Riferimenti normativi: Art. 21, comma 2, D.Lgs.n.546/1992
Focus: Il silenzio-rifiuto, in assenza di un esplicito provvedimento di diniego della domanda di rimborso del contribuente, è presupposto processuale di ammissibilità del ricorso tributario? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con Ordinanza n.20322 del 14/7/2023.
Principi generali: Nei casi in cui il contribuente presenta domanda di rimborso di tributi, indebitamente versati, e l'ente oppositore non manifesta alcun diniego espresso, può essere presentato ricorso, ex art.21 D.Lgs.n.546/92, da quando si è formato il silenzio-rifiuto, cioè decorsi 90 giorni dalla domanda di rimborso ed entro il termine di prescrizione decennale, che comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art.2935 codice civile).
Il caso: Un medico specialista presso una Asl aveva presentato ricorso alla Commissione tributaria provinciale contro il silenzio rifiuto dell'Agenzia delle Entrate relativo all'istanza di rimborso dell'imposta Irpef trattenuta, per gli anni dal 2005 al 2014, sui rimborsi spese per l'utilizzo dell'auto personale. La Commissione tributaria provinciale aveva dichiarato inammissibile il ricorso perché la parte aveva già proposto un altro ricorso contro lo stesso silenzio-rifiuto notificandolo all'Agenzia delle Entrate ma non iscrivendolo a ruolo. Secondo la C.T.P., poiché l'art. 22 del D.lgs. n. 546/1992 prevede che il ricorso notificato debba essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria entro 30 giorni pena la sua inammissibilità, la parte che non aveva osservato tale disposizione non poteva presentare un nuovo ricorso contro il medesimo silenzio rifiuto.La Commissione tributaria regionale, adita dalla contribuente avverso detta sentenza, rigettava l'appello confermando la pronuncia di inammissibilità del ricorso. La contribuente ha impugnato la sentenza con ricorso in Cassazione affidandosi a tre motivi, illustrati da memoria, dei quali solo il primo è stato ritenuto fondato dalla Suprema Corte. In particolare, la Corte di Cassazione ha richiamato il principio secondo cui, in assenza di un esplicito provvedimento di diniego il contribuente, che vuole ottenere il rimborso di somme che assume indebitamente versate a titolo d'imposta, può solo proporre ricorso avverso il cd. silenzio-rifiuto dell'Amministrazione.
Il silenzio-rifiuto, ai sensi dell'art.21, comma 2, del D.Lgs.n.546/1992, si forma decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda di restituzione in sede amministrativa. Se non si forma il silenzio-rifiuto, che è il mezzo per attivare un giudizio tributario per la restituzione di imposte indebitamente versate, il ricorso è inammissibile per mancanza del presupposto processuale del giudizio stesso (rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio). La Suprema Corte, poi, ha ribadito il principio secondo cui se una sentenza dà luogo soltanto al giudicato formale, in quanto si è formato il giudicato solo su un presupposto processuale senza entrare nel merito della causa, essa non produce gli effetti del giudicato in senso sostanziale, per cui non preclude la riproposizione della domanda in altro giudizio. In questi casi il ricorso è sempre proponibile per espressa previsione dell'art.21, c. 2, D. Lgs.n.546/1992. Infatti, nel processo tributario il contribuente può riproporre il ricorso per ottenere dall'Amministrazione il rimborso delle somme che assume indebitamente versate a titolo d'imposta fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto, se la precedente domanda giudiziale sia stata dichiarata inammissibile, anche con sentenza passata in giudicato, per mancata formazione del silenzio-rifiuto (Cass. 11/05/2012, n. 7303; Cass. 9/09/2021, n. 24260). Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione conformandosi agli orientamenti prevalenti in materia di proposizione del ricorso avente ad oggetto il rimborso di somme illegittimamente versate dal contribuente a titolo di imposta ha ritenuto che la Commissione tributaria regionale ha errato nel ritenere che l'inammissibilità del primo ricorso, notificato alla controparte ma non depositato nella segreteria della commissione tributaria, pregiudicasse, in una lite da rimborso, la possibilità di proporre altro e successivo ricorso contro il silenzio rifiuto. Pertanto, accolto il ricorso di parte solo per questo motivo ha rinviato la controversia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione, per nuovo esame.