Tutto è omologazione, piattume, appiattimento.
Che bello quel libro, che spasso quel film:lo senti da qualche amico.Vai a comprare il libro, vedi il film.
Una puttanata galattica.
Prendete Donato Carrisi.
Un maestro del thriller, uno che non ti fa dormire, uno scrittore capace di farti perdere la notte.
Questo scrittore così osannato in Italia ha avuto anche la bella idea di scrivere la sceneggiatura e dirigere quale regista il film La ragazza nella nebbia (2017), con Toni Servillo.
Bravura di quest'ultimo a parte (il quale aveva interpretato in maniera molto più spontanea La ragazza del lago nel 2007), il film è una boiata potente, una vera e propria marchetta editoriale e cinematografica.
La stessa mano da nano la puoi trovare in Niccolò Ammaniti e in quella sceneggiatura andata in onda su Sky, Il miracolo, la serie evento.
E' già un miracolo che una cosa così (non trovo altra definizione) sia potuta approdare in tv. Avrebbero dovuto chiamarla Il ridicolo.
Non perdiamo di vista Carrisi.
Avete mai letto Stephen King ?
Sì, bene, allora Carrisi rinchiudetelo in un cassetto e poi dategli fuoco in una notte d'inverno.
Almeno vi sarete scaldati.
La carta della Longanesi è di ottima fattura, sappiatelo.
Il punto è che non se ne può più di queste patacche che il sistema editoriale ci rifila.
Ovunque impera – come vi dicevo all'inizio – una omologazione impertinente e uniforme. Ti ci devi adeguare oppure paghi lo scotto.
La tua personalissima solitudine.
Ogni tanto ti scontri con un talento unico, originalissimo, che nessuno ha visto prima.
E la tua vita si fa all'improvviso un orizzonte carico di luce. Come fai a farlo capire agli altri ?
Non fai. Tanto è inutile.
Per quanto uno si possa sforzare, gli altri, la massa indistinta dei nostri simili sembra non recepire.
Fate conto di applicare lo stesso concetto al mondo degli avvocati.
Ci sono alcuni avvocati che lo sono più di altri.
Giulia Bongiorno, un esempio.
E' diventata celebre per aver difeso Giulio Andreotti a Palermo. Ma quando mai ? Ma quando mai l'ha difeso ?
E' sempre stata il semplice, mero, sostituto processuale di Franco Coppi.
Eppure – nell'immaginario collettivo – la stessa è divenuta il difensore ufficiale di Andreotti.
La Bernardini De Pace ?
Un avvocato che si fa pagare migliaia di euro per eseguire le stesse, semplicissime cose che tutti noi facciamo ogni giorno.
Di lei – a dire il vero – ricordo soltanto lo spiacevole articolo che scrisse su Il Giornale – intingendo l'inchiostro nel pessimo gusto – contro il genero (ex) Raoul Bova quando costui si separò dalla figlia. Epperò tutti osannanti quando ne sentono pronunciare il nome. Fu vera bravura ?
In altre parole, è la peste, quella che alcuni scrittori così definiscono oggi.
Una specie di morbo collettivo che ti acceca la vista e ti impedisce di riconoscere i veri contorni delle cose.
Il problema è che queste vittorie di alcuni – paradossali, impossibili, inspiegabili – sono le sconfitte totali.
Di tutti gli altri.
Soprattutto di quelli che le vedono in controluce e molto meglio di altri sanno che sono autentiche patacche in similoro.
Allora, la volete tirare fuori la vostra cultura porca puttana ? Ricordatevi cosa disse Elio Vittorini nel primo numero del Politecnico ponendo una domanda fatidica:"E' qualità naturale della cultura di non poter influire sui fatti degli uomini ? ".
La risposa è sì, affermativo signor tenente.
Sappiatelo, avvocati di tutti i giorni come me, come voi.
La nostra più grande sconfitta è la nostra cultura. Essa ci fa vedere tutto lo sbagliato in altri ma non ci offre strumenti per diventare avvocati, per esempio, più famosi.
Ci rende soltanto più sensibili, più vulnerabili, più inclini a scorgere con il giusto senso di ineluttabilità la nostra impotenza.
Che – poi – è la stessa di tutti. Anche di quelli che si guardano Ammaniti ma non lo sanno.
P.S.: Bravissimo scrittore, ma come sceneggiatore un pacco.