Di Rosalba Sblendorio su Lunedì, 07 Febbraio 2022
Categoria: Deontologia Forense 2019-2021

Quando impugnare la transazione raggiunta con il collega costituisce illecito disciplinare?

Il divieto di impugnare la transazione raggiunta con il collega e la sua ratio

Il codice deontologico forense [1] stabilisce che costituisce illecito disciplinare, sanzionabile con la censura, il comportamento dell'avvocato che impugna la transazione raggiunta con il collega per fatti non sopravvenuti o di cui non era a conoscenza. La ratio si rinviene nel dovere di lealtà, imposto agli avvocati, sia dal predetto codice deontologico che dall'art. 88 c.p.c., nell'interesse non solo delle parti ma anche della giustizia. La violazione di tale dovere «comporta l'illiceità, sul piano disciplinare, del comportamento del professionista che proceda o comunque partecipi alla redazione di una scrittura conciliativa con il preordinato intento (non dichiarato alla controparte) di vanificare l'accordo subito dopo aver ottenuto lo scopo». (Per esempio la Corte di cassazione ha affermato tale principio «con riguardo ad avvocato che, prima della transazione volta a conseguire la rinuncia della controparte all'eseguito sequestro conservativo, aveva presentato un esposto-denuncia alla magistratura penale per annullare, con il sequestro penale degli atti della transazione e di quanto versato in esecuzione di essa, gli effetti dell'accordo conciliativo sfavorevoli al proprio cliente)» (Cass. civ., n. 6067/1993).

Il divieto di impugnare la transazione raggiunta con il collega nella prassi

È stato ritenuto che: 

Note:

[1] Art. 44 Codice deontologico forense:

«1. L'avvocato che abbia raggiunto con il collega avversario un accordo transattivo, accettato dalle parti, deve astenersi dal proporne impugnazione, salvo che la stessa sia giustificata da fatti sopravvenuti o dei quali dimostri di non avere avuto conoscenza. 2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura». 

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