Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza n. 3291, depositata il 19/2/2016, secondo la quale va risarcito il danno da "straining" (una forma attenuata di mobbing) al lavoratore che subisce vessazioni occasionali.
Lo "straining" è una categoria mutuata dalla scienza medica. Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Lo "straining", in via parzialmente coincidente ma in parte diversa, è “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell´ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. La vittima è in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo "straining" (strainer). Lo straining viene attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante” (Ege, Oltre il mobbing, Straining, Stalking ed altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, pag. 70 e segg.).
Lo "straining" è stato per la prima volta definito anche in sede giurisprudenziale (Trib. Bergamo, 21 aprile 2005, Bertoncini est.) che, dopo aver disposto una consulenza tecnica, ha richiamato i principi distintivi sopra riportati ed ha concluso che per lo straining è sufficiente una singola azione con effetti duraturi nel tempo (come nel caso di gravissimo demansionamento, di marginalizzazione, o di svuotamento di mansioni).
Per il configurarsi del fenomeno, quindi, è sufficiente anche un solo comportamento vessatorio generatore di stress cui seguono effetti negativi duraturi nel tempo.
Orbene, la Suprema Corte, confermando quanto parzialmente già evidenziato dai Giudici di gravame, ha precisato che qualora il dipendente si trovi a lavorare in una situazione comunque generatrice di stress, questo va comunque risarcito seppure, in considerazione dell´occasionalità della condotta vessatoria, soitto forma di "straining" e non di "mobbing".
Gli ermellini con la Sentenza su detta sono giunti a questa importante conclusione occupandosi di un caso in cui un dipendente pubblico si era trovato ad agire per l´Azienda per cui prestava servizio subendo a suo avviso "demansionamento" e "mobbing".
Il supremo Collegio ha quindi ritenuto equo il risarcimento riconosciuto anche in virtù dell´applicazione dell´articolo 2087 c.c.
Lo "straining" è una categoria mutuata dalla scienza medica. Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Lo "straining", in via parzialmente coincidente ma in parte diversa, è “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell´ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. La vittima è in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo "straining" (strainer). Lo straining viene attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante” (Ege, Oltre il mobbing, Straining, Stalking ed altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, pag. 70 e segg.).
Lo "straining" è stato per la prima volta definito anche in sede giurisprudenziale (Trib. Bergamo, 21 aprile 2005, Bertoncini est.) che, dopo aver disposto una consulenza tecnica, ha richiamato i principi distintivi sopra riportati ed ha concluso che per lo straining è sufficiente una singola azione con effetti duraturi nel tempo (come nel caso di gravissimo demansionamento, di marginalizzazione, o di svuotamento di mansioni).
Per il configurarsi del fenomeno, quindi, è sufficiente anche un solo comportamento vessatorio generatore di stress cui seguono effetti negativi duraturi nel tempo.
Orbene, la Suprema Corte, confermando quanto parzialmente già evidenziato dai Giudici di gravame, ha precisato che qualora il dipendente si trovi a lavorare in una situazione comunque generatrice di stress, questo va comunque risarcito seppure, in considerazione dell´occasionalità della condotta vessatoria, soitto forma di "straining" e non di "mobbing".
Gli ermellini con la Sentenza su detta sono giunti a questa importante conclusione occupandosi di un caso in cui un dipendente pubblico si era trovato ad agire per l´Azienda per cui prestava servizio subendo a suo avviso "demansionamento" e "mobbing".
Il supremo Collegio ha quindi ritenuto equo il risarcimento riconosciuto anche in virtù dell´applicazione dell´articolo 2087 c.c.
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