Di Carmela Patrizia Spadaro su Mercoledì, 24 Giugno 2020
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Revocazione per errore della sentenza tributaria

Riferimenti normativi: Art.64 D.Lgs.n.546/92 - art.395 c.p.c.

Focus: Nessun giudice può pronunciarsi nuovamente due volte sulla stessa controversia. Tuttavia, "in presenza di circostanze tali da configurarsi come vizi della sentenza dovuti ad errore scaturente da falsa percezione della realtà si può ricorrere alla revocazione quale mezzo di impugnazione della sentenza tributaria". Su ciò si è pronunciata la Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna con la sentenza n.682 del 9 marzo 2020.

Principi generali: A norma dell'art.395 del codice di procedura civile " Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra; 2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; 3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario; 4) se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; 6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato." 

A norma dell'art. 64 del D.Lgs n. 546/1992, in tutti i casi previsti dal suddetto art. 395 c.p.c. possono essere impugnate per revocazione le sentenze pronunciate dalla Commissione Tributaria Regionale e le sentenze emesse della Commissione Tributaria Provinciale per le quali le parti hanno raggiunto l'accordo, a norma dell'art. 62 - c.2 bis D.Lgs. n.546/92, di impugnativa diretta con ricorso in Cassazione. Invece, le sentenze emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale per le quali sia scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per la revoca soltanto per i motivi di cui ai numeri 1-2-3-e 6 del citato art. 395 c.p.c. Si deve ricorrere all'appello per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c.

Mediante la revocazione la sentenza impugnata viene riesaminata, ex art.65 D.Lgs. n.546/92, dallo stesso organo giudiziario che ha emesso la sentenza, ripristinando, in tal modo, un grado di giudizio che in alcune ipotesi specifiche è stato così gravemente viziato da non costituire espressione di giustizia.

IL CASO - L'Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di un bar tabaccheria rettificando sinteticamente il reddito dichiarato dal contribuente, sulla base delle movimentazioni del conto bancario dello stesso. La Commissione tributaria provinciale dinanzi alla quale era stato impugnato il citato avviso di accertamento ha accolto il ricorso del contribuente ritenendo valida la prova da questi fornita, ai sensi dell'art.38 del D.P.R.n.600/73. 

L'Ufficio ha impugnato in appello la sentenza dei giudici di primo grado chiedendone la totale riforma e insistendo per la conferma della pretesa avanzata con l'avviso di accertamento. La Commissione Tributaria Regionale adita ha accolto l'appello dell'Ufficio. Il contribuente ha impugnato per revocazione la sentenza di appello perché fondata sulla errata considerazione della documentazione probatoria prodotta dalla parte. La predetta Commissione tributaria regionale ha respinto il ricorso per revocazione del contribuente condannandolo alle spese di lite. La Commissione Tributaria ha evidenziato che l'errore previsto come motivo di revocazione deve consistere in una falsa percezione della realtà, in una svista, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che ha portato ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo, che risulti positivamente accertato dagli stessi atti e documenti (Cass. sent. n. 26890/2019; Cass. sent. n. 27570/2018; Cass. sent. n. 18278/2017). Ove il ricorrente deduca, invece, sotto la veste del preteso errore, l'errato apprezzamento da parte della Corte di un motivo di ricorso - qualificando come errore di percezione degli atti di causa un eventuale errore di valutazione sulla portata della doglianza svolta con l'originario ricorso - si verte in un ambito estraneo a quello dell'errore revocatorio.