Con la sentenza n. 3941 dello scorso 3 febbraio, la IV sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla responsabilità penale di un sanitario accusato di aver eseguito una colangio-pancreatografia retrograda (CPRE) in assenza di elementi clinici e diagnostici che esigessero la realizzazione di tale procedura, ha cassato la sentenza di condanna inflitta dai Giudici di merito, che avevano omesso di interrogarsi sulla sussistenza della eventuale colpa lieve in relazione all'indagine diagnostica eseguita dal medico nei confronti della paziente.
Si è difatti ribadito che in tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, in base all'art. 2, quarto comma, cod. pen., la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.
Il caso sottoposto all'esame della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un medico, imputato del reato di cui all'art. 589 c.p. per il decesso di una signora, avvenuto a seguito di shock settico prodottasi in corso di colangio-pancreatografia retrograda (CPRE).
Era contestato al medico di aver effettuato la CPRE in assenza di elementi clinici e diagnostici che esigessero la realizzazione di tale procedura, in relazione ai rischi da essa comportati.
Per tali fatti, sia il Tribunale che la Corte di Appello di Roma condannavano il medico alla pena di giustizia.
Avverso la pronuncia di condanna, il medico ricorreva in Cassazione, eccependo l'errore compiuto dalla Corte distrettuale per non aver valutato – nonostante fosse stata esplicitamente sollecitata a farlo – la sussumibilità del comportamento contestato nel perimetro applicativo dell'art. 590-sexies c.p. oppure del previgente art. 3 del decreto Balduzzi, relativi alla causa di non punibilità per i fatti caratterizzati da colpa lieve.
A tal fine il ricorrente ribadiva di essersi conformato alle linee guida, posto che la decisione di eseguire la CPRE era conforme alle stesse, in relazione alla necessità di verificare tempestivamente la sussistenza di un tumore in fase iniziale nella zona del pancreas.
La Cassazione condivide la doglianza del ricorrente.
Con il decreto Balduzzi – che ha inserito il parametro di valutazione dell'operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali –si sono modificati i termini del giudizio penale, imponendo al giudice non solo una compiuta disamina della rilevanza penale della condotta colposa ascrivibile al sanitario alla luce di tali parametri ma, ancor prima, un'indagine che tenga conto dei medesimi parametri allorché si accerti quello che sarebbe stato il comportamento alternativo corretto che ci si doveva attendere dal professionista, in funzione dell'analisi controfattuale della riferibilità causale alla sua condotta dell'evento lesivo.
La Corte evidenzia, pertanto, che in tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, in base all'art. 2, quarto comma, cod. pen., la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee- guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la Corte territoriale, nella disamina dei fatti, abbia tralasciato di indicare le linee guida rilevanti nel caso concreto, limitandosi a fare proprie le considerazioni dei periti di ufficio; inoltre, non si è indicato il grado della colpa che, alla luce del decreto Balduzzi, è la premessa indispensabile per discernere l'ambito del penalmente rilevante nella materia della colpa medica: difatti, la motivazione della sentenza impugnata non si è occupata in alcun modo della possibile applicazione della specifica normativa rilevante in caso di colpa medica, costituita dalle note leggi "Balduzzi" e "Gelli-Bianco" che si sono succedute negli ultimi anni, e quindi della problematica della eventuale colpa lieve in relazione all'indagine diagnostica eseguita dal medico nei confronti della paziente.
Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso e annulla senza rinvio la sentenza impugnata rilevando come il reato si fosse estinto per prescrizione.