Di Redazione su Lunedì, 17 Giugno 2019
Categoria: Interventi e Opinioni

Processo ai magistrati. Veneziani: "Crisi della magistratura è colpo al cuore dello Stato"

 È terribile il discredito e l'autodiscredito che la Magistratura è riuscita a conseguire in questi anni ed è persino peggio dell'inaffidabilità dei politici perché questa riguarda i governi e i parlamenti e invece la caduta delle toghe investe lo Stato. I primi mutano, vengono eletti e possono essere bocciati, ma lo Stato no, è la spina dorsale di una società civile, la struttura che porta il peso del corpo sociale, e le istituzioni sono la sua ossatura. La brutta storia del CSM, che arriva fino al Quirinale, è solo il gradino supremo di una perdita progressiva e temo irreversibile di ruolo e di fiducia.

In principio fu l'ammirazione verso i magistrati al tempo della lotta alla mafia. Falcone e Borsellino col loro esempio proiettarono la magistratura nel grado più alto di credibilità e di fiducia della gente. Era il '92 mentre scattava quella gigantesca operazione chiamata Mani pulite, che ebbe all'inizio grande favore popolare. Apparve che i magistrati stessero bonificando la politica e la società, lottando la corruzione e la criminalità e che fossero quell'organo arbitrale, severo e rigoroso, che pagava anche di persona, pur di far rispettare la legge. Furono dissipate le ombre di connivenza del potere giudiziario con la politica e i poteri forti, e furono isolati i casi di magistrati che avevano stabilito un torvo modus vivendi con la criminalità organizzata. La seconda repubblica non sarebbe nata senza il loro impulso.

Col passare del tempo però, lo strapotere della magistratura, la visibilità dei magistrati, in taluni casi il loro esibizionismo, l'uso discrezionale e disinvolto del loro potere, il capitolo dei risarcimenti ai giudici e delle loro consulenze, l'impunibilità dei magistrati che compivano pesanti errori e non in buona fede, il loro accanimento su un versante della politica, l'emergere del filone più fanatico delle toghe rosse, incrinò la credibilità del suo operato e spaccò il paese tra garantisti e giustizialisti. La vicenda Berlusconi fu l'apoteosi di quella frattura tra chi chiedeva quasi l'impunità della politica in nome del consenso popolare e all'opposto di chi chiedeva di distruggere governi e forze politiche a colpi di sentenze.

Si sbandierò più volte che Berlusconi stava facendosi leggi pro domo sua, ma alla fine della fiera, Berlusconi riuscì a far poco e nulla sulla giustizia, e scontò i suoi debiti. In compenso, per anni, mentre nel mondo scoppiava una crisi economica devastante che avrebbe presto toccato anche l'Italia, da noi il tema dominante era sapere se Berlusconi facesse sesso, se pagasse le compiacenti favorite, se sapesse che qualcuna di loro non era maggiorenne. Un paese fu paralizzato intorno all'organo sessuale di Berlusconi. Politica, governo, media e magistratura ruotarono intorno a questo. E tutto ciò accadeva mentre gran parte dei reati in Italia restava impunito, i tempi della giustizia erano lunghi e già per questo ingiusti, le inefficienze del sistema giudiziario erano vistose come i passaggi di molti magistrati alla politica, per continuare la guerra con altri mezzi.

Ma la degenerazione della Magistratura non finì con l'ultimo governo Berlusconi, otto anni fa. Proseguì la sua marcia discendente, acuendosi negli ultimi tempi e con l'ultimo governo.

Al di là dei singoli casi e delle specifiche responsabilità, quali sono i mali della magistratura? A parte i mali storici, la quantità impressionante di reati impuniti, le lungaggini dei processi, gli intrecci con la politica, il protagonismo malato dei magistrati e la loro sete di vetrina, non solo politica e mediatica ma anche letteraria e cinematografica, potremmo riassumerli in alcuni filoni:

1) I delinquenti faticosamente arrestati dalle forze dell'ordine e rimessi in libertà da magistrati indulgenti; 2) la preferenza nel garantire i delinquenti più che le loro vittime, soprattutto nei casi di legittima difesa; 3) l'indulgenza verso l'immigrazione clandestina, le espulsioni e l'illegalità praticata; 4)la riconversione penale del politically correct, usato con accanimento fazioso e ideologico, fino a colpire i reati d'opinione, in cui la giustizia italiana si è allineata alla giustizia europea; 5)l'interpretazione spesso ideologica delle leggi del parlamento al punto da snaturarne il senso, forzarne la portata e deviarne l'effetto; 6)l'attivismo giudiziario in campagna elettorale per pilotare i consensi; 7)La disparità di sentenza nel giudicare reati analoghi commessi dai politici per cui in certi casi il falso in bilancio o il finanziamento è reato da galera in altri no, in certi casi il malaffare è aggravato dell'accusa di associazione mafiosa in altri analoghi no, in alcuni casi "non può non sapere" e in altri si; 8)l'ingerenza sull'azione di governo, soprattutto in tema di migranti, per intralciare, interdire, punire gli atti non conformi al loro credo ideologico, fino al paradosso di incriminare il ministro dell'interno che tenta di far osservare il dettato costituzionale di salvaguardare i confini nazionali.

Potrei continuare ma in sintesi è avvenuto questo: si è passati dall'autonomia del potere giudiziario, prevista dalla Costituzione e necessaria in uno Stato di diritto, alla prevaricazione del potere giudiziario sul potere legislativo (interpretando e forzando le leggi, anzi facendo giurisprudenza sul campo) e sul potere esecutivo (condizionando e inibendo l'azione di governo in molti casi cruciali). Una prevaricazione che ha colpito altri settori vitali e altre istituzioni cruciali del paese (come il lavoro spesso vanificato delle forze dell'ordine). Naturalmente mai fare di ogni erba un fascio, ci sono ottimi magistrati, gente che fa il proprio dovere. Però il discredito grave della magistratura colpisce al cuore lo Stato, il senso dello Stato e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Ancor più che i politici. E non c'è nessun organo all'infuori della stessa magistratura che possa punire i colpevoli. Una tragedia.

MV, La Verità 15 giugno 2019