Di Redazione su Lunedì, 11 Luglio 2016
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

Revocazione, errore di fatto: Consiglio Stato precisa presupposti e condizioni

Lo ha precisato il Consiglio di Stato, Sezione VI, con Sentenza 20/06/2016 n. 2705.
Ricordato che una sentenza pronunciata in grado d´appello può essere impugnata per revocazione se è l´effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa (articolo 395, n. 4, c.p.c.), e chiarito che vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l´inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, Palazzo Spada ha aggiunto che può esservi errore di fatto revocatorio se "il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare".
La giurisprudenza ha, in proposito, precisato che l´errore di fatto revocatorio può essere configurato solo con riferimento all´attività compiuta dal giudice di lettura ed esame degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza e al loro significato letterale, ma non può riguardare la successiva attività d´interpretazione e di valutazione del contenuto di tali atti e non ricorre, quindi, nell´ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio che non è censurabile mediante la revocazione che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore terzo grado di giudizio, non previsto dall´ordinamento (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 5 del 24 gennaio 2014, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5258 del 17 novembre 2015).
L´errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, come ha precisato la citata Adunanza Plenaria n. 5 del 24 gennaio 2014, deve, quindi:
a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio che abbia indotto l´organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l´erronea presupposizione e la pronuncia stessa.

Segue Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4245 del 2012, proposto dalla:

Autorità per l´Energia Elettrica e il Gas, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall´Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

P. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Clarich e Tommaso Salonico, con domicilio eletto presso Marcello Clarich in Roma, Viale Liegi, n. 32;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1084 del 27 febbraio 2012, resa tra le parti, concernente l´irrogazione di sanzione per la revisione tariffaria per la fornitura di gas naturale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l´atto di costituzione in giudizio di P. S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Dante D´Alessio e uditi per le parti l´avvocato dello Stato Lorenzo D´Ascia e l´avvocato Tommaso Salonico;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1.- Questa Sezione, con la sentenza n. 1084 del 27 febbraio 2012, ha accolto in parte l´appello che era stato proposto dalla società P. avverso la sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione IV, n. 6261 del 2007 e, per l´effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha annullato la deliberazione dell´Autorità per l´Energia Elettrica e il Gas n. 229 del 18 ottobre 2006, con la quale era stata irrogata alla società P. la sanzione di 1,5 milioni di Euro, ai sensi dell´art. 2, comma 20, lett. c), della L. 14 novembre 1995, n. 481, oggetto del ricorso di primo grado, nella sola parte relativa all´ammontare della sanzione e fatte salve le ulteriori determinazioni dell´Amministrazione.

2.- L´Autorità per l´Energia Elettrica e il Gas, di seguito anche solo l´Autorità, ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi dell´art. 106 del c.p.a. e dell´art. 395, comma 1, n. 4 del c.p.c.

2.1.- L´Autorità ha preliminarmente ricordato che questa Sezione, con la citata decisione n. 1084 del 27 febbraio 2012 ha sostenuto che "appare... meritevole di ripensamento la parametrazione del quantum della sanzione (pari a 1.500.000 Euro), calcolata con riferimento al fatturato rilevante dell´impresa (cioè al fatturato derivato esclusivamente dalle attività connesse con la condotta contestata) " perché tale elemento "non appare decisivo al fine di certificare, in termini assoluti, la capacità economica del soggetto sanzionato, elemento, quest´ultimo, che l´art. 11 L. 24 novembre 1981, n. 689 considera determinante al fine della quantificazione".

Infatti "il fatturato d´impresa attesta il volume del gas venduto da P., ma non contiene indicazioni decisive circa i costi sostenuti per l´acquisto della materia prima" mentre "una più corretta valutazione delle condizioni economiche della società sanzionata avrebbe postulato la considerazione anche delle spese sopportate per la produzione del gas commercializzato, e quindi l´effettiva capacità economica al momento dell´irrogazione della sanzione, così come richiede l´art. 11 legge citata".

2.2.- Ciò posto l´Autorità ha sostenuto che tali affermazioni si pongono in palese contrasto con le chiare e concordanti indicazioni provenienti dal diritto nazionale e dall´Unione Europea, in tema di criteri per la determinazione delle sanzioni, in quanto l´utilizzo del fatturato rilevante quale indice di capacità economica, al fine di parametrare le sanzioni amministrative, è un principio pacifico del diritto dell´Unione Europea ed è stato affermato costantemente anche dalla giurisprudenza amministrativa.

2.3.- La sentenza di questa Sezione, secondo l´Autorità, è affetta da un palese errore di fatto perché si è basata sull´erronea convinzione che la stessa Autorità disponesse o potesse disporre dei dati dei costi sostenuti per l´acquisto della materia prima mentre l´Autorità non poteva e non potrebbe disporre dei dati relativi ai costi di approvvigionamento del gas sostenuti da P. anche per effetto della decisione del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sez. IV, n. 3275 del 18 luglio 2005, confermata dal Consiglio di Stato, con la decisione della Sezione VI n. 876 del 9 febbraio 2011, che ha annullato la delibera dell´Autorità n. 188 del 2004 proprio nella parte in cui imponeva agli importatori di gas naturale di fornire informazioni circa il prezzo di acquisto del gas.

L´Autorità ha anche aggiunto che, nella denegata ipotesi che il suo ricorso fosse respinto, si troverebbe nell´impossibilità di dare esecuzione alla impugnata sentenza vista l´indisponibilità dei dati relativi.

2.4.- Al ricorso si oppone la società P. che ne ha sostenuto l´inammissibilità.

Dopo aver ricordato che, per giurisprudenza consolidata, il ricorso per revocazione non può essere trasformato in un terzo grado di giudizio, la società P. ha sostenuto che l´Autorità non ha dimostrato che l´errore in cui è incorso il Collegio è nato dalla falsa rappresentazione della realtà derivante dalla lettura degli atti processuali e non è invece il frutto di un falso giudizio.

Infatti la sentenza di parziale accoglimento è fondata esclusivamente sull´inidoneità del solo fatturato a indicare l´effettiva capacità economica dell´impresa e, peraltro, nella stessa decisione, la Sezione VI ha fatto chiaro riferimento anche alla citata precedente decisione del T.A.R. per la Lombardia n. 3275 del 18 luglio 2005.

Aggiunge la società resistente che il giudizio per revocazione è inammissibile anche perché il preteso errore di fatto manca del requisito della sua semplice rilevabilità e non può nemmeno ritenersi che la disponibilità del dato del costo di acquisto del gas sopportato da P. sia un dato incontrovertibilmente escluso, trattandosi di informazioni che sono rinvenibili nei bilanci di esercizio che P. pubblica ogni anno. Secondo P., b en potrebbe inoltre l´Autorità richiedere ad un soggetto esercente una attività regolata ogni informazione e documento utile sulla loro attività.

3.- Ciò premesso, si deve ricordare che una sentenza pronunciata in grado d´appello può essere impugnata per revocazione se è l´effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa (articolo 395, n. 4, c.p.c.).

Chiarisce la stessa disposizione normativa che vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l´inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita.

In ogni caso può esservi errore di fatto revocatorio se "il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare".

3.1.- La giurisprudenza ha, in proposito, precisato che l´errore di fatto revocatorio può essere configurato solo con riferimento all´attività compiuta dal giudice di lettura ed esame degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza e al loro significato letterale, ma non può riguardare la successiva attività d´interpretazione e di valutazione del contenuto di tali atti e non ricorre, quindi, nell´ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio che non è censurabile mediante la revocazione che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore terzo grado di giudizio, non previsto dall´ordinamento (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 5 del 24 gennaio 2014, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5258 del 17 novembre 2015).

3.2.- L´errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, come ha precisato la citata Adunanza Plenaria n. 5 del 24 gennaio 2014, deve, quindi:

a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio che abbia indotto l´organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;

b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;

c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l´erronea presupposizione e la pronuncia stessa.

3.3.- L´errore di fatto che consente di mettere in discussione il decisum del giudice con il rimedio straordinario della revocazione ex art. 395 n. 4, c.p.c., non coinvolge, pertanto, l´attività valutativa dell´organo decidente, ma tende ad eliminare l´ostacolo materiale frapposto fra la realtà del processo e la percezione che di questa il giudice abbia avuto, ostacolo promanante da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio.

In altre parole, l´errore di fatto revocatorio consiste in una falsa percezione della realtà processuale, ossia in una svista - obiettivamente e immediatamente rilevabile - che abbia portato ad affermare o soltanto a supporre (purché tale supposizione non sia implicita, ma sia espressa e risulti dalla motivazione), l´esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti di causa ovvero l´inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti risulti invece positivamente accertato (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 697 del 12 febbraio 2014).

4.- Facendo applicazione dei principi che si sono richiamati, il ricorso in esame deve ritenersi inammissibile.

4.1.- Dalla lettura della decisione impugnata emerge, infatti, con chiarezza che la questione, riguardante il criterio per la determinazione dell´ammontare della sanzione che è stata irrogata alla società P. è stata oggetto di specifica valutazione da parte del Collegio giudicante.

E non c´è alcun elemento che possa far ritenere che tale valutazione sia stata determinata da una erronea percezione di elementi di fatto decisivi.

4.2.- Peraltro, sia nella esposizione in fatto che nella parte motiva, la sentenza della quale è stata chiesta la revocazione ha fatto riferimento alla precedente sentenza del T.A.R. per la Lombardia n. 3275 del 2005 che aveva annullato la deliberazione n. 188 del 2004 "per quanto attiene alle ivi richieste informazioni di cui alla lettera a) e b) del punto 1 dell´Allegato A della stessa". E ciò prova che il Collegio che ha emesso la sentenza ora impugnata per revocazione ben conosceva i contenuti della precedente sentenza del T.A.R. per la Lombardia.

4.3.- Non ha poi alcun rilievo, ai fini di una possibile revocazione, la circostanza che la sentenza della quale è stata chiesta la revocazione ha affermato, sul punto contestato, principi che si porrebbero in contrasto con le indicazioni provenienti dal diritto nazionale e dall´Unione Europea, in tema di criteri per la determinazione delle sanzioni, trattandosi di questione che investe il merito della decisione adottata che non può essere oggetto di un nuovo esame in sede di giudizio di revocazione.

4.4.- Né può assumere valore, ai fini del giudizio di revocazione, l´asserita difficoltà che avrebbe l´Autorità nell´acquisire i dati necessari alla rideterminazione della sanzione nei confronti della P. in applicazione di quanto disposto nella contestata sentenza di questa Sezione.

Peraltro la P. ha affermato che i relativi dati sono pubblici e in ogni caso l´Autorità, nell´esercizio delle sue funzioni e in esecuzione di quanto disposto in una sentenza passata in giudicato, ben potrebbe chiedere alla P. gli ulteriori dati eventualmente necessari.

5.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, il ricorso per revocazione si deve ritenere inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna l´Amministrazione ricorrente al pagamento di Euro 5.000,00, in favore della resistente P., per le spese e competenze del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l´intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D´Alessio, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere