro nel contesto di un regime procedimentale significativamente innovato (con conseguente insussistenza della) lamentata inottemperanza, in quanto la sentenza azionata non appare di per sé idonea, per sua natura ed in relazione ai confini oggettivi del relativo giudicato, ad attribuire direttamente il bene della vita auspicato, restando aperta la perdurante possibilità di un esito negativo del procedimento, all´esito degli accertamenti in itinere.

2. La signora M. ha proposto appello, per le ragioni che saranno indicate in prosieguo, avverso la sentenza n. 1850/2015, per l´esecuzione della sentenza n. 2477/2013, passata in giudicato, e per la declaratoria di nullità ovvero, in subordine, per l´annullamento degli atti, specificati sopra, al p. 1. , e comunque elencati a pag. 2 dell´atto d´appello, adottati in seguito all´avvenuta formazione del giudicato, in asserita violazione e/o elusione di esso.

In particolare, l´appellante ha domandato a questo Consiglio di accogliere il gravame e, per l´effetto, in riforma della sentenza n. 1850/2015, di ordinare al Comune di ottemperare alla sentenza n. 2477/2013 provvedendo al rilascio immediato del titolo edilizio in sanatoria e nominando un commissario "ad acta" nel caso di ulteriore inerzia del Comune, con la fissazione inoltre di una somma di denaro dovuta dalle parti appellate a titolo di penalità di mora ai sensi dell´art. 114, comma 4, lett. e) del cod. proc. amm. .

3. Si sono costituiti per resistere il MIBACT, che ha svolto una difesa di mera forma, e il Comune di Cava de´ Tirreni, che ha depositato un´accurata memoria difensiva.

4. Nella camera di consiglio del 25 febbraio 2016 il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

5. L´appello è infondato e va respinto.

In via preliminare e in termini generali, per giurisprudenza pacifica:

- il giudicato amministrativo non può che formarsi con esclusivo riferimento ai vizi dell´atto ritenuti sussistenti alla stregua dei motivi dedotti nel ricorso;

- la sede per sindacare la legittimità dell´atto in sede di riedizione del potere amministrativo sotto profili che non abbiano formato oggetto delle statuizioni della sentenza non può, pertanto, che essere il giudizio ordinario di cognizione e non il giudizio di ottemperanza;

- e, ancora, qualora il giudicato comporti l´annullamento del provvedimento solo per vizi formali, è indubbio che residui uno spazio pieno per il rinnovo della valutazione dell´amministrazione. In questa ipotesi, ove la P. A. elimini il vizio formale, ma ciononostante adotti un provvedimento ugualmente non satisfattivo della pretesa, è pacifico che viene in questione non una violazione/ elusione del giudicato, ma un´eventuale nuova autonoma illegittimità.

Con riferimento al caso di specie, al fine di verificare l´avvenuta esecuzione, da parte dell´autorità pubblica, dell´obbligo di conformazione derivante dalla sentenza del 2013, l´unico "punto fermo", al quale andava "agganciata" l´azione amministrativa di attuazione del giudicato era quello, indicato nella decisione del 2013, attinente all´osservanza del contraddittorio procedimentale con il soggetto interessato; profilo che, nel riesercizio del potere, risulta essere stato rispettato, come viene riconosciuto in sentenza all´inizio della parte in Diritto.

D´altra parte l´appellante, su questo aspetto, non ha rilevato alcunché.

Tutte le argomentazioni poste a sostegno dell´appello, dalla premessa, a pag. 2 del ricorso, alle conclusioni, a pag. 11, ruotano infatti intorno a questioni -le amministrazioni avrebbero fatto confusione, anche con riguardo alle trasformazioni edilizie sopravvenute, tra l´immobile oggetto dell´istanza di condono, di proprietà della ricorrente e odierna appellante, e la "latistante e differente proprietà del di lei figlio", e il primo giudice non avrebbe tenuto conto di una dirimente perizia giurata; la riedizione del potere da parte della Soprintendenza sarebbe tardiva; sarebbe assurdo rifiutare il condono per ragioni di aderenza, ecc…- che fuoriescono dall´ambito di applicazione, per vero assai ristretto, del comando giurisdizionale che promana dal giudicato.

Del resto, per aversi violazione o elusione del giudicato occorre, per giurisprudenza pacifica, che l´attività asseritamente esecutiva dell´Amministrazione sia contrassegnata da uno sviamento manifesto, diretto ad aggirare le prescrizioni, puntuali, stabilite con il giudicato.

Nella specie, come si è detto, il "punto fermo", ossia il limite e il vincolo al quale andava posta in correlazione l´attività della pubblica autorità da compiere in attuazione del giudicato riguardava esclusivamente l´osservanza del contraddittorio procedimentale.

E poiché non risultano violate le prescrizioni ricavabili dalla decisione del Tar del 2013, la pretesa dell´appellante non può essere accolta.

L´autorità amministrativa risulta essersi attenuta all´obbligo di conformazione derivante dalla sopra citata pronuncia del 2013.

Bene quindi in sentenza, muovendo dall´assunto, esatto, secondo cui l´annullamento giurisdizionale del 2013 era tutt´altro che idoneo ad attribuire alla interessata in via diretta il bene della vita al quale questa aspirava, è stata considerata insussistente qualsiasi inottemperanza, restando aperta la perdurante possibilità di un esito negativo del procedimento, all´esito degli accertamenti "in itinere", e ciò tenendo conto dei confini oggettivi, assai angusti, per vero, del relativo giudicato.

In conclusione, nessuna inottemperanza agli obblighi di conformazione derivanti dal giudicato del 2013; nessuna violazione e/o elusione del giudicato stesso; nessuna preclusione al riesercizio del potere amministrativo, ferma l´osservanza -rispettata- delle regole procedimentali indicate dal Tar in sede di cognizione; e ferma restando, beninteso, la possibilità, per la signora M., di proporre, dinanzi al Tar di Salerno, purché nel rispetto dei termini, un ricorso di annullamento rivolto a contestare gli atti lesivi adottati dalle P. A. nella riedizione del potere (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 2 del 2013).

Nonostante l´esito del gravame, in talune peculiarità della controversia -e, per quanto riguarda la posizione del MIBACT, nella difesa ministeriale di mera forma- il Collegio ravvisa, sulla base del combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c. , eccezionali ragioni per l´integrale compensazione delle spese del grado di giudizio tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando, per l´effetto, la sentenza impugnata.

Spese del grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 febbraio 2016 con l´intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D´Alessio, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere, Estensore