Come si ricorderà per il 21 agosto prossimo è stata fissata l'udienza avanti la sessione feriale del Tribunale di Roma che tratterà il ricorso ex art. 700 cpc promosso da 22 avvocati provenienti da ogni parte di Italia, sulla legittimità dell'istituto della prorogatio della carica del Presidente di Cassa Forense.
La Redazione di Reti di Giustizia ha deciso di pubblicare un interessante contributo dell'avv. Paolo Rosa, già presidente di Cassa Forense, che è apparso appena qualche giorno fa sul quotidiano online " Diritto e Giustizia" .
Aver dovuto portare la questione in Tribunale è per me, che sono stato in CF, motivo di grande tristezza perché certifica la distanza tra il management e la base degli iscritti e il prevalere di quello "spirito di servizio" che tanti danni ha già fatto alla avvocatura italiana.
Ho ragione di ritenere, dato che il ricorso non è stato ancora pubblicato, che alla luce della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 32781/18 e della successiva sentenza n. 173/19 della Corte Costituzionale, si contesti la prorogatio, da 4 a 5 anni, del mandato del Presidente di Cassa Forense.
È invece nota la posizione ufficiale di Cassa Forense, resa attraverso la lettera del suo Direttore Generale, per il quale, poiché il rinnovo parziale del CdA di Cassa Forense è slittato da aprile 2018 ad aprile 2019 e l'elezione del Presidente avviene nella stessa riunione in cui si procede al rinnovo parziale del Consiglio di Amministrazione, le prossime elezioni parziali del CdA si terranno nell'aprile 2021, contestualmente all'elezione del nuovo Presidente.
A me pare un'interpretazione dello Statuto di Cassa Forense quantomeno stravagante posto che nel 2016, quando è stato eletto il Presidente, vigeva ancora il vecchio Statuto, che prevedeva la durata biennale del mandato, solo con il nuovo Statuto portata a 4 anni e comunque non a 5 anni.
Non è dato però conoscere i motivi dello slittamento, nel 2018, del rinnovo parziale del CdA, così allungando arbitrariamente di un anno, il mandato dei Consiglieri in scadenza.
La sentenza della Suprema Corte, con l'autorità delle Sezioni Unite, sovra indicata, ha chiarito, in modo esaustivo, le ragioni per le quali i mandati debbono essere limitati nel tempo.
A tutto concedere, si sarebbe dovuta far approvare, dal Comitato dei Delegati prima e assentire poi dai Ministeri Vigilanti e tempestivamente pubblicarla sul sito istituzionale, una norma che autorizzasse la prorogatio di un anno perché l'istituto della prorogatio consente lo svolgimento dell'attività ordinaria ma non già di quella straordinaria e la cosa non è priva di ricaduta sugli atti di Cassa Forense.
Infatti, in uno stato costituzionale di diritto nessun principio può declinarsi in solitudine, ergendosi a tiranno di tutti gli altri principi.
Detto altrimenti, i principi vanno reciprocamente conciliati e compensati, attraverso la tecnica del bilanciamento.
Quando un organo è scaduto, può dunque rimanere in sella per scongiurare vuoti di potere, però subisce un affievolimento delle proprie competenze.
È questa la lezione che i giuristi traggono dalla sentenza costituzionale n. 68 del 2010 ma, come ho già scritto in un altro commento, gli avvocati sono tanti ma i giuristi sono pochi.
Ormai la decisione spetta alla magistratura ordinaria nell'interesse dei 250 mila iscritti a Cassa Forense anche alla luce della circostanza - per nulla trascurabile -che il Presidente, avendo già fatto tre mandati, non è più un delegato e quindi, per Statuto può concludere il suo mandato, ma dubito prorogarselo addirittura di un anno.
In Cassa Forense si possono fare 3 mandati per un totale di 12 anni; nel caso di specie siamo oltre i 4 mandati per un totale di 16 anni con proiezione verso il 17esimo (dal 2004 al 2021) e pensare che, presentando il nuovo Statuto, il Presidente cosi chiosava: «E' molto importante che l'approvazione del nuovo Statuto comporti anche l'entrata in vigore delle nuove regole elettorali poiché ciò impedisce il meccanismo, non del tutto proficuo, delle proroghe, gia verificatesi in passato, e perché garantisce certezza dei tempi delle elezioni» (dal sito di Cassa Forense http://www.cassaforense.it/cassa-forense-archivio/dai-ministeri-vigilanti-via-libera-al-nuovo-statuto-dellente/).
Concludo facendo risaltare quel lontano personaggio e confrontarlo con il clima ed i comportamenti dei politici dei giorni nostri. Lucio Quinzio Cincinnato, nel 460 a. C., venne eletto Console suffectus, (la carica dei Consoli durava due anni, ma Cincinnato rinunciò al secondo anno del suo mandato e non volle essere rieletto); nel 458 a. C., venne nominato Dittatore, cioè magistrato supremo della Repubblica di Roma, (questa carica durava per sei mesi, ma lui, dopo sedici giorni dalla vittoria contro gli Equi ed i Volsci, rinunciò all'incarico e si ritirò, oltre Tevere, per dedicarsi al lavoro dei suoi campi).
Oserei dire che, Cincinnato, è, veramente, un mirabile esempio di disinteresse.
Egli fu un buon Amministratore, oltre ad essere un buon Condottiero, ma la peculiarità di questo personaggio è, soprattutto, quella di essere una persona eccezionale, chiamata al servizio della Patria, ma nello stesso tempo non attaccato al potere e quindi, con discernimento straordinario, dopo aver servito lo Stato, rinunciò alle cariche pubbliche e si ritirò per dedicarsi al lavoro dei campi.
avv. Paolo Rosa
Fonte: Diritto e Giustizia