Di Redazione su Giovedì, 28 Luglio 2016
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

Pubblico impego, CdS: nulle transazioni inter partes se rapporto nullo ex lege

Il Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza 13/06/2016, n. 2545, ha ribadito il principio alla cui stregua le pretese relative all´attribuzione della qualità di pubblico dipendente sono riconducibili a posizioni di interesse legittimo (nell´ambito dei procedimenti amministrativi che possono concludersi con un atto di nomina, ovvero con un contratto di lavoro a seguito del c.d. fenomeno della privatizzazione) e comunque a posizioni sottratte alla disponibilità delle parti, non potendo l´Amministrazione liberamente assumere chi voglia; pertanto, ai sensi dell´art. 1966 secondo comma Cod. civ. è nulla la transazione intercorsa fra Amministrazione e privato in materia di rapporto d´impiego nullo ex lege (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. V 18 dicembre 1997, n. 1577).
Inoltre, il carattere convenzionale dei rapporti in questione non può essere riqualificato in ragione di una transazione intervenuta tra le parti in mancanza della dimostrazione della presenza di indici rivelatori della presenza di un rapporto di lavoro subordinato, sia pure in via di fatto, alle dipendenze dell´amministrazione.

Segue Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1714 del 2009, proposto da:

S.G., rappresentato e difeso dall´avvocato Valeria Pellegrino, con domicilio eletto presso Valeria Pellegrino in Roma, c.so del Rinascimento, n. 11; Cannillo Cataldo, Mazzei Giovanni;

contro

Comune di Lecce;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE II, n. 74/2008, resa tra le parti, concernente diritto al trattamento economico quali dipendenti del Comune di Lecce a tempo indeterminato.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 19 maggio 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e udito per le parti l´avvocato Amina L´Abbate su delega dell´avvocato Valeria Pellegrino;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Puglia, sezione staccata di Lecce, gli odierni appellanti unitamente ad altri ricorrenti invocavano la declaratoria del diritto al trattamento economico (più rivalutazione e interessi) loro dovuto, quali dipendenti a tempo indeterminato del Comune di Lecce, per il periodo (dal 1 Settembre 1992 al 5 Ottobre 1992) in cui lo stesso era stato sospeso con deliberazione della Giunta Municipale di Lecce n. 1352 del 1 Settembre 1992, e del diritto degli stessi al trattamento assistenziale e, di conseguenza, l´annullamento delle deliberazioni del Commissario prefettizio del Comune di Lecce nn. 51,52 e 53 del 30 Gennaio 1995, n. 72 del 31 Gennaio 1995 e n. 210 del 9 Febbraio 1995, nelle parti in cui non era stato operato in favore di tutti i ricorrenti il riconoscimento del diritto a tali trattamenti.

2. Il primo giudice dichiarava il ricorso in parte improcedibile per cessata materia del contendere ed in parte infondato. In particolare, il TAR, affermava l´inesistenza di un rapporto di impiego pubblico prima del 1995, quanto di mero fatto, e l´assenza di prova circa l´effettivo espletamento di prestazioni lavorative da parte di quest´ultimi. Del pari, riteneva infondata la domanda di accertamento inerente il trattamento previdenziale-assistenziale sia in quanto non erano stati impugnati i provvedimenti comunali (risalenti agli anni ´80) che qualificavano il rapporto di lavoro dei ricorrenti come autonomo, sia perché i ricorrenti avevano rinunciato ai ricorsi già proposti dinanzi allo stesso TAR con i quali avevano chiesto il riconoscimento dei predetti rapporti lavorativi come di pubblico impiego. Da qui il primo giudice derivava l´infondatezza anche della domanda di annullamento.

3. Gli odierni appellanti contestano la sentenza di prime cure, in quanto: I) avrebbe erroneamente valutato l´intervenuta cessazione della materia del contendere alla data del 2 ottobre 1995 invece che del 5 ottobre 1995 e comunque nella parte in cui i primi giudici si spingono a valutare nel merito la domanda di accertamento, e quindi l´azione impugnatoria, relativa al periodo del rapporto di lavoro oggetto della sospensione di cui alla deliberazione GM n. 1352/92. Con specifico riferimento al periodo 1/9/95-5/10/95 dovrebbe riconoscersi valore confessorio alla deliberazione GM n. 2354/96 con la quale l´amministrazione comunale, appunto in ragione di tale acclarata natura e della effettività della prestazione, avrebbe integralmente soddisfatto (sua sponte) la pretesa azionata in giudizio dai ricorrenti sul punto. Pertanto, non sarebbe corretto affermare che nel periodo dal l settembre 1992 al 5 ottobre 1992 non risulta provato che le prestazioni lavorative dei ricorrenti furono fattualmente espletate. Nel detto lasso temporale il rapporto di lavoro avrebbe dovuto ritenersi disciplinato dall´art. 2126 c.c. con spettanza del trattamento retributivo e previdenziale; II) erroneamente avrebbe ritenuto infondata la pretesa relativa al trattamento previdenziale riferito al rapporto lavorativo ante 1990. Infatti, secondo la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato la domanda volta ad ottenere l´applicazione del suddetto art. 2126 prescinderebbe dalla tempestiva impugnativa degli atti in base ai quali sono state svolte le prestazioni lavorative. Peraltro, l´interesse riguarda un periodo nel quale il rapporto di lavoro non sarebbe stato regolato da alcun atto. La prova di espletamento di attività lavorativa a favore dell´amministrazione comunale per il periodo dall´1 agosto 1981 al 31 dicembre 1989 per il geom. Scordo; dal 07.09.1981 al 31.12.1989 per il geom. Cannillo e dal 16.01.1982 al 31.12.1989 per il sig. Mazzei, si evincerebbe dai certificati di servizio in atti. Del resto la spettanza del trattamento previdenziale anche per tali periodi (quelli ante 1990 non coperti da atti formali di convenzione) sarebbe stata fatta espressamente salva nella transazione ritualmente sottoscritta innanzi alla Direzione provinciale del Lavoro di Lecce. Né rileverebbe la rinuncia ai ricorsi dinanzi allo stesso TAR, dal momento che il riconoscimento espresso della natura del rapporto di lavoro discenderebbe dalla citata transazione, nella quale sarebbe fatto espressamente salvo il diritto degli attuali appellanti ad ottenere il correlativo trattamento previdenziale. In ogni caso i ricorrenti in sede transattiva avrebbero chiaramente rinunciato al ricorso e non alla pretesa (che sul punto è fatta espressamente salva) né tanto meno all´azione; III) infine, sarebbe erronea la statuizione di inammissibilità/infondatezza della domanda di annullamento anche in ragione di quanto disposto dall´art. art. 16 D.L. n. 8 del 1993, il quale, disciplinando il procedimento di stabilizzazione del personale legato all´Ente da rapporti convenzionali, farebbe espresso richiamo alla validità delle "conciliazioni intervenute ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del codice di procedura civile", rendendo, pertanto, ancora una volta evidente l´obbligo gravante in capo all´Amministrazione di tenere fede agli obblighi transattivi precedentemente assunti e mediante i quali i singoli lavoratori sono stati trattenuti in servizio.

4. Con ordinanza n. 5755/2015 il Collegio dispone l´acquisizione della transazione intervenuta tra le parti del presente giudizio, delle delibere giuntali nn. 1011, 1429 e 2354 del 1996, nonché delle eventuali pronunce giurisdizionali intervenute tra le parti in ordine ai diritti inerenti alla presente controversia.

5. In data 15 marzo 2016 gli appellanti depositano documentazione avente ad oggetto la transazione stipulata con l´amministrazione comunale in data 20 dicembre 1989, nonché le suddette delibere giuntali.

6. L´appello è infondato e non può essere accolto.

6.1. Quanto al primo motivo occorre rammentare che secondo il consolidato e risalente orientamento di questo Consiglio le pretese relative all´attribuzione della qualità di pubblico dipendente sono riconducibili a posizioni di interesse legittimo (nell´ambito dei procedimenti amministrativi che possono concludersi con un atto di nomina, ovvero con un contratto di lavoro a seguito del c.d. fenomeno della privatizzazione) e comunque a posizioni sottratte alla disponibilità delle parti, non potendo l´Amministrazione liberamente assumere chi voglia; pertanto, ai sensi dell´art. 1966 secondo comma Cod. civ. è nulla la transazione intercorsa fra Amministrazione e privato in materia di rapporto d´impiego nullo ex lege (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. V 18 dicembre 1997, n. 1577). Né per lo stesso motivo può ritenersi che le delibere giuntali richiamate dall´appellante posano spiegare efficacia confessoria nel presente giudizio.

Quanto al periodo dal 1 settembre 1992 al 5 ottobre 1992 non vi è alcuna prova che gli odierni appellanti abbiano svolto attività lavorativa alle dipendenze dell´amministrazione comunale. Al contrario, risulta che gli stessi si costituirono in assemblea permanente presso l´ex sala dei Capigruppo Consiliari del Comune (cfr. la delibera di Giunta comunale dell´11 novembre 1996).

6.2. In ordine al secondo motivo d´appello, ossia quello inerente il riconoscimento alla pretesa relativa al trattamento previdenziale riferito al rapporto lavorativo ante 1990, rileva la mancata impugnazione dei provvedimenti comunali che hanno definito tra gli appellanti e l´amministrazione il rapporto di lavoro come autonomo. In questo senso, infatti, ve rammentato il recente orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 25 marzo 2013, n. 7372, secondo il quale: "In sede di giurisdizione esclusiva sui provvedimenti inerenti al diritto, alla misura e alla decorrenza della pensione dei dipendenti pubblici e degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante, la Corte dei conti ha il potere-dovere di delibare gli atti amministrativi intervenuti nel pregresso rapporto d´impiego, inerenti allo status del dipendente e al suo trattamento economico, al fine di stabilirne la rilevanza sul trattamento di quiescenza, a meno che non si tratti di atti divenuti definitivi in conseguenza di mancata impugnazione (o di giudicato)".

Inoltre, il carattere convenzionale dei rapporti intercorsi tra gli appellanti e l´amministrazione comunale non può essere riqualificato in ragione della transazione intervenuta tra le parti dell´odierno giudizio, sicché la pretesa previdenziale fatta valere non può essere accolta in mancanza della dimostrazione della presenza di indici rivelatori della presenza di un rapporto di lavoro subordinato, sia pure in via di fatto, alle dipendenze dell´amministrazione appellata. In questo senso non integrano gli indici rivelatori della presenza di un rapporto di lavoro subordinato le note depositate agli atti dalle quali risulta che gli appellanti hanno prestato servizio per l´amministrazione comunale con determinate attribuzioni ed un certo orario di lavoro, precisando le stesse che il lavoro in questione sarebbe stato svolto in convenzione in ragione di incarichi professionali. Infatti, deve rilevarsi che il provvedimento costituivo del rapporto di lavoro è chiaramente di tipo convenzionale, inoltre non vi evince la presenza di un vincolo di subordinazione ma al contrario si fa espresso riferimento ad incarichi professionali. Inoltre, non si evince in alcun modo la presenza di un´esclusività o di una prevalenza dell´impiego svolto in favore dell´amministrazione.

6.3. Dall´accertamento di infondatezza del secondo motivo di appello deriva anche l´impossibilità di sposare la tesi oggetto del terzo motivo di gravame, giacché il primo giudice ha concluso anche per l´infondatezza della domanda di annullamento delle delibere commissariali impugnate, che secondo quanto sopra ricostruito risultano immuni dai vizi denunciati degli appellanti, nella parte in cui non hanno operato il riconoscimento delle pretese dagli stessi riproposte con l´odierno contenzioso.

7. L´appello deve, quindi, essere respinto. In mancanza della costituzione della parte appellata non deve disporsi in ordine alle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016 con l´intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo´ Lotti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Oreste Mario Caputo, Consigliere